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Da Londra a Kyiv passando per Bruxelles.

“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi proporzionali ai pericoli che la minacciano”. Queste parole di Robert Schuman, il 9 maggio 1950, sul contributo che un’Europa viva deve apportare alla civiltà, sono più importanti che mai. Questi sforzi creativi sono proporzionali al momento che stiamo vivendo, e oggi, forse, sono ancora più necessari di ieri. Lo sono in un momento in cui è ritornata la guerra sul nostro continente, in un momento in cui un popolo europeo, il popolo ucraino, si batte per la libertà, lo sono in un momento in cui voi cittadine e cittadini europei, parlamentari, ministri, commissari, responsabili politici, cittadini specialisti della realtà, come avete detto prima, avete portato a termine un esercizio democratico inedito nella nostra storia e in quella del mondo. Di questa Europa viva, creatrice e democratica, di quest’Europa dell’azione, voi siete i rappresentanti, e a noi spetta esserne gli artigiani, qui, a Strasburgo, in questa capitale europea a cui teniamo tanto. 

  
La scelta sovrana del popolo francese mi conduce dinanzi a voi oggi per dirvi che è una responsabilità storica di fronte alla quale la Francia non si tirerà indietro, che porterà ancora più in alto, perché la Francia, nuovamente, ha scelto in maniera chiara e risoluta l’Europa affidandomi un nuovo mandato per lavorare con tutti voi alla costruzione di un’Europa più forte e più sovrana. Un anno fa, collettivamente, abbiamo deciso di far compiere a questa Europa che celebriamo oggi un nuovo passo in avanti. Lo abbiamo fatto con il presidente del Parlamento europeo David Sassoli a cui va il nostro pensiero oggi, e sotto la presidenza portoghese del Consiglio europeo, caro Antonio. Tengo a salutare la presidenza e l’eleganza del primo ministro portoghese che è oggi accanto a noi per garantire la continuità, per essere fedele a quell’impegno. 

 
E’ stato lanciato qui un anno fa in un contesto un po’ diverso, a Strasburgo, capitale della fraternità europea ritrovata, in questo parlamento che custodisce ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra democrazia europea. Questa nuova tappa è quella di un esercizio democratico inedito nella nostra Unione che non consiste nel mettere i nostri concittadini di fronte a delle alternative talvolta forse troppo semplici, pro o contro, ma nel coinvolgerli totalmente nella riflessione sul futuro della nostra Europa. Ciò che avete fatto, ed è qualcosa di inedito, è essere pienamente coinvolti nella concezione di un progetto in un momento di portata storica, e creare attraverso la deliberazione collettiva l’intelligenza del dibattito, il confronto delle idee e delle soluzioni: alcune sono pronte a essere applicate immediatamente, altre devono continuare il loro percorso, ma tutte ci permettono di costruire l’Europa di oggi e di domani. 

 
Oggi, in questo 9 maggio, la libertà e la speranza nel futuro hanno il volto dell’Unione europea. E’ in nome di questa libertà e di questa speranza che sosteniamo e continueremo a sostenere l’Ucraina, il suo presidente, Volodymyr Zelensky, e il popolo ucraino. Qual è il nostro obiettivo dinanzi alla decisione unilaterale della Russia di invadere l’Ucraina e di aggredire il suo popolo?  Far cessare questa guerra al più presto, fare tutto il possibile affinché l’Ucraina possa alla fine resistere e la Russia non abbia la meglio, preservare la pace sul resto del continente europeo ed evitare qualsiasi escalation. Affinché questa guerra possa finire, abbiamo deciso di applicare delle sanzioni senza precedenti, per ostacolare in maniera duratura le fonti di finanziamento della guerra in Russia. Per sostenere l’Ucraina, abbiamo mobilitato, come non era mai accaduto, degli importanti mezzi militari, finanziari, umanitari, e dobbiamo aumentare i nostri sforzi per mettere in pratica una risposta efficace in materia di sicurezza alimentare. Continueremo a farlo. Affinché la giustizia possa parlare, lottiamo e lotteremo contro l’impunità dei crimini inqualificabili commessi dalla Russia in Ucraina. Ciò tuttavia non vuol dire che siamo in guerra contro la Russia. Operiamo in veste di europei per la preservazione della sovranità e dell’integrità territoriali dell’Ucraina, per il ritorno della pace sul nostro continente. Spetta soltanto all’Ucraina definire i termini di negoziazione con la Russia. Ma il nostro dovere è essere al suo fianco per ottenere il cessate-il-fuoco e costruire la pace. Poi, da europei, ci saremo per ricostruire l’Ucraina. Sempre. Perché quando la pace tornerà finalmente sul suolo europeo, dovremo costruire i nuovi equilibri di sicurezza e assieme non dovremo cedere né alla tentazione dell’umiliazione né allo spirito di vendetta. Perché nel passato hanno già fatto troppi danni per i cammini della pace. 

