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Pubblica utilità: alleanza pubblico-privato per la sostenibilita’

Nel 2015 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha fissato 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030, che la comunità internazionale dovrebbe seguire per indirizzare il proprio sviluppo verso un futuro egualitario e sostenibile. Un futuro in cui non ci siano più discriminazioni di genere, in cui il divario tra poveri e ricchi possa essere ridotto significativamente e in cui il rispetto per l’ambiente, con il giusto utilizzo delle risorse disponibili, diventi davvero una priorità di tutti.

Si tratta dei cosiddetti Sustainable Development Goals (o SDG), in italiano Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (sul sito delle Nazioni Unite l’elenco completo). Per il rispetto di questi obiettivi, che naturalmente sanciscono anche un cambio di rotta nella gestione dell’economia mondiale, ci sarà sempre più bisogno di professionisti in grado di coniugare il proprio ruolo in termini sostenibili: non solo la promozione dei pur importanti green jobs (qui un nostro articolo sulle possibilità offerte dai green jobs e dalla green economy), dunque, ma anche di un’etica generalizzata che spinga l’intero mondo economico e del lavoro, nonché la cittadinanza, ad avere più rispetto per gli esseri umani e per l’ambiente.

 

Di Pubblica Utilità. Nuove geografie del valore

Proprio da questi presupposti parte il Rapporto recentemente pubblicato da Symbola, Comunica e Ipsos intitolato Di Pubblica Utilità – Nuove geografie del valore, un rapporto che mette in luce l’urgenza di una coalizione tra il settore pubblico e quello privato nel perseguire gli Obietti di Sviluppo Sostenibile e i valori che essi intendono veicolare. Urgenza che tuttavia può farsi forte di alcune esperienze virtuose già attive nel contesto italiano, esperienze in cui imprese private e amministratori pubblici hanno indirizzato il proprio lavoro appunto verso la pubblica utilità, concetto il cui rispetto viene tra l’altro richiamato anche nella nostra Costituzione, quando nell’articolo 3 si dice: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E il concetto di Repubblica richiamato nell’articolo, come si afferma nel capitolo che apre il rapporto, non comprende in sé soltanto lo Stato e la Pubblica Amministrazione, ma anche e soprattutto i cittadini. Devono essere dunque anche questi ultimi, seppure come portatori di interessi privati, a promuovere un’alleanza con le Istituzioni per il rispetto della Cosa Pubblica e, aggiungiamo, dell’ambiente e dei proprio simili.

 

Le esperienze virtuose in Italia

Per offrirci un quadro di cosa sta già avvenendo in Italia nell’ordine di quanto si è finora detto, il Rapporto stilato da Symbola, Comunica e Ipsos ci racconta ben 20 storie in cui l’alleanza tra pubblico e privato, o tra diversi attori del privato, sta dando già buoni frutti nell’ottica della sostenibilità ambientale e del rispetto della persona.

Vi è per esempio la storia degli infermieri di comunità piemontesi che sono stati chiamati a migliorare le condizioni di salute e la qualità della vita degli anziani che vivono in remote zone montane e rurali della Regione, dando a questi ultimi la possibilità di continuare a vivere nelle proprie case il più a lungo possibile e con il supporto di un professionista della salute qualificato.

Oppure un esempio di “buona impresa”: 6 aziende campane del settore della produzione di carta e packaging che, mettendosi insieme nel 2009 (ossia in piena emergenza rifiuti), sono riuscite a migliorare l’efficienza del ciclo di raccolta differenziata, favorendo il riciclo di carta e cartone e creando allo stesso tempo nuova occupazione.

Oppure, ancora, vi è l’esempio dei produttori di agrumi della Locride e della Piana di Gioia Tauro, che decidendo di intrattenere rapporti diretti con i venditori al dettaglio di frutta hanno contribuito a restituire dignità agli agricoltori, i quali in questo modo hanno potuto vendere i loro prodotti a un prezzo otto volte maggiore rispetto a quello imposto dai grossisti locali (spesso in collusione con i gruppi della criminalità organizzata locale).

Queste e le altre esperienze raccontate nel Rapporto ci parlano dunque di un’etica che dall’ambito dell’ideale sembra passare alla concretezza delle pratiche quotidiane per migliorare le condizioni di vita di tutti e lo stato dell’ambiente. Istituzioni, cittadini, lavoratori, imprese, associazioni, cooperative: tutti sono dunque chiamati a contribuire al buon superamento della sfida per la sostenibilità che ci attende di qui ai prossimi anni.

 

L’articolo originale è in WeCanBlog

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