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NEWSLETTER APPROFONDIMENTI n.265 del 10 NOVEMBRE 2020 


 SMART WORKING: E' SOLO UN INZIO DI RIVOLUZIONE 

 

Una nuova stagione del lavoro

di Raffaele Morese

“Non sarà più come prima”. Ce lo siamo ripetuto come un mantra, man mano che l’epidemia sanitaria segnava questo sconvolgente 2020. Ora, ce lo ricordiamo in modo più intermittente, perché la parallela crisi economica e sociale spinge un po’ tutti sulla difensiva, a desiderare e lottare perché tutto ritorni come prima. Eppure sappiamo che non potrà essere così, che molto veramente cambierà. Non è una previsione, è una certezza. L’Europa ha messo già le premesse, spostando la propria politica economica e sociale su un keynesianesimo mai visto, neanche nel secondo dopoguerra del secolo scorso.  

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La sperimentazione, non la legge lo renderà strutturale

di Tiziano Treu

Una cosa sicura fra tante incertezze è che lo Smart working non è più un fenomeno di nicchia, ma è diffuso in tutte le realtà, ed è destinato a restare oltre l’emergenza. Lo mostrano i dati sia italiani sia di tutti i paesi avanzati.
Secondo un rapporto recente dell’OCSE il 39% dei dipendenti privati, con punte del 60-70 % nelle aziende tecnologiche di punta, ha già utilizzato il lavoro a distanza e intende continuare a farlo.

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Nuovi paradigmi per gestire spazio e tempo del lavoro

di  Luciano Pero

Lo smart working prima del Covid 19
Negli anni precedenti alla pandemia, la diffusione degli smart phone e delle tecnologie digitali avevano spinto molte imprese a concedere, in via sperimentale e sotto la pressione dei dipendenti, alcune giornate al mese di possibile lavoro a distanza per gruppi limitati di dipendenti, appartenenti a funzioni specialistiche che già lavoravano su sistemi aziendali digitalizzati e spesso dialogavano già a distanza con il proprio ufficio.

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La contrattazione alla prova dello smart working

di Roberto Benaglia*

Siamo in questi giorni nel pieno della seconda ondata della pandemia che di nuovo richiede provvedimenti emergenziali i quali, soprattutto attorno e dentro le città, possano attenuare i contatti diretti tra le persone. Per quanto giustamente non si prendono in questa fase in considerazione ipotesi di fermata delle attività produttive, molte imprese sono tornate a riorganizzare in modo massiccio il lavoro in remoto per tutti i dipendenti che ne hanno la possibilità. 

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Giovanna Bellezza (TIM): “un nuovo modo di lavorare”

di Luigi Marelli*

L’esperienza dello smart-working si sta ormai consolidando. Forse è il tempo di approfondire alcune questioni che, in questa emergenza del COVID si sono, giustamente, accantonate, ma che ora richiedono una riflessione accurata, se non vogliamo che questa nuova esperienza si riduca semplicemente ad essere una brutta copia del “telelavoro”.

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La pandemia cambia il lavoro e il modo di fare sindacato

di Franco Berardi*

Nel 2019 ragionavamo di sindacato senza frontiere, si celebravano i 30 anni della caduta del muro di Berlino, si ragionava della globalizzazione, si celebravano i 30 anni di piazza Tienanmen, erano in crescita le idee sovraniste e poi.....nel 2020, anno bisesto: il 23 febbraio abbiamo avuto il primo caso di Covid-19 a Codogno di Lodi, il cosiddetto paziente zero. 

Da quella data è cambiato tutto! 

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Ci vuole una pubblica amministrazione nuova di zecca

di Carmine Russo*

Sarebbe ingeneroso nei confronti dello smart working chiedergli di essere la chiave di volta o almeno il grimaldello per una riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni; e sarebbe presuntuoso chiedere alle amministrazioni pubbliche di rinnovarsi prendendo come leva dell’innovazione lo smart working

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Home working del lavoro pubblico, una sfida europea

di Silvia Candida*, Germana Caruso**

L’utilizzo del lavoro agile come misura di tutela della salute pubblica correlata all’obbligo del distanziamento fisico rappresenta un elemento comune alle amministrazioni pubbliche dei Paesi Ue sottoposte allo “stress test” pandemico. Durante l’emergenza epidemiologica l’erogazione dei servizi pubblici d’oltralpe, al pari dell’Italia, è stata garantita attraverso un utilizzo massivo di modalità di lavoro basate sull’utilizzo di tecnologie digitali, variamente configurate e attecchite su impianti normo-contrattuali differenti.

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Il COVID non fermerà l'urbanizzazione, la cambierà

di Claudio Falasca*

Nel pieno della recrudescenza del COVID-19 le Nazioni unite, il 31 Ottobre, hanno celebrato la “Giornata mondiale delle città”(1). 
Date le circostanze si è trattato di un evento particolarmente interessante per gli interrogativi che sottende, a condizione però che sia collocato nel quadro più complessivo delle vicende urbane dei prossimi decenni, evitando di limitarsi alle pur significative dinamiche congiunturali e/o locali. Questo perché le trasformazioni urbane e territoriali per essere ben capite e governate con intelligenza e consapevolezza richiedono per loro natura tempi non brevi. 

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La trappola di massa e' scattata, evitiamo che ci domini

di Manlio Vendittelli

Una mattina ci siamo alzati e abbiamo trovato il virus Covid 19: violento come un invasore, fautore della guerra lampo e soprattutto intenzionato e capace di farla.
Appena il tempo di guardarci un po’ in giro e ci siamo guadagnati lo sgomento: pandemia, impreparazione, ospedali in crisi.
Che fare? È la domanda che rimbomba nei corridoi della politica, dell’economia e della società. Stanno andando in crisi non solo i dati materiali ma quelli politici (perché è stata indebolita l’organizzazione sanitaria nelle quantità e nel presidio del territorio), quelli strutturali (per la crisi di attività lievitate grazie al mercato), culturali perché … chi più ne ha, più ne metta: dai decenni di numero chiuso a medicina alle proposte di lockdown in contrasto con le abitudini e l’organizzazione sociale consolidata.

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