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Una via crucis per mettere l’ascensore per i disabili

La strategia abitativa riguardo alle persone anziane e persone disabili è quella di farle risiedere presso il proprio appartamento. In proprietà o nelle altre forme. Qui, soprattutto gli anziani, conservano il mondo vitale, le relazioni quotidiane, mantengono una rendita sociale da permanenza, compresa quella da welfare di prossimità.

Vi sono alcune barriere che impediscono questa soluzione e hanno un sempre più esteso impatto economico, sociale, sanitario, culturale. A confermarlo sono fenomeni ormai noti: le persone con disabilità (più di tre milioni sono le persone con gravi limitazioni funzionali), l’incremento della popolazione anziana e l’allungamento della vita.  In Italia gli anziani over 65 sono il 20,8% della popolazione residente, con gli ultraottantenni che ormai raggiungono il 6% dei residenti e il 31% della popolazione anziana. 

Una di queste barriere alla mobilità è rappresentata nelle abitazioni dalla mancanza del servizio dell’ascensore, interno o esterno, in virtù della vetustà degli edifici o comunque di ristrutturazioni non effettuate nel corso degli anni. Ciò da tempo è noto: l’ascensore è un facilitatore dell’agibilità per le limitazioni di funzionamento motorio permanenti o transitorie, è un fattore di mantenimento delle relazioni sociali con amici, parenti, professionisti, caregiver.  Sia nel caso del disagio dei proprietari di abitazione, disabili ed anziani, sia nel caso delle persone con limitazioni motorie, che siano parenti, amici o fornitori di assistenza. La sua assenza quindi si configura come ostacolo all’autonomia personale e all’invecchiamento attivo nel campo dell’ impegno produttivo e socio relazionale. 

Sono state effettuate indagini sulla mancanza di ascensori nell’edilizia abitativa privata con riferimento alle persone anziane. Gli edifici di oltre due piani senza ascensore di proprietà di una persona con 65 o più di anni sono in Italia 2.414.994 per un totale di 4.047.498 abitazioni. Queste abitazioni ospitano 7.265.021 anziani. Questo fenomeno è largamente presente nei comuni capoluogo[i].

Se si considerano tutti gli edifici senza ascensore, quindi non solo quelli con due e oltre piani, – visto che alcuni gradini comunque rappresentano un ostacolo spesso insormontabile – le abitazione con anziani prive di ascensore sono 5.512.722 e riguardano 7.497.302 persone anziane. Questo risulta dai dati censuali del 2011 (e siamo in attesa dei risultati del censimento in corso).

2. Le norme relative all’abbattimento delle barriere architettoniche risalgono ormai a trent’anni fa e non sono state aggiornate in maniera diretta. La prevista commissione interministeriale non ci risulta abbia esercitato alcuna funzione a riguardo. Le nuove maggioranze nelle decisioni condominiali, introdotte dalla riforma del condominio, sono state giudicate peggiorative dalle associazioni di persone disabili. Alcune novità sono presenti nelle norme sulla semplificazione del precedente governo[ii]. E’ la giurisprudenza che si è fatto carico, nel corso di questi ultimi anni, di seguire l’adeguamento ai principi di uguaglianza nell’accesso e nella fruibilità delle strutture edilizie private, alle innovazioni tecnologiche, alla progettazione universale, alla Convenzione ONU sui diritti delle persone disabili[iii].  Il trasferimento delle sentenze alla generale prassi amministrativa urbanistica e all’edilizia privata, soprattutto in caso di ristrutturazione degli edifici, non ha avuto diffusione e ogni ufficio tecnico municipale si muove secondo proprie convinzioni ed interpretazioni.  

Ne deriva che, in assenza di norme di coordinamento e aggiornamento, l’esigibilità dei diritti è subordinata, oltre all’attivazione delle procedure amministrative, agli ostacoli, spesso insormontabili, rappresentati dagli onerosi procedimenti ai vari livelli di giudizio, con la chiamata in causa di vari soggetti (istituzionali – comune, regione, ecc. – e non – il condominio o gruppi di condomini-).

3. A riguardo potrebbero essere intraprese modifiche che non apportano oneri aggiuntivi per le casse pubbliche e potrebbero rappresentare un interessante fattore di sviluppo economico inclusivo e di rigenerazione urbanistica.

Il costo, infatti, non incide largamente su incrementi di spesa perché intanto si può far riferimento a quanto già esistente e stanziato: le spese in molti casi, sono sostenibili dai beneficiari delle installazioni (i condomini tutti in caso di deliberazioni a maggioranza, le persone anziane e disabili, con o senza condomini in solidarietà).

