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Il travaglio politico del Paese annebbia il futuro

“La democrazia si basa sul principio di Abramo Lincoln secondo il quale “potete ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti tutto il tempo”. Se un governo fallisce nell’assicurare condizioni di benessere ai cittadini, alla fine una quantità di cittadini se ne renderà conto e lo farà cadere. “

Non avere stabilità di governo però mette in crisi la logica di Lincoln, perché nessun governo di breve durata si assume la responsabilità del mancato benessere dei cittadini e se, come oggi accade, alcuni politici utilizzano il malessere per far ricadere su altri soggetti tutti i propri fallimenti, come possono i cittadini comprendere la verità? Ecco perché l’arduo compito di difendere la democrazia spetta ai corpi intermedi o cosiddette rappresentanze di interessi. Ricordo altresì che a garanzia della democrazia sempre Lincoln decretò nel 1862, con il proclama di emancipazione, di proibire tutte le forme schiavitù, di sfruttamento degli esseri umani e dei lavoratori e su questo principio fondante, insieme donne e uomini della Cisl, nativi e immigrati, dobbiamo continuare a impegnarci e se serve anche lottare per garantire ed assicurare condizioni di vita dignitose e libere per lavoratori e pensionati e per le nostre famiglie. 

Prendiamo atto che la coalizione al governo da agosto è cambiata, settimo governo in otto anni, ma sono sempre uguali, per ora, i molti problemi che le nostre lavoratrici e i nostri lavoratori stanno affrontando quotidianamente e sono ancora molte le questioni aperte che riguardano molte famiglie dei nostri soci, lavoratori, inoccupati e pensionati. Si tratta di temi cruciali come la tutela dei salari e delle pensioni attraverso l’equità fiscale e la lotta all’evasione. Da troppi anni stanno rimpallando da governo a governo senza trovare in alcuno la volontà necessaria ad individuare delle possibili soluzioni strutturali. A volte da alcuni governi non siamo stati nemmeno presi in considerazione o nel migliore dei casi c’è stata messa la pezza della promessa elettorale. Ma sia dal governo gialloverde prima, che da questo giallorosso, per ora, non è stata fatta nessuna azione che abbia dato un reale segnale di discontinuità

Il lavoro svolto dal Governo giallorosso per la stesura del DEF ha perseguito prevalentemente l’obiettivo di rassicurare i mercati finanziari sui conti pubblici, per continuare a godere degli effetti della diminuzione dello spread, visto che la metà circa della manovra per il 2020 è finanziata in deficit e una parte (7 mld circa) è finanziata proprio dalla riduzione della spesa per interessi.  

Il nostro giudizio sulla manovra economica varata dal nuovo governo è critico perché non contiene gli interventi attesi di ampia portata capaci di dare una svolta necessaria per la ripresa del Paese. La manovra per il 2020 si attesta intorno ai 30 mld di euro e sarà destinata in buona parte (23 mld) alla cancellazione della clausola sull’ IVA. Va ricordato che un eventuale rialzo al 25% era un grave rischio che correvano prevalentemente i lavoratori e i pensionati perché avrebbe inciso direttamente sui beni di consumo e di conseguenza sul reddito personale. Nella manovra poco resta per gli altri provvedimenti, considerando anche la necessità di coprire delle spese improrogabili. 

Il taglio delle imposte previsto nella legge di bilancio è molto limitato e riteniamo che questo deve essere solo un primo passo, da estendere anche ai pensionati, per una significativa riduzione delle tasse attraverso un aumento delle detrazioni ma serve urgentemente sia inquadrato in una riforma fiscale generale che, mantenendo il principio costituzionale della progressività, ridefinisca aliquote Irpef e scaglioni

Valutiamo invece positivamente il ripristino di corrette relazioni sindacali. Sono stati avviati dei tavoli di confronto che per ora sono di tipo interlocutorio, e che chiediamo vengano resi strutturali per affrontare questioni diventate urgenti e necessarie per il paese come appunto una riforma  fiscale a vantaggio dei redditi dei lavoratori e pensionati, il sistema previdenziale, l’avvio delle opere per le infrastrutture necessarie al paese per essere attrattivo e competitivo e per assicurare e sostenere uno sviluppo equo e sostenibile del Paese. 