  
E’ sempre in nome di questa libertà e di questa speranza che abbiamo prodotto questo slancio civico di cui siete i portatori, questa inedita respirazione democratica. Lo avete detto bene, gli uni e gli altri, con le vostre parole: le vostre generazioni, i vostri lavori ci mettono di fronte a un obbligo. Oggi non è una fine, ma è un punto e virgola, è la fine di una tappa dei vostri lavori e l’inizio della nostra responsabilità. La presidente della Commissione europea ha appena preso un impegno: garantire un attento esame e monitoraggio di ognuna delle vostre proposte, e voglio ringraziarla per questo. Avremo un appuntamento concreto nel mese di settembre. A titolo della presidenza del Consiglio dell’Unione europea e come presidente della Repubblica francese anche io veglierò affinché questo esercizio non sia soltanto un esercizio di stile o un esempio di metodo, ma possa veramente sfociare in una serie di lavori concreti e che i cittadini europei possano raccoglierne i frutti. Questa conferenza non deve fermarsi qui. La mia rinnovata convinzione in questo momento, in questa guerra che stiamo attraversando, e che i vostri lavori hanno confermato, è che le crisi non devono distogliere la nostra attenzione dalla nostra agenda. Molte delle vostre proposte non hanno bisogno di una riforma istituzionale, ma ci ricordano la necessità della nostra agenda. La protezione del clima e della biodiversità, la sanità e la qualità della nostra alimentazione. Un’Europa più giusta, più inclusiva. Un’Europa dell’uguaglianza tra le donne e gli uomini. Un’Europa dotata dei mezzi per difendersi, un’Europa solidale, un’Europa della difesa dei nostri valori e dello stato di diritto. Ovunque, attraverso le vostre proposte, figurano molte cose concrete. Spetterà a noi, nei prossimi consigli e nell’agenda della Commissione, trarne le dovute conclusioni. Mi assumo qui questo impegno. 

 
I vostri lavori dissociano due esigenze su cui voglio soffermarmi in maniera particolare: quella dell’indipendenza e dell’efficacia, senza le quali non c’è legittimità nelle nostre democrazie. Questi due imperativi sono anche le lezioni che traiamo collettivamente dalle crisi che abbiamo attraversato e che stiamo vivendo: l’indipendenza e l’efficacia. Più indipendenza europea, più sovranità: è ciò di cui abbiamo bisogno. 

 
Superando la crisi di senso che attraversava da tanti decenni, la nostra Europa si è ripresa negli ultimi anni. Attraverso le vostre proposte, ritroviamo il filo di questa agenda strategica che abbiamo disegnato assieme ai presidenti, al primo ministro portoghese, l’agenda di indipendenza strategica, l’agenda di Versailles. La crisi finanziaria vissuta dieci anni fa, la pandemia e la guerra, ci hanno mostrato le nostre vulnerabilità e il rischio di aggravarne le conseguenze quando non rispondiamo in modo sufficientemente rapido e forte alle dipendenze dell’Europa. Il progetto di un’Europa padrona del proprio destino, libera nelle sue scelte, di un’Europa potenza aperta sul mondo, ma dove vogliamo scegliere i nostri partner e non dipendere da loro, è il cuore della nostra missione. Restare aperta senza essere dipendente è la condizione per continuare il progetto europeo e delle nostre democrazie. Avete disegnato alcune linee guida di questo progetto. Esse corrispondono anche a ciò su cui lavoreremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. 