Incrementi di stanziamenti a sostegno delle spesa pubblica dedicata sono auspicabili, come richiesto da più parti; in primo luogo, tuttavia, si deve permettere la procedibilità con l’autofinanziamento dell’installazione. Si può ipotizzare la riorganizzazione del sostegno pubblico. I trasferimenti monetari “strutturali” previsti dalla L.13/ 89 per l’installazione degli ausili hanno un effetto incentivante limitato: per entità economica del contributo, per i limiti di destinazione alle persone con invalidità certificata, per i tempi di erogazione di un ritardato compenso. Interessanti sono le integrative operazioni fiscali per le ristrutturazioni: ma la generale detraibilità dei costi è in calo, transitoria e non strutturale; esclude, tranne che per gliecobonus, gli “incapienti”[iv].  Anche per l’abbattimento delle barriere architettoniche, potrebbe configurarsi come credito d’imposta, visto che spesso si tratta di fasce svantaggiate. Solo in questo auspicabile caso, si tratta di oneri aggiuntivi. 

 Il problema in molti casi non è quello della sostenibilità economica dell’intervento. L’attuale normativa disincentiva anche i casi di autofinanziamento da parte dei beneficiari, destinatari diretti o indiretti in patto di solidarietà. 

4. C’è una riorganizzazione normativa da effettuare a partire da un minimo di norme interpretative da armonizzazioni tra ambito legislativo, amministrativo e giurisprudenziale di alto livello.

I disegni di legge presentati nella precedente legislatura (A.C. 1013 del 21/10/2013), ma anche nell’attuale (A.S. 564) formulano proposte di coordinamento istituzionale ed “impiantistico” indicando alcuni principi generali ma tralasciano tutte le altre questioni di merito, rinviandole all’attività dei successivi organismi[v].

Un primo ambito è quello specifico delle norme sulle barriere architettoniche. Da specificare innanzitutto che destinatari dell’abbattimento o riduzione delle barriere architettoniche non sono solo le persone disabili proprietarie o residenti, ma anche disabili familiari o assimilabili non residenti (avere quindi la possibilità di frequentazione con almeno le persone legate da parentela di primo grado o da unione civile) in modo da facilitare le relazioni sociali e parentali. Da integrare, inoltre, tra i beneficiari le persone ultra65enni[vi]. Un secondo chiarimento è quello relativo al ricorso all’ascensore o piattaforma elevatrice esterna, soluzione congeniale all’Universal Design (Progettazione Universale), in caso di impossibilità di installazione interna. Ne deve essere facilitata la realizzazione in modo analogo alle soluzioni interne, purché si rispettino le procedure urbanistiche, ambientali e di sicurezza. Nel riordino vanno recuperati gli orientamenti e sentenze consolidate della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato[vii]

Un secondo ambito è quello dell’iter interno alle decisioni condominiali.  In primo luogo, l’iter condominiale deve essere attivato con esplicita partecipazione della persona disabile o persona ultra65enne che opziona il tipo di ausilio onde evitare che venga imposta una soluzione tecnica non ispirata all’Universal Design.

In secondo luogo, la maggioranza prevista dalle nuove regole del condominio riguarda la condivisione tra tutti i condomini della spesa dell’ausilio. Ma ormai la giurisprudenza ha riconosciuto che il soggetto con problemi di funzionamento motorio può comunque procedere a sue spese, o con il concorso di altri condomini solidali, all’installazione dell’ausilio, anche ascensore esterno:  ciò va riconosciuto dalle norme e  va esplicitata in questi casi la non necessità dell’approvazione delle assemblee condominiali e  la necessità di informativa all’amministratore di condominio ed eventualmente all’assemblea condominiale, ma non la discussione di merito. Eventuale contenzioso va esercitato fuori dal contesto condominiale e in sede civile.  Ciò per evitare i ritardi nell’iter di installazione collegati alle procedure di messa all’o.d.g. delle assemblee condominiali e per evitare discussioni e conflitti che si trascinano nella vita di inquilinato.

Una specifica responsabilizzazione va effettuata nei confronti dell’amministratore del condominio per gli atti conseguenti a garantire il diritto della persona disabile e degli altri soggetti beneficiari (informativa ai condomini, rapporti con i soggetti pubblici e privati coinvolti, omissione di comportamenti elusivi o ritardati) e per sottrarlo alle eventuali pressioni dei condomini contrari. A  riguardo possono essere ipotizzate: a)sanzioni amministrative per i danni causati dai ritardi; necessità di ore di formazione aggiuntive sui diritti delle persone disabili o degli altri soggetti beneficiari in condominio; b)la previsione del ricorso a sistemi – almeno per l’intero periodo di installazione e collaudo dell’impianto –  di condominio parzialeda parte del disabile, dei soggetti beneficiari e dei condomini compartecipanti alle spese, con codice fiscale dedicato, amministrazione contabile e bilancio separato; va inclusa la  possibilità di ricorso ad amministratore specifico del condominio parziale[viii].

