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NEWSLETTER n.159 del 29 SETTEMBRE 2015

I PRO E I CONTRO DEL JOBS ACT

IL JOBS ACT GIGANTEGGIA SE LA CONTRATTAZIONE SI FA PICCOLA PICCOLA

di Raffaele Morese

Come mai  cresce l’occupazione? Il Governo dice: c’è il Jobs act. L’opposizione replica: il merito è di Draghi che stampa moneta, del petrolio meno caro e del cambio euro/dollaro a favore del primo. Dal sindacato, le voci sono discordanti, ma le più critiche insistono: conseguenza del drogaggio prodotto dagli sgravi contributivi. Il padronato, più sornione, rivendica la ripresa degli investimenti. Ha proprio ragione il Presidente della Repubblica quando mette il dito nella piaga: “molto spesso non siamo riusciti a fare sistema, a giocare in squadra, presi come spesso accade dalle nostre divisioni, non di rado artificiose”(discorso al Congresso della società Dante Alighieri, 26/09/2015).

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JOBS ACT E APRENDISTATO, LA SVOLTA C'E'

di Luigi Bobba

Definire il Capo V del recente decreto legislativo n. 81/2015 una riforma senza progetto, mi pare un giudizio segnato più da un approccio ideologico che da argomenti fattuali. Voglio pertanto smentire l’opinione di Tiraboschi e Massagli che, rinchiusa in questa sorta di pregiudizio, qualifica tale impianto normativo, certamente non esente da limiti, come radicalmente carente di progettualità.
Il terreno su cui ci si muove anche in questa riforma dell’apprendistato, è decisamente accidentato e ciò che tutti dovremmo attendere dal pensiero accademico e da chi fa ricerca sono degli stimoli utili a districare questa ingarbugliata matassa.

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I DATI PROMUOVONO (MODERATAMENTE) IL JOBS ACT

di Gabriele Olini

Un bicchiere mezzo pieno

Sono serviti o no ad aumentare l’occupazione la normativa del Jobs act e gli incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato? Ormai gli andamenti nella prima parte dell’anno sono abbastanza chiari e basati non su sensazioni, ma su dati di fatto, provenienti da varie fonti, sostanzialmente convergenti. E se ci si basa sui dati concreti, difficilmente si può dire che l’occupazione non sia migliorata, compatibilmente a una crescita del PIL ancora modesta. 
Perché questo è il punto. In rapporto ad una crescita del Prodotto Interno Lordo attesa nel corrente anno allo 0,9% nella Nota di aggiornamento al DEF e che si spinge fino all’1% nelle previsioni ultime della Confindustria, l’andamento della domanda di lavoro da parte delle imprese è stata relativamente elevata.

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VALORI E REALISMO POLITICO: ALCUNE RIFLESSIONI SUL JOBS ACT

di Roberto Schiattarella

Il jobs act (JA) può senz’altro essere considerato come uno degli interventi qualificanti del governo Renzi e, come accade spesso, e forse non solo in Italia, il dibattito che ha suscitato é stato fortemente condizionato dai pregiudizi da un lato e dalla necessità di una narrazione capace di suscitare consenso dall’altro. Nelle righe che seguono tenteremo di analizzare in primo luogo il significato di questo intervento sul mercato del lavoro e poi i possibili effetti.
Al di là di come é stato raccontato, e cioè come uno strumento di lotta alla precarietà del lavoro, il JA é un intervento che si propone prioritariamente lo scopo di abbassare il costo del lavoro. Una decisione evidentemente impopolare per qualsiasi governo, che tuttavia é sollecitata dalle forti pressioni fatte dalle istituzioni internazionali e dalla cultura oggi prevalente.

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SAREBBE MIGLIORE CON PIU’ SPAZIO ALLE PARTI SOCIALI

di Franco Liso 

La stagione che stiamo attraversando segna in maniera marcata la parabola discendente dello statuto dei lavoratori1.
Questa legge, di importanza centrale per il tradizionale assetto protettivo del diritto del lavoro, è stata logorata in più punti dal tempo trascorso.
Sul versante della sua anima promozionale lo smottamento più rilevante era stato prodotto dal referendum sull’articolo 19, norma che ora sopravvive sull’instabile lettura datane dalla Corte costituzionale.
Sul versante della disciplina del rapporto di lavoro le rigidità che essa aveva cercato di imporre – in risposta alle negative esperienze degli anni ’50 - si stanno sgretolando sotto le spinte delle dinamiche economiche che inducono il legislatore, assillato dal problema occupazionale, a conferire crescente rilievo alle ragioni dell’impresa ed a concepire la protezione del lavoro come fondata, in primo luogo, sulle capacità competitive di quest’ultima.

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FORMAZIONE, LA BELLA ESCLUSA DALLE POLITICHE DEL LAVORO

di Andrea Ranieri

Per scrivere ancora una volta, su invito dell’amico Raffaele Morese, sulla formazione permanente devo vincere un senso di rassegnazione e di impotenza che deriva da anni di predicazione inutile, dalla partecipazione a centinaia di riunioni e di convegni che si concludevano con una straordinaria unita’ nell’individuarla come l’anima delle politiche attive del lavoro, a cui non corrispondevano  azioni conseguenti. E persino norme di legge, come quella della recentissima legge Fornero, rimaste inattuate.
Elsa Fornero inseri’ col concorso del Ministro Profumo, allora al Miur, due commi importanti nella legge che porta il suo nome. Non si arrivava fino ad affermare il diritto alla formazione come diritto della persona, ma si facevano decisi passi avanti nel considerare, in una prospettiva unitaria, la crescita culturale, civile, sociale e occupazionale che la formazione permanente deve proporsi, rompendo finalmente la separatezza della formazione continuaprofessionalizzante dall’educazione degli adulti, a fini culturali. 

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I CENTRI PER L'IMPIEGO DOPO IL JOBS ACT

di Lucia Valente

Il decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150 di riordino della normativa dei servizi per il lavoro compie scelte importanti in materia di politiche attive e di centri per l’impiego.
E’ bene ricordare che, in seguito alla proposta di riforma costituzionale risultante dal disegno di legge AC 2613-A, spetta allo Stato la competenza esclusiva in materia di politiche attive del lavoro; alle Regioni, invece,resta la potestà legislativa in materia di “promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale”.
In futuro, dunque, le Regioni perderanno totalmente la competenza in materia di politiche per il lavoro: nel frattempo però si è reso necessario individuare una fase di transizione dal modello decentrato al neo centralismo, disegnato dalla riforma della Costituzione, per superare gli aspetti d’interferenza con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale in materia di servizi per il lavoro e politiche attive del lavoro.

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DOCUMENTAZIONE JOBS ACT

Di seguito troverete la legge delega e gli 8 decreti attuativi del JOBS ACT.
LEGGE 10 dicembre 2014, n. 183. Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonche' in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attivita' ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.

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