 
In materia di difesa per investire in modo ancora più massiccio, identificare le capacità da forgiare e costruire in questo senso delle filiere industriali europee, prepararci a nuove forme di conflittualità, che si tratti di spazio, di cyber, di mare, e proteggere meglio i paesi qui presenti che sono alla frontiera dell’Unione europea. E’ un nostro dovere dinanzi un nuovo rischio, a una nuova minaccia che si è trasformata nelle ultime settimane. Tutto ciò che difendiamo oggi diventerà lettera morta se nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, da europei, non sapremo rendere credibile la nostra capacità di difenderci, con le nostre cooperazioni, i nostri alleati e le nostre alleanze, e di difendere in particolare il nostro fianco orientale.

 
In materia ecologica, lo avete scritto in maniera perfetta, dobbiamo uscire al più presto, e la guerra ce lo impone, dalle energie fossili. Significa allo stesso tempo rispondere alla nostra agenda climatica, essere più sovrani e mettere la Russia di fronte alle sue responsabilità. La guerra in Ucraina e la nostra volontà di uscire dalla nostra dipendenza dalle energie fossili russe ci porta a dover essere ancora più ambiziosi sul piano climatico. Dobbiamo investire maggiormente nelle energie rinnovabili e nell’energia nucleare, dobbiamo intraprendere il cammino della sobrietà energetica e continuare a proteggere e ad accompagnare gli europei dinanzi agli aumenti dei prezzi. Bisogna agire da europei per fare del nostro continente una potenza ecologica che raggiunga la neutralità carbonica. Dobbiamo anche ritrovare la nostra indipendenza alimentare. La guerra in Ucraina destabilizza profondamente le catene di approvvigionamento e i mercati mondiali. Da europei, dobbiamo rivalutare le nostre strategie di produzione per difendere anzitutto la nostra sovranità alimentare e la nostra sovranità proteinica. Ma anche per poter definire e rivalutare una strategia nei confronti del resto del mondo. Evitare le carestie, le destabilizzazioni geopolitiche alle nostre frontiere e i drammi attorno al bacino mediterraneo è responsabilità di noi europei. 

 
Indipendenza democratica e informativa infine. Nelle vostre proposte, e a ragione, insistete molto su questo punto. Avete cominciato a mostrare ciò che siamo veramente: una potenza civica e democratica. E non c’è nessun equivalente al mondo, nessuno. Dobbiamo continuare a far vivere questa potenza civica difendendo la libertà e l’integrità delle informazioni che vengono scambiate sul nostro territorio, difendendo l’integrità dei nostri processi democratici, difendendo ovunque sul nostro suolo la democrazia e lo stato di diritto. E’ ciò che riviviamo attraverso il combattimento eroico dei nostri fratelli ucraini. La democrazia è fragile, lo stato di diritto è precario. Dobbiamo essere capaci di ricostruirne la forza attraverso nuovi impegni. La nostra indipendenza e la nostra sovranità sono le condizioni per la nostra libertà. 

 
Il secondo grande cammino è quello dell’efficacia. Sì. Rispondere alle crisi con forza, chiarezza e rapidità è decisivo: lo è farlo come democrazia. Pensate a due anni fa, ma anche a un anno fa, cosa sentivamo dire? Molte delle nostre opinioni pubbliche ci spiegavano che era meglio essere una potenza autoritaria per rispondere alla pandemia. Che era meglio non avere un sistema democratico. Che i vaccini russi o cinesi ci avrebbero salvato. Cos’abbiamo dimostrato invece? Che la scienza libera, aperta, che i processi democratici, trasparenti, deliberativi, esigenti nei nostri parlamenti nazionali e a livello europeo, che un’Europa che si reinventa potenza sanitaria – e tengo a salutare in questo senso l’impegno e il lavoro formidabile della Commissione poiché non c’era alcun testo per dirlo né alcun testo che lo definiva – insieme hanno permesso di costruire una risposta inedita di scienza, di democrazia e di efficacia a questa pandemia. Riuscendo a produrre sul nostro territorio un vaccino, diventando il primo spazio al mondo di produzione di vaccini, rivendicando di non chiudere mai le frontiere, restando sempre quelle e quelli che lasciano aperte le frontiere, esportando e affermandosi come la prima potenza di solidarietà vaccinale. E’ questa l’Europa di cui dobbiamo essere fieri: un’Europa della democrazia, della scienza aperta e libera, e dell’efficacia. L’una con l’altra. E’ questa la scelta che dobbiamo continuare a rivendicare. 

