di Raffaele Morese
Se 5 miliardi di euro vi sembran pochi….. E’ questa la cifra pari ai maggiori interessi che il Bilancio dello Stato deve mettere nel conto di pagare, se lo spread con la Germania non ritorna nell’alveo della normalità, intorno ai 100/130 punti. E siccome l’economia continua a tirare, sia pure con tutte le prudenze del caso, i consumi non stanno arretrando e l’occupazione segna ancora incrementi positivi, anche se qualitativamente non soddisfacenti (ci sono in giro troppi contratti a tempo determinato), la questione è – come spesso si dice – tutta politica.
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di Carlo Cottarelli
Qualche giorno fa, il Presidente del Consiglio Conte nel suo discorso di richiesta di fiducia al Senato non ha indicato la permanenza dell’Italia nell’area dell’euro come una componente essenziale del programma di governo. Lo ha fatto solo nella sua replica, il che di per sé è strano. Ma al di là di quello che si dice, o non si dice, contano i fatti. E le politiche di bilancio che il governo sembrerebbe orientato a realizzare (è giusto usare ancora il condizionale) non sono molto rassicuranti rispetto alla nostra permanenza nell’area dell’euro.
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di Marco Causi
Non ci sono i fondamentali dell'economia dietro i primi segnali di una possibile crisi finanziaria italiana. C'è la crisi politica, lo stallo, la confusione, l'insondabilità delle prospettive. Come a Weimar, che aveva domato l'iper-inflazione e varato un grande programma di opere pubbliche, con la disoccupazione che cominciava a declinare. Ciò nonostante la crisi politica portò a quello che sappiamo, e qualche mese dopo Hitler si faceva fotografare con la vanga in mano nei cantieri delle nuove autostrade programmate e finanziate dal governo precedente.
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di Flavio Bini
Chi è maggiormente colpito dalle turbolenze dello spread di questi giorni? Oggi una quota esigua del nostro debito pubblico è in mano, direttamente, ai piccoli investitori italiani, famiglie e imprese soprattutto, mentre circa un terzo è in quelle straniere. Banche, fondi e assicurazioni italiane detengono invece circa il 50% del debito. Ma non è sempre stato così. Dai dati disponibili sul database della Banca d'Italia è possibile ricostruire come è cambiata la composizione dei possessori del debito, dal 1988 ad oggi.
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di Milena Gabanelli
Se l’Italia dovesse decidere di uscire dall’euro, dovrebbe versare alla Germania 443 miliardi, la Francia gliene dovrebbe versare 65, la Spagna 381, e così via: il totale per la Bundesbank sono 923 miliardi. Questa è la posizione dell’entourage Merkel, e i numeri saltano fuori dai saldi del sistema di pagamento interbancario europeo, denominato Target 2.
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di Emilio Rossi
I negoziati per la formazione del nuovo governo successivi alle elezioni del 4 marzo hanno provocato un’impennata della volatilità degli asset italiani e in misura più contenuta anche del Vecchio continente. Dopo la formazione del governo Conte i toni del dibattito politico italiano si sono smorzati e anche i mercati si sono mossi verso una posizione più riflessiva e attendista. Nonostante ciò, i motivi sostanziali alla radice delle tensioni sui mercati finanziari, in primis quelli relativi al debito italiano, sono presenti tanto quanto prima, e con ogni probabilità più di prima.
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Il piano Savona - Paolo Savona è il ministro per gli Affari europei nel nuovo governo Lega- Movimento 5 stelle, ma è anche il principale autore di un piano che illustra come l’Italia potrebbe uscire dall’euro. Il piano è del 2015, ma solo ora è diventato di dominio pubblico. Ed è interessante perché apparentemente riflette le strategie della Lega, che infatti molto ha insistito per la partecipazione di Savona al governo.
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di Luigi Signorini
Secondo i programmi della Nota, dopo la discesa attesa per l’anno in corso, l’incidenza del debito sul PIL continuerebbe a diminuire, portandosi nel 2018 al 130,0 per cento. Si tratta di un valore sostanzialmente analogo a quello del quadro tendenziale, nonostante l’ampliamento (0,6 punti) dell’indebitamento netto. L’effetto di un disavanzo più ampio viene infatti in gran parte compensato da un’evoluzione più favorevole dei fattori che incidono sul debito, ma non sull’indebitamento netto (stock-flow adjustment).
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