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Le giuste politiche sull’ educazione

Una buona notizia: nel decreto legge del governo sul Mezzogiorno vi è una misura educativa innovativa. Da un lato, quando viene dato il “reddito di inclusione” a famiglie povere, queste devono assicurare la frequenza dei figli a scuola. E, dall’altro lato, si danno risorse per le reti tra scuole e privato sociale che sapranno unirsi per allungare il tempo-scuola, anche durante il periodo estivo e intensificare l’azione didattica ed educativa in classe e fuori.

La misura vuole rilanciare l’azione educativa «nelle aree di esclusione sociale, caratterizzate da povertà educativa minorile e dispersione scolastica, nonché ad alto rischio di adesione alla criminalità, organizzata e non». Dunque, si tratterà di azioni concentrate lì dove il 10% della media nazionale di povertà assoluta dei minori diventa quasi il 30%, dove viene raddoppiato il 19% di povertà relativa, dove non vi è scuola a tempo pieno, mancano palestre e spazi verdi, gli interventi dedicati alla prima infanzia riguardano percentuali irrisorie, la disoccupazione femminile è ben oltre il 60% e dominano precariato, lavoro nero, monoreddito. E dove, in aggiunta, la presenza della criminalità organizzata è tanto forte da condizionare la vita quotidiana fin dall’infanzia.

Il decreto indica le cose da fare. Rafforzare gli interventi in età molto precoce, tra 0 e 6 anni — che sono quelli di maggiore impatto preventivo — allargando l’offerta delle scuole dell’infanzia e dei nidi. Assicurare che i ragazzini della scuola primaria e media imparino bene a leggere e scrivere, a consolidare le competenze irrinunciabili in Italiano, Matematica, Scienze, Inglese, Storia, Geografia — le cose senza le quali, in tutto il mondo, non si esce dalla trappola dell’esclusione precoce. Offrire sport regolare, teatro, musica, danza, arte e la fruizione delle nuove tecnologie a chi cresce in zone dove mancano le opportunità ordinarie. Supportare genitori spesso giovanissimi, disorientati, fragili.

L’ispirazione della misura viene dalle cose migliori realizzate sul campo in lunghi anni di fatica educativa. In un Paese dove pare si debba ogni volta ripartire dall’anno zero e dai palazzi anziché dalle esperienze, questo è un bene in sé.

Poi vi sono tre vere novità.

Si dà reddito alle famiglie povere se queste garantiscono la scuola ai figli.

Si sancisce che ci vogliono misure ulteriori lì dove alla povertà si aggiunge la presenza devastante della criminalità. Dunque si sceglie di intervenire in modo mirato individuando le aree di massima gravità a monte dei bandi che regolano l’erogazione dei soldi pubblici. E lo si fa — da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Interno e della Giustizia — sulla base di indicatori inoppugnabili relativi alla povertà delle famiglie e dei minori e alla diffusione territoriale dei fattori di rischio di adesione precoce alla criminalità.

Si sostengono non solo le scuole ma le comunità educanti che vedano impegnati scuole, comuni, privato sociale, centri sportivi, parrocchie, volontariato, su base di parità e cooperazione. E a condizione che le risorse vengano unite a altre già attivate senza sprechi. Così il Miur indirà un bando che premierà chi propone un “contesto di opportunità”, capace di promuovere didattica innovativa, alleanza scuole-famiglie, attenzione al curricolo fondamentale, tempo-scuola prolungato, sport come leva educativa, integrazione tra esperienze e figure-guida in classe e fuori, costante riflessione comune.

Per chi è impegnato nelle città dove interi rioni sono preda delle sirene della criminalità o dove, a Nord come a Sud, si vive la sistematica esclusione di bambini e ragazzi dalle opportunità della vita, questa misura non disegna ancora una politica nazionale di “educazione prioritaria” — sostenuta da fondi ordinari — che in tanti auspichiamo da anni. Ma è un passo giusto nella lunga battaglia contro povertà, fallimento formativo e mafie. Perché dà di più a chi parte con meno. Come raccomandava don Milani. Come dice l’articolo 3 della Costituzione.

Ora va usata bene, valutata con cura negli esiti. E poi estesa.

 

 (*) L’autore è stato Sottosegretario all’Istruzione. da Repubblica del 26/07/2017 

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