 
Quando guardo indietro agli ultimi 15 anni, mi rendo conto che siamo stati troppo lenti nel reagire alla crisi economica e finanziaria. Il Portogallo e molti altri paesi hanno vissuto dei drammi. Prima ci siamo divisi, poi siamo ricaduti nei nostri egoismi nazionali, ci siamo accusati l’un l’altro, non abbiamo fornito una risposta comune e abbiamo sostanzialmente detto alle persone di adattarsi a una realtà e a una crisi finanziaria che, vi ricordo, è stata importata da oltre l’Atlantico. L’unica risposta è venuta – dobbiamo essere umili – dalla Banca centrale europea e dalla famosa formula “whatever it takes” pronunciata da Mario Draghi. Ma di fronte alla pandemia e oggi di fronte alla guerra, abbiamo dimostrato il contrario. Di fronte alla pandemia, c’è stata la risposta che ho menzionato, ma c’è stata anche la decisione unica presa nel luglio 2020 di costruire un nuovo bilancio, dei finanziamenti comuni, una nuova ambizione per l’Europa, raccogliendo denaro insieme sui mercati per investire negli europei per le nostre priorità. E di fronte alla guerra, abbiamo deciso per la prima volta di mobilitare il Fondo europeo per la Pace per aiutare l’Ucraina a difendersi e a combattere come non abbiamo mai fatto prima. Siamo orgogliosi di queste scelte efficaci, senza le quali non saremmo qui oggi a parlarci in questo modo. Be’, in un certo senso, questa efficienza (applausi) – potete applaudire la nostra Europa, che siete tutti voi. 

 

La sfida che ci si pone ora è di essere altrettanto efficaci in tempo di pace e senza una crisi da affrontare. Ed essere efficienti significa decidere rapidamente e in modo unitario, saper investire massicciamente nei posti giusti, non lasciando nessuno a piedi – ecco cosa significa essere europei. Di fronte a questo, dovremo anche riformare i nostri testi, questo è ovvio. E voglio anche dire chiaramente oggi che uno dei modi per fare  questa riforma è di convocare una convenzione per rivedere i trattati. Questa è una proposta del Parlamento europeo, e la approvo. Io sono a favore. Presuppone che lavoriamo con impegno, sulla base delle vostre proposte, e del vostro lavoro, per definire molto chiaramente i nostri obiettivi, perché dobbiamo iniziare una convenzione sapendo dove stiamo andando. Nella mia esperienza, quando iniziamo esercizi così ambiziosi, se non abbiamo un’idea chiara all’inizio, è raro che questa sia più chiara alla fine. Ci avete fornito un quadro molto forte, e i nostri dibattiti, che sono anche politici, quello che i capi di stato e di governo stanno discutendo, lo dimostrano altrettanto. E così, nelle prossime settimane, dovremo definire i prerequisiti. Dobbiamo anche costruire un accordo tra tutti noi. E io sono, vi dico, a favore di questa riforma istituzionale. E vorrei che ne discutessimo con la necessaria audacia e libertà al Consiglio europeo di giugno. Questo significherà andare verso una maggiore semplicità. Sappiamo come procedere, cioè continuare a estendere il voto a maggioranza qualificata nelle nostre decisioni sulle nostre principali politiche pubbliche. Dobbiamo anche continuare ad andare avanti e definire i modi e i mezzi per mostrare più solidarietà, chiarendo i nostri obiettivi, e l’obiettivo di tutte le nostre istituzioni, stabilendo obiettivi che ci permetteranno di tenere insieme la nostra Europa: la crescita, la piena occupazione, i nostri obiettivi climatici. Le regole di molte nostre istituzioni europee sono state concepite decenni fa, e si basavano su obiettivi che probabilmente oggi sono diventati incompleti, che non ci permetteranno di resistere alle crisi che stiamo affrontando e alla sfida storica della nostra unità. La piena occupazione, l’obiettivo della crescita, la neutralità climatica e l’obiettivo della giustizia sociale devono essere al centro degli obiettivi delle nostre istituzioni.