Una stagione globale “calda” con l’economia in stagnazione è una occasione per tornare a parlare di economia sociale di mercato

Il contesto economico internazionale è sottoposto al perdurare di una serie di fattori negativi determinati maggiormente dalla decelerazione delle maggiori economie asiatiche e russe, dai dazi degli Stati Uniti e dalle turbolenze geopolitiche in Medio Oriente e in America Latina. In Europa la contrazione dell’industria manifatturiera tedesca, così come la Brexit, stanno indebolendo la nostra economia con il rischio che il rallentamento, per ora riferito al comparto manifatturiero, si possa diffondere anche al settore dei servizi. Il calo degli investimenti e la decelerazione della produzione industriale mondiale penalizza in particolare i Paesi dove l’economia si fonda sul settore manifatturiero e che sono maggiormente inseriti nel mercato globale. Quindi i Paesi come l’Italia rischiano di essere maggiormente esposti da queste contrazioni.

Dai dati che ha pubblicato l’Istat qualche giorno fa, si evidenzia che gli scambi di merci in volumi, a livello mondiale, hanno registrato nei primi otto mesi del 2019 una variazione tendenziale negativa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-0,4%). Nel dettaglio, se prendiamo di riferimento l’area Europa e Stati uniti, paesi di riferimento per l’export delle nostre imprese, vediamo che sul fronte dei dati macroeconomici, la stima del Pil degli Stati Uniti nel 3° trimestre 2019, sebbene superiore alle previsioni, ha mostrato una flessione negativa rispetto al trimestre precedente passando a 0,47% da 0,50%, tenuto in considerazione che nel mercato petrolifero l’offerta degli  Stati Uniti è aumentata perché c’è stata una riduzione della produzione in Paesi sottoposti all’embargo dal presidente Trump, come il Venezuela o l’Iran.

Nello stesso trimestre nell’area dell’euro la crescita economica ha mostrato una stabilizzazione su livelli modesti con un aumento del Pil dello 0,2%, come nel precedente trimestre, mentre il mercato del lavoro resiste, con un tasso di disoccupazione che a settembre si è collocato ancora ai minimi dal 2008 (7,5%). Anche il Pil italiano per il 2019 si attesterà allo 0,2%, determinato da una lieve crescita del consumo interno. 

Questi dati mettono in risalto che le politiche di crescita economica, attraverso delle dinamiche inflazionistiche basse, attuate dalla Federal Reserve e sostenute dalla BCE, hanno favorito politiche monetarie espansive, prestiti a bassi interessi, ma che in un contesto di clima di sfiducia dei consumatori e delle imprese, non hanno ancora prodotto l’esito di crescita atteso. Questi approcci evidenziano che soffrono di una certa miopia e di una sostanziale incapacità di garantire da soli le condizioni per la crescita economica, crescita che costituisce la condizione fondamentale per la tutela degli interessi dei lavoratori e dei sistemi economico finanziari. 

Probabilmente parte proprio da queste considerazioni la base del nuovo paradigma etico della Business Roundtable (associazione che rappresenta le più grandi società americane), presieduta da Jamie Dimon Ceo di JPMorgan, che in un documento, sottoscritto ad agosto dai 181 Ceo della Corporate America, definisce dei principi etici in netta contrapposizione con il mantra finora indiscusso “creare e massimizzare valore per gli azionisti”del suo predecessore Milton Friedmann, premio Nobel nel 1977 e padre del neoliberismo capitalista.

 

Ne voglio parlare, anche se la notizia non ha avuto particolare risalto nella stampa nazionale,  perché i manager dei più grossi colossi imprenditoriali mondiali, le loro società superano i 10 mln di dipendenti, in quel documento di intenti rievocano l’idea di una “nuova” economia sociale di mercato, impegnando le grandi imprese americane a prevedere investimenti nel capitale umano, creare valore per i consumatori, avere una gestione etica delle relazioni con fornitori e dare sostegno alle comunità locali dove le aziende operano. Sul fronte dei dipendenti, il documento cita “compensi giusti” e la fornitura di “benefit” ma anche formazione e istruzione “per sviluppare nuove competenze in un mondo in rapido cambiamento” e nei confronti dei fornitori, “grandi e piccoli”, si impegnano ad agire come un “buon partner”. Nel sostenere le comunità locali si parla della protezione dell’ambiente “sposando pratiche sostenibili in tutte le attività” perché questo, sostengono, è l’unico modo per avere successo nel lungo termine.

Ma ciò non toglie, ed è indiscutibile, che c’è stato un importante cambio di paradigma, e di fatto il neoliberismo capitalista registra una importante battuta d’arresto. Ora bisogna solo aspettare se azioni concrete della Business Roundtable porteranno a dei cambiamenti di miglioramento delle condizioni della classe media, altrimenti tutta la svolta etica del capitalismo nell’era dei social si potrebbe trasformare in un boomerang mediatico a sfavore delle società e contro le politiche liberali.

