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Riforma del Terzo settore in fase conclusiva.

Subito gli adempimenti amministrativi.

L’iter della riforma del Terzo settore è partita con le linee guida proposte dall’allora Presidente del Consiglio[1].  Ed è il caso di fare il punto sullo stato di avanzamento, vista anche la situazione di incertezza relativa all’attuale Esecutivo e i tempi ormai ristretti per l’esercizio della delega. 

Comunque, il completamento dell’iter dei decreti legislativi non conclude tutti gli adempimenti per la messa in atto della riforma.

La pubblicazione in Gazzetta della legge delega[2] da parte del Parlamento è avvenuta a metà giugno 2016 e ha avviato l’elaborazione dei provvedimenti da parte del Governo che ora sono a un diverso stadio di avanzamento. E’ stato emanato con un DPR il regolamento relativo alla Fondazione del Terzo Settore “Italia Sociale”. Gli schemi di decreti legislativi su Codice del Terzo settore, Impresa sociale, e Cinque per mille, dopo l’approvazione del governo, sono in fase di consultazione da parte delle due Camere. Solo dopo potranno essere pubblicati ed entreranno in vigore nei termini di quanto previsto.

 

Servizio civile universale.

 Il primo importante decreto legislativo approvato, pubblicato in Gazzetta ufficiale ed entrato in vigore, è quello relativo all’ Istituzione e disciplina del servizio civile universale[3]. In realtà l’iter di approvazione è stato più lungo delle attese.

Viene confermato rispetto alle finalità quanto già presente nella delega: l’istituzione del servizio civile universale è finalizzato alla difesa non armata della patria e alla promozione dei valori della Repubblica.  

Gli ambiti di  attività del servizio civile sono: assistenza; protezione civile;  patrimonio ambientale e riqualificazione urbana;  patrimonio storico, artistico e culturale;  educazione e promozione culturale e dello sport;  agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità;  promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.

Viene affermata la programmazione triennale dei contingenti di giovani modulata in programmi annuali.  

Allo Stato vengono attribuite le funzioni di programmazione, organizzazione, accreditamento e controllo del servizio civile universale con il coinvolgimento delle regioni; possibilità per le regioni, gli enti locali, gli altri enti pubblici territoriali e gli enti del Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti iscritti nell’albo nazionale degli enti accreditati.

L’albo nazionale è tenuto presso la Presidenza del Consiglio.

L’instaurazione di uno specifico rapporto di servizio civile non è assimilabile al rapporto di lavoro subordinato né parasubordinato ed è esentato da imposizione tributaria.

Possono diventare operatori volontari del servizio civile universale, oltre i cittadini italiani, i cittadini di Paesi appartenenti all’Unione Europea, gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia che, alla data di presentazione della domanda, abbiano un’età tra i 18 e i 28 anni, senza distinzioni di sesso. La selezione avviene tramite bando pubblico. La durata del servizio civile è compresa tra otto mesi complessivi a un anno. Una parte del servizio può essere effettuata nei paesi dell’Unione europea. Nel servizio civile vengono riconosciute e valorizzate le competenze in funzione del loro utilizzo in ambito lavorativo e anche come crediti nei percorsi di istruzione.

Regolamentato il trattamento economico e giuridico dei volontari (assegno mensile, maternità, contribuzione previdenziale e assicurativa)

Viene istituita una rappresentanza dei volontari del servizio civile.

Viene previsto il riordino e la revisione della Consulta nazionale per il servizio civile.

E’ interessante evidenziare che, mentre si è concluso l’iter di riforma del servizio civile universale volontario, con i limiti di quantità risorse/progetti/numero volontari, esponenti stessi del governo ponevano la questione del servizio civile obbligatorio.

 

Codice del Terzo settore

Molto articolato è lo schema di decreto legislativo relativo al codice del Terzo settore[4]. Suddiviso in 12 titoli e 104 articoli. La revisione e riordino è finalizzata al sostegno dell’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, alla valorizzazione del potenziale di crescita e di occupazione lavorativa.