 
Infine, la riforma e l’apertura di questo cantiere riguardano ovviamente anche la legittimità del controllo democratico, l’approfondimento di questa nuova avventura democratica, e quindi la continuazione delle innovazioni democratiche come abbiamo potuto fare attraverso il vostro lavoro. Vorrei ringraziare la signora presidente per essersi già impegnata chiaramente in questo senso poco fa. Ma sappiamo che dobbiamo andare oltre. Le nostre regole di elezione, le nostre regole di nomina dei nostri rappresentanti, le nostre regole di controllo, i nostri diritti di iniziativa nel Parlamento europeo – tutto questo è ciò che deve essere al centro di questa prossima convenzione. Credo nel profondo che possiamo intraprendere questo lavoro, e l’ho messo sotto la bandiera dell’efficienza – perché? Perché credo che mantenere tutti questi obiettivi economici, sociali e ambientali sia ciò che ci permetterà di agire efficacemente e soprattutto di tenere insieme la nostra Europa. Perché senza questi obiettivi, non saremo più in grado di convincere i nostri popoli che l’avventura europea è ciò che li unisce, li protegge e ci permette di andare avanti. 

 

Nel contesto di questa sfida, sappiamo che potremmo non essere tutti d’accordo. Né dobbiamo temere le differenze o le idee d’avanguardia, che sono sempre state fruttuose per il progetto europeo. Inoltre, non hanno mai escluso, anzi ci guidano, ed esistono già, dall’euro a Schengen. Ma mi colpisce il fatto che negli ultimi anni il desiderio di mantenerci a 27 ci abbia impedito di essere più ambiziosi. Mi colpisce anche il fatto – e lo dico constatando un mezzo fallimento – che noi, capi di stato e di governo, non riusciamo mai a riunirci nel formato della zona euro. Siamo l’unica associazione di comproprietà che si astiene dal riunirsi. Come amministratore di condominio, devi sempre invitare tutta la strada. Abbiamo paura di assumerci la responsabilità di essere più ambiziosi, e dall’euro a Schengen è sempre la stessa cosa, e ci sbagliamo perché questi circoli d’avanguardia non escludono, ma permettono a chi vuole andare un po’ più lontano di guidare gli altri e di rendere desiderabile l’ambizione, invece di rendere più rischioso un atteggiamento attendista. Sono a volte consapevole dei timori di un’Europa a più velocità, che già esiste, ma accelerare il passo, aumentare le nostre ambizioni, creare una convergenza al suo centro, senza un formato predefinito, senza mai escludere, ma anche senza mai far rallentare i più scettici o i più esitanti, è ciò che permetterà alla nostra Europa di affermarsi come una potenza. Questa differenziazione aperta a tutti è fedele alla nostra storia e alle ambizioni dei fondatori, di Jacques Delors e della nostra Europa.  

 

Infine, per concludere, e qui mi sottraggo alle vostre proposte per tornare al contesto – so che le mie osservazioni sarebbero incomplete se non rispondessi a questo particolare punto. La guerra in Ucraina e la legittima aspirazione di questo popolo, così come della Moldavia e della Georgia, a entrare nell’Unione europea ci invitano a ripensare la nostra geografia e l’organizzazione del nostro continente. E voglio farlo con la stessa sincerità e lo stesso rigore con cui avete condotto il vostro lavoro e con cui vi parlo oggi. 

 

L’Ucraina, grazie alla sua lotta e al suo coraggio, è già oggi un membro centrale della nostra Europa, della nostra famiglia, della nostra unione.

 
Ma anche se domani dovessimo concederle lo status di candidato, l’istruzione è fatta e spero che si passi rapidamente all’adesione alla nostra Unione europea. Sappiamo tutti perfettamente che il processo che permette la sua adesione richiederebbe diversi anni, anzi, probabilmente diversi decenni, ed è la verità, a meno che non si decida di abbassare gli standard di questa adesione e quindi di ripensare completamente l’unità della nostra Europa e a volte i princìpi in nome dei quali chiediamo nei confronti di alcuni dei nostri stessi membri – e ne siamo tutti entusiasti. 