E allora potrebbe essere il vento populista a prendere il sopravvento, vento che in Europa sentiamo soffiare già da tempo, alimentato da partiti che con spavalderia tessono fitte relazioni affaristiche con la Russia di Vladimir Putin, madre dei nuovi sovranismi. E per capire la logica neoliberista russa, riporto i dati rilevati da uno studio della Credit Suisse del 2015, si documenta che nell’ultimo ventennio l’attuazione di questa politica economica capitalista russa ha di fatto trasferito l’87% della ricchezza del Paese al 10% della popolazione portandolo ad essere uno dei Paesi con maggiori disuguaglianze sociali del mondo e dove la povertà tocca quasi il 15% della popolazione, il doppio dell’Italia, per darci una misura. 

È importante dunque soffermarsi sul concetto di “economia sociale di mercato” e sull’attenzione crescente che il concetto di bene comune sta avendo a livello internazionale. Ormai, per le imprese essere “green” o essere “socialmente responsabili” non basta più, è necessario coniugare la vita della persona e la vita dell’ambiente con l’impresa se si vuole veramente sperare un nuovo futuro sostenibile. Dalla responsabilità sociale d’impresa si è passati al concetto di valore condiviso (sharedvalue in inglese) termine con cui si fa riferimento all’insieme delle politiche e delle pratiche operative che rafforzano la competitività di un’azienda, migliorando nello stesso tempo le condizioni economiche e sociali della comunità. Quindi l’attenzione all’ecologia e solo una parte delle azioni da perseguire.

Più ampiamente il concetto di valore condiviso si basa su un rapporto di relazioni e reciprocità tra la produttività delle aziende e il benessere delle comunità e viene visto come una nuova e innovativa strategia per il successo economico dell’impresa, generando nello stesso tempo progresso e valore sociale attraverso l’integrazione delle questioni ambientali e dei bisogni sociali nelle attività core business e nelle strategie delle imprese, un concetto capace di generare un’inversione di paradigma, capace di ri-orientare il capitalismo verso una nuova visione di crescita sostenibile globale.

Se vogliamo uscire indenni da una altra crisi economica dettata dalle instabilità globali, dobbiamo essere tutti molto preparati e consapevoli del fatto che bisogna contrastare una narrazione sempre più percepita e propedeutica ad alimentare nuove insicurezze tra le persone, viene dipinto uno scenario del futuro del lavoro alquanto tragico, alimentando preoccupazioni che sono solo il frutto della modernità, la globalizzazione, l’era digitale hanno innescato una rapidissima trasformazione tecnologica e sociale. Il timore che un robot o un algoritmo possano rubarci il lavoro rallenta il necessario ammodernamento del Paese e delle imprese, così come la paura che dal calo della natalità faccia seguito la crisi del welfare pubblico e peggio ancora non siano assicurate le pensioni alle generazioni future. 

In Europa nel 2018 le persone occupate sono ai massimi storici, recuperando di fatto i posti di lavoro persi dalla crisi del 2008, ma se oggi il lavoro è tra le preoccupazioni maggiori delle persone e delle famiglie è evidente che questo primato non viene percepito e non crea l’ottimismo necessario a far ripartire i mercati. L’effetto flessibilità del lavoro si è trasformata in precarietà. 

Anche se dai dati del mdl territoriale risalta un aumento dei contratti a tempo indeterminato, sono aumentati moltissimo i lavoratori con rapporto di lavoro part-time di tipo involontario, sono in aumento i contratti di lavoro brevissimi,  aumentano i tirocini extracurriculari, senza nessun legame con un reale percorso formativo per i giovani, sono in aumento i lavori in settori a bassa produttività, con poche ore lavorare e salari bassi, per non parlare degli ‘invisibili’ del mercato del lavoro, e del dilagare del sommerso e del lavoro irregolare.

Ci aspetta una sfida nella quale la Cisl potrà trovare un nuovo protagonismo se saprà appropriarsi attivamente di concetti come economia sociale di mercato, valori condivisi, la sostenibilità e le nuove professionalità. Attraverso la contrattazione a tutti i livelli possiamo diffondere questa nostra cultura, in una transizione verso un sistema economico che cerchi di non lasciare indietro nessuno, assicurando un equilibrio sociale e assistenziale all’interno di una società sempre più vecchia. Questo significa individuare nuove modalità per garantire il diritto alla formazione e all’aggiornamento professionale, il riconoscimento e la certificazione delle competenze, ma anche nuove forme di invecchiamento attivo che consentano ai lavoratori più maturi di dare il loro contributo nei limiti una loro disponibilità. In questo senso la centralità della professionalità può essere una chiave di svolta. La professionalità non è solo tecnicismo che identifica competenze iper specializzate, la professionalità è anche saper riconoscere il valore di quelle competenze relazionali e sociali che sono sempre più richieste dalla nostra società e dalle nostre imprese.