Non entrando nel dettaglio degli articoli, le aree tematiche affrontate sono relative all’individuazione del profilo giuridico degli enti del Terzo settore, compresi gli enti ecclesiastici e le attività di interesse generale.

 Vista la presenza di volontari all’interno dei vari enti viene proposta una disciplina unica per la identificazione del volontario e della sua attività in materia di volontari e di attività di volontariato, compreso il trattamento economico e assicurativo.

Disciplinate le specifiche tipologie di enti del Terzo settore: le associazioni e le fondazioni, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le reti associative e le società di mutuo soccorso.

Previsto inoltre: il Registro unico nazionale del Terzo settore; la disciplina relativa ai rapporti con gli enti pubblici; le disposizioni in materia di promozione e di sostegno degli enti del Terzo settore con l’istituzione del Consiglio nazionale; la disciplina dei Centri di servizio per il volontariato; titoli di solidarietà degli enti del Terzo settore e altre forme di finanza sociale, il regime fiscale degli enti, il regime dei controlli e del coordinamento.

Lo sforzo è quello di fornire un profilo unitario, coordinato anche se non chiuso, alla realtà del Terzo settore. La volontà di mantenersi dentro i tempi della delega ha comportato qualche strozzatura nel confronto di alcune realtà quali quelle della cooperazione sociale in rapporto a quanto previsto in merito all’impresa sociale.

 

Impresa sociale

Lo schema di decreto riscrive l’intera disciplina dell’impresa sociale[5]. Ne formula la definizione: organizzazione privata, costituita anche in forma societaria, che esercita in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività. Le cooperative sociali, e i loro consorzi, continuano ad acquisire di diritto la qualifica di imprese sociali. Una disciplina specifica è dettata per gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e per gli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese.

Vengono elencate gli ambiti di attività, ampliati con l’inclusione di: micro credito, housing sociale, commercio equo e solidale, agricoltura sociale. Ma ulteriori attività comunque sono integrabili con successiva decretazione.

Per l’imprese di inserimento lavorativo vengono ampliati i soggetti svantaggiati che comunque non possono superare il trenta per cento dei lavoratori (i beneficiari di protezione internazionale, le persone senza fissa dimora).

Tra le parziali novità vi è la possibilità di ripartire utili e avanzi di gestione nel limite massimo del 50% annuo.

Vengono previsti sistemi di controllo interni con la previsione dei sindaci e sistemi di partecipazione dei lavoratori e degli altri stakeholder. Tali sistemi di partecipazione saranno precisati in indicazioni ministeriali.

Accanto agli obblighi di rispetto dei contratti viene disposto che i volontari non possono superare il numero dei lavoratori.

Viene promossa la destinazione da parte delle imprese sociali di una quota, non superiore al 3%, dei loro utili o avanzi di gestione annuali, a fondi specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo delle imprese sociali; fondi da costituirsi da parte degli enti associativi delle imprese sociali, dalle associazioni nazionali di rappresentanza degli enti cooperativi riconosciuti dal Ministero dello sviluppo economico, dalla Fondazione Italia sociale.  Un decreto del Ministero del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia e con quello dello sviluppo economico indicherà le modalità di attuazione delle misure di agevolazioni fiscali relative alle riserve indivisibili, gli utili e gli avanzi di gestione destinati ad aumento di capitale, alle detrazioni del trenta per cento delle somme investite nel capitale di un’impresa sociale in fase di avviamento.

 

Disciplina del 5 per mille.

Nella revisione prevista dallo schema di decreto legislativo,[6] la quota pari al cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è destinata, in base alle seguenti finalità: a) sostegno degli enti iscritti nel Registro del terzo settore; b) finanziamento della ricerca scientifica e dell’università; c) finanziamento della ricerca sanitaria; d) sostegno delle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente; e) sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano. Obbligo di redigere un apposito rendiconto accompagnato da relazione illustrativa che descrivano le destinazioni e l’utilizzo delle somme ricevute.