5.  Gli attuali mancati raccordi ed aggiornamenti normativi lasciano aperti tipi di gestione differenziata tra i vari Comuni e, nelle aree metropolitane, addirittura tra gli stessi Uffici Tecnici. 

Ad esempio spesso la clausola “salvo i diritti dei terzi”, propria della normativa urbanistica, viene esercitata acquisendo in automatico pretese di alcuni condomini che si oppongono all’installazione dell’impianto; a questi non viene nemmeno richiesto un titolo riconosciuto da giudizio civilistico e quindi cogente in sede urbanistico – amministrativa.  Gli atti ritardati provocano così danni ai sostenitori del progetto di abbattimento delle barriere architettoniche: – non  si può procedere all’installazione dell’ascensore/ piattaforma elevatrice, o altro ausilio; – la persona disabile peggiora nelle sue condizioni di salute; – si incorre negli oneri per gli eventuali  contratti stipulati; –  ed ultimo, ma non meno importante, si rischia di incorrere nelle prescrizione dei termini dei procedimenti  amministrativi, in caso di diniego non esplicito e solo basato su sospensive.

Un chiarimento normativo è quindi necessario in modo da governare in modo uniforme e coerente gli uffici amministrativi e le pratiche giudiziarie. Soprattutto responsabilizzare la dirigenza. Fornirle le indicazioni. Sottoporla ad aggiornamenti su le leggi e giurisprudenza su materie che interpellano l’esercizio di diritti antidiscriminatori e di pari opportunità, l’ambito della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (assunta a norma in Italia con la Legge 18 del 2009).

E’ un ambito di interventi con ricadute sulla rigenerazione urbanistica, sulla valorizzazione del patrimonio edilizio privato, sullo sviluppo produttivo inclusivo di settori di impiantistica (ascensori, piattaforme elevatrici, ecc.) con riferimento ad un potenziale di circa dieci milioni di persone.

 

 



[i]Vedi Auser, SPI CGIL, Secondo Rapporto sulle condizioni abitative degli anziani 2015

[ii]  Il  Glossario unico per le opere di edilizia libera (DM 2 marzo 2018) che elenca ascensori e montacarichi tra le opere di edilizia libera, in attuazione dalla disciplina sulla Scia (D.lgs. 222/2016). Ma per quanto riguarda il ricorso agli ascensori esterni non chiarisce del tutto le condizioni di realizzo soprattutto per gli Uffici tecnici dei comuni.

[iii]Un quadro relativo alle normative e alle sentenze riguardo gli ascensori per persone disabili o correlate può essere consultato in

[iv]Secondo le elaborazioni della Fondazione Nazionale dei Commercialisti ci sono 7 milioni e 730mila contribuenti che non pagano l’IRPEF, o perché sotto la soglia minima o perché azzerano l’imposta grazie alle agevolazioni fiscali.  Di questi, 3,2 milioni non riescono completamente ad utilizzare le detrazioni, perché hanno un reddito troppo basso, e 750mila sono totalmente incapienti, quindi non beneficiano delle detrazioni per spese e nemmeno delle agevolazioni per familiari a carico. Gli altri 2 milioni e 360mila non hanno un reddito sufficiente per utilizzare le detrazioni sulle spese ma almeno in parte utilizzano quelle per i familiari. Infine, ci sono 4,61 milioni di persone che utilizzano completamente le detrazioni per i carichi di famiglia, oltre a quelle da lavoro, mentre non riescono a utilizzare pienamente quelle per oneri e spese.Link

Il risultato, in termini di monetizzazione, è che ci sono 7,25 miliardi di detrazioni che non vengono utilizzate per incapienza.

[vi]L’ampliamento dei destinatari è stato più volte confermato dalla Corte di Cassazione.

[vii]la n. 6253 del 5 dicembre 2012 che assimila l’ascensore esterno ai cosiddetti volumi tecnici  

[viii]La costituzione del Condominio parziale è già possibile ma occorre una norma  in automatico, come supplenza  per accelerare l’iter degli interventi ( rapporti con le amministrazioni pubbliche, con l’impresa installatrice, con il direttore dei lavori, con il fornitore di energia elettrica, ecc.) e per evitare,  prevenire o gestire conflitti.

 

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