Da uno studio sulle aziende Top 500 trevigiane, presentato giovedì scorso, emerge che il capitale umano è al centro del nuovo scenario competitivo, con degli impatti significativi sulle aziende che identificano tra i rischi connessi alla difficoltà di assumere dei lavoratori altamente specializzati la possibile perdita di capacità innovativa e degli standard di qualità oltre che perdere opportunità di mercato e pertanto fallire gli obbiettivi di crescita. 

Dobbiamo quindi continuare a praticare il nostro lavoro di contrattualisti e attraverso forme di negoziazione e partecipazione innovative, rilanciare da protagonisti una stagione sindacale nuova, impegnandoci tutti a perseguire attraverso la contrattazione i principi di valorizzare il lavoro e i lavoratori e ritornare a dare nuovo impulso alle tutele collettive perché i temi con i quali confrontarci con le nostre controparti sono molti.

 

La contrattazione aziendale e territoriale, elemento di sviluppo della produttività, di redistribuzione delle risorse economiche, di welfare e anche a salvaguardia dell’ambiente

In questi anni il welfare aziendale si è affermato come uno dei temi più importanti nella negoziazione sindacale a tutti i livelli, dalla previdenza e della sanità integrativa, al welfare aziendale o bilaterale. La normativa fiscale introdotta nel 2016 ha sicuramente favorito questa evoluzione. Le analisi dell’OCSEL, l’Osservatorio della CISL sulla contrattazione di secondo livello, indicano che nel biennio 2016-17 il welfare è cresciuto più di ogni altro tema: nei contratti sottoscritti in quel periodo le misure di welfare sono cresciute dal 18% al 27%, diventando in pochi anni la terza materia di negoziazione, in ordine di importanza, dopo il salario e gli accordi per le ristrutturazioni o la gestione di crisi. 

 

Si tratta di numerose iniziative: dai servizi aziendali, le spese scolastiche, mense, trasporti, e altre azioni rivolte ai figli e familiari dei lavoratori, al sostegno ai soggetti deboli e/o di integrazione sociale al Welfare allargato alla comunità e al territorio. Concepito in questo modo, il welfare aziendale con quello bilaterale sta acquisendo un nuovo e più ampio significato diventando uno strumento utile per rafforzare la sostenibilità dell’impresa occupandosi dell’adeguamento delle competenze attraverso la formazione e del benessere e della sicurezza sociale dei lavoratori e delle loro famiglie. Diversi sono gli esempi praticati nel nostro territorio da parte delle categorie.

 

Una leva contrattuale rivolta ai lavoratori, certamente, ma può diventare di rilievo strategico perché ci può permettere di gestire il ruolo sociale dell’impresa, non solo nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori, ma anche all’esterno dell’azienda valorizzando e salvaguardando il territorio e l’ambiente, espandendo il concetto di economia circolare e a sostegno del Green new deal europeo, investendo risorse con una maggiore convinzione rispetto a quanto fatto sino ad ora sulle energie rinnovabili, sulle tecnologie innovative, sulla mobilità sostenibile, nel patrimonio edilizio, sulla bonifica dei territori inquinati, sulla gestione virtuosa dei 

 

Quello che oggi serve maggiormente è saper cogliere le molte opportunità date da questo tempo 

 

C’è ancora molto da fare in tutti gli ambiti del lavoro, quello pubblico sempre più squalificato, nella scuola, nella sanità, nei luoghi di lavoro polverizzati e nelle grandi aziende del territorio, dove in alcune realtà si è già compreso  che anche le crisi aziendali non si affrontano più con gli strumenti collaudati dal sindacato nell’ultimo decennio perché  sono cambiati gli interlocutori, ma noi continuiamo ad essere al fianco dei lavoratori di quelle aziende e a sviluppare la nostra capacità di rappresentare e assicurare la redistribuzione di benessere ed equità economica, sociale e oggi anche ambientale. 

 

Come sempre spetta a noi essere capaci di imparare velocemente ad adattare la nostra azione sindacale al meglio perché solo così riusciremo ad essere sempre dei riferimenti importanti per la nostra gente, così come siamo stati capaci di esserlo nei momenti più difficili della storia sindacale.

Sono certa che continueremo a farlo perché quello che ci unisce è la passione per la difesa del bene comune e la tutela degli interessi delle fasce più deboli della società e confido che questa sia la chiave che ci farà traguardare risultati di miglioramento importanti per il lavoro e per tutta la Cisl.

* Segretario generale Cisl Belluno Treviso, Sintesi della relazione del CG 18/11/2019

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