 

Siamo chiari, l’Unione europea, dato il suo livello di integrazione e di ambizione, non può essere a breve termine l’unico modo di strutturare il continente europeo. Ci sono già diversi paesi nei Balcani occidentali che sono impegnati in un processo di adesione. E questo processo continuerà e loro hanno una vocazione già tracciata. Ma dobbiamo molto chiaramente, di fronte a questo nuovo contesto geopolitico, trovare il modo di pensare alla nostra Europa, alla sua unità, alla sua stabilità, senza indebolire l’intimità costruita all’interno della nostra Unione europea. Abbiamo dunque un dovere storico non di fare come abbiamo sempre fatto e dire che l’unica risposta è l’appartenenza, ve lo dico molto sinceramente, ma di aprire una riflessione storica sull’organizzazione del nostro continente che sia all’altezza degli eventi che stiamo vivendo. In un momento in cui lo stesso Consiglio d’Europa, questa famiglia di valori comuni abbandonata dalla Russia, questo Consiglio presente qui a Strasburgo, è anche scosso dal balbettio della storia. Nel 1989, il presidente François Mitterrand ha aperto questa riflessione in un momento in cui l’Unione Sovietica si stava disintegrando, proponendo la creazione di una confederazione europea. La sua proposta non aveva un futuro. Probabilmente era troppo presto. Associava la Russia a questa confederazione, cosa che naturalmente risultò presto inaccettabile per gli stati che si erano appena liberati dal giogo dell’Unione Sovietica. Ma ha posto una buona domanda, e questa domanda rimane: come possiamo organizzare l’Europa da un punto di vista politico e al di là dell’Unione europea? E’ nostro obbligo storico rispondere oggi a questa domanda e creare ciò che chiamerei una comunità politica europea. 

 

Questa nuova organizzazione europea permetterebbe alle nazioni europee democratiche che aderiscono al nostro insieme di valori di trovare un nuovo spazio di cooperazione politica, di sicurezza, di cooperazione in materia di energia, di trasporti, di investimenti, di infrastrutture e di circolazione delle persone, soprattutto dei nostri giovani. L’adesione non pregiudicherebbe necessariamente la futura appartenenza all’Unione europea né sarebbe chiusa a coloro che hanno lasciato quest’ultima. Riunire la nostra Europa nella verità della sua geografia, sulla base dei suoi valori democratici, con la volontà di preservare l’unità del nostro continente e conservando la forza e l’ambizione della nostra integrazione. 

 

Questa è la proposta che volevo farvi oggi, oltre che rispondere alla vostra. Nelle prossime settimane e mesi, cercherò di consultare e lavorare con tutti gli stati e i governi interessati a questo progetto per cercare di portarlo a termine, perché credo che la stabilità e il futuro del nostro continente dipendano da questo. 

 
Signore e signori, un anno fa vi ho detto che speravo che questa conferenza fosse il ritorno dei grandi sogni e delle grandi ambizioni. Questo è quello che volevate anche voi. Questo è quello che avete fatto. Questo è ciò che perseguiremo insieme. Questa è l’Europa. Che è fatta di sogni folli, di ambizioni senza precedenti. E poi c’è la capacità collettiva di costruire compromessi che a volte possono sembrare faticosi, ma che sono il linguaggio dell’Europa, cioè il linguaggio della traduzione permanente. Agire con forza. Muoversi velocemente. Sognare in grande. Queste parole non sono solo una prerogativa della Cina o degli Stati Uniti d’America. Condividiamo anche noi queste ambizioni. Non dimentichiamo che lo spirito europeo non sarebbe niente senza quest’anima europea in più che ci rende unici, che stabilisce la rotta, che dà senso, che rende la nostra Europa e questo continente senza precedenti dove si fanno grandi feste parlando tutte le nostre lingue e traducendole e avendo una lingua universale che è la nostra, la musica, i nostri inni europei. Quindi questo percorso che abbiamo iniziato a tracciare qui, ora a Strasburgo, è in qualche modo un giuramento. Questo giuramento di Strasburgo per un’Europa sovrana, unita, democratica e ambiziosa. Starà a noi esserle fedeli, tutti insieme. 

Potete contare su di me. Grazie mille

 

*Il discorso al Parlamento Europeo 09/05/2022

 

 

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