di Raffaele Morese
“Lei ha paura di quello che può succedere in autunno sul piano sociale ed economico?”; risposta di Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo: “Non paura, terrore.” (Corriere della sera, 09/07/2020) Per come lo conosco, Sassoli non è tipo emotivo e né pessimista. Se lo dice, è perché la situazione dell’economia mondiale – assediata dal covid 19 – è veramente critica. E l’Europa non sta meglio, sempre in bilico tra stagnazione e recessione. Per non parlare dell’Italia che, se va bene, chiuderà a -12% di PIL il 2020 e sarà difficile non replicarlo nel prossimo anno.
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di Federico Butera
Le cose che io mi sono preparato a dire riguardano la vostra responsabilità e la vostra azione e quindi io sono un po’ imbarazzato perché non vorrei che le cose che dirò possano sembrare lezioni di un professore a chi è nella battaglia quotidiana, nella responsabilità e nella complessità quotidiana. Il quadro che io presenterò è un quadro tra i più complessi che ci sia mai stato di fronte a noi: un cambiamento radicale di sistema produttivo. Su questi argomenti su cui sto studiando e lavorando, credo che il sindacato abbia un ruolo importante. Quindi chiedo perdono in anticipo nel presentare come fattibili delle cose che invece avranno dei percorsi complicati.
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di Pietro Polimeni e Manlio Vendittelli
L’ abbandono delle aree interne e delle zone “non produttive” in Italia, come in Europa, è un annoso tema che spesso è stato ed è motivo di conflitto ideologico tra i romantici dello sviluppo locale e i moderni sostenitori della società capitalistica globale.
Sotto la pressante spinta di quest’ultimi, il modello neocapitalistico di sviluppo si è velocemente propagato in tutto il Paese, concentrando ricchezze nelle mani di pochi e lasciando ai più macerie territoriali, ambientali e umane. Per le aree deboli (di montagna, rurali diffuse, piccoli borghi storici, soprattutto del mezzogiorno d’Italia, isole minori, ecc.) non c’è stato scampo: negli ultimi 20 anni si è così completata l’emorragica sparizione fisica e sociale di intere comunità. È inutile dire che sono stati complici attivi i molti terremoti e fenomeni di dissesto (idrogeologico ecc.), causati spesso dalla neo-fragilità dei territori svuotati dalle cure che li avevano plasmati e oggi destinati, per povertà incipiente, all’incuria e all’abbandono.
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In questo scenario di crisi socio-economica che stiamo attraversando, il futuro nelle sue trame si prospetta come qualcosa di profondamente diverso da quello che potevamo, sulla base della nostra esperienza ipotizzare prima di questa pandemia provocata dal coronavirus Covid 19.
Siamo giunti ad un punto di riflessione tale che ci ha fatto prendere coscienza del punto di rottura per cui ogni cosa non sarà più come fino ad oggi la conoscevamo.
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Muri alti. Barriere resistenti fra comunità locali e conoscenza. Muri invalicabili per le normali abilità, che rischiano di divenire sempre più resistenti e di aumentare l’isolamento delle aree. Provare ad aprire porte nei muri spessi è la soluzione possibile. Porte che diano valori ai muri, tramutandoli da limiti a protezioni, da intralcio per lo sviluppo a garanti della sostenibilità dello stesso.
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di Pietro Currò
La condizione, che in alcun modo può essere evasa dalla società per partecipare alla formazione del futuro (prossimo e lontano), è agire nella cultura della conoscenza con la consapevolezza degli attuali processi a servizio del conoscere e del formare, collocando in rete conoscenza e formazione e partecipando così alle nuove forme del rapporto spazio-tempore dei saperi e dell’operare.
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di Maurizio Imperio
Se la cooperazione tra popoli viene vista come un'attività di aiuti tecnico-economici a una realtà sociale in difficoltà, ma sottesa da un rapporto di scambio e reciproco arricchimento culturale, il passaggio all'uso dei metodi della formazione a distanza è breve e quasi scontato. Parlo di metodi e non di tecnologie, perché se l’obiettivo è quello della cooperazione inter-scientifica e inter-territoriale tra luoghi del sapere verso visioni innovative e multiculturali dei percorsi di formazione, allora i due veri temi da affrontare sono quelli di una nuova (almeno in parte) pedagogia e della metodologia. È chiaro che pedagogia e metodologia hanno bisogno di strumenti e mezzi tecnologici su cui marciare e quindi, chi meglio dell’informatica riesce a unire in tempo reale i diversi luoghi di residenza del sapere e delle persone (docenti e discenti) che vogliono costruire il comune percorso della formazione e dello sviluppo su basi multi e pluri-culturali?
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Insegnare e apprendere con le nuove tecnologie in ambito scolastico e universitario è un tema attuale ma controverso. Le parole di una delle più note ricercatrici nell’ambito delle tecnologie educative, Diane Laurillard, bene sintetizzano la situazione italiana: “l’educazione è sul punto di essere trasformata dalle tecnologie per apprendere, ma è rimasta su quel punto da qualche decennio a questa parte”.
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La formazione a distanza nella sua massima espressione di e Learning non è, e non deve diventare, un surrogato della formazione tradizionale in presenza, ma essere una metodologia innovativa. Per questa ragione accanto alle tecnologie di aula virtuale vista come riproduzione a distanza dell’aula tradizionale (docente/contenuto/studente), come chat, video-audio conferenze e altre metodologie tipiche della FAD sincrona, che richiedono la presenza contemporanea di docenti, tutor e studenti in rete, è importante implementare strumenti di interazione asincrona per garantire un e-learning come bene rinveniente e innovativo al fine di ...
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