Le quote non possono essere utilizzate per campagne pubblicitarie relative al cinque per mille.

Il riparto viene effettuato in base a criteri fissati in un successivo DPCM. Lo stesso decreto definisce le modalità di pagamento del contributo.

Sono previste misure di accelerazione del conferimento delle risorse.

 

Fondazione Italia Sociale

Il Consiglio dei ministri, ha approvato in via definitiva a metà maggio scorso lo statuto della Fondazione “Italia sociale” dopo che il provvedimento, tradotto in uno schema di DPR[7], ha avuto parere favorevole, pur con alcune annotazioni, dalle due Camere.  Il testo non è stato ancora pubblicato in Gazzetta. Sono quindi da effettuare tutti gli adempimenti relativi alla costituzione e funzionamento della fondazione.

Lo statuto conferma le previsioni della norma per quanto riguarda: – gli scopi  (sostenere, mediante l’apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo settore caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti maggiormente svantaggiati); – le modalità di finanziamento provenienti prevalentemente da soggetti privati (tranne la dote iniziale), – la funzione sussidiaria e non sostitutiva dell’intervento pubblico; – la promozione e la diffusione della fiducia nel valore degli investimenti sociali, attraverso gli enti del Terzo settore, sia mediante il sostegno ad attività di ricerca, formazione e sviluppo di buone pratiche, sia nel compito di predisporre gli strumenti e le modalità di verifica dei risultati raggiunti e degli impatti sociali ed occupazionali effettivamente prodotti. Vengono precisati inoltre il profilo giuridico della fondazione di partecipazione, le possibili attività che potrà svolgere, le operazioni economiche e finanziarie, gli organismi di gestione, le funzioni di vigilanza.

 

Osservazioni.

La spinta finale alla conclusione della riforma da parte del Governo ormai ha prodotto i testi normativi. Si tratta di un impianto atteso da decenni e che, al di là di frizioni di qualche componente del Terzo settore (la cooperazione sociale), può considerarsi complessivamente positivo, anche perché accompagnato dal confronto con l’associazionismo.

Ora si entra nella fase dei numerosi provvedimenti amministrativi di attuazione. E forse nell’incertezza dello scenario politico di riferimento. A maggior ragione l’associazionismo deve mantenere il campo.

 

 

 


[1] Per quanto riguarda le linee guida della Presidenza del Consiglio, vedi M.Conclave, Per il terzo settore si profila una riforma dinamica,  in Newsletter Nuovi Lavori.

[2] Vedi LEGGE 6 giugno 2016, n. 106. Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale.  G.U. n. 141, 18 giugno 2016.

[3] Vedi DECRETO LEGISLATIVO 6 marzo 2017, n. 40, Istituzione e disciplina del servizio civile universale, a norma

dell’articolo 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106. GU n.78 del 3 aprile 2017).

[4] Vedi Schema di decreto legislativo recante codice del Terzo settore (417), CAMERA DEI DEPUTATI

N.417. ATTO DEL GOVERNO SOTTOPOSTO A PARERE PARLAMENTARE.

 

[5] Vedi Schema di decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale (418), CAMERA DEI DEPUTATI N.418. ATTO DEL GOVERNO SOTTOPOSTO A PARERE PARLAMENTARE.

 

[6] Vedi Schema di decreto legislativo recante disciplina dell’istituto del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (419), CAMERA DEI DEPUTATI N.419, ATTO DEL GOVERNO

SOTTOPOSTO A PARERE PARLAMENTARE.

 

[7] Vedi Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante approvazione dello statuto della Fondazione Italia sociale, SENATO DELLA REPUBBLICA,  ATTO DEL GOVERNO SOTTOPOSTO A PARERE PARLAMENTARE.

 

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