L’attesa sentenza della Suprema Corte del 24 gennaio 2020 n. 1663 ha riportato al centro del dibattito la natura giuridica del discusso rapporto di lavoro con i riders.
Al di là della qualificazione giuridica di tali rapporti adottata dalla Cassazione con significative correzioni circa le motivazioni della Corte di Appello di Torino n. 22 del 4 febbraio 2019, sono di grande interesse le potenzialità applicative della pronuncia di legittimità, nell’ambito dei rapporti di lavoro autonomi in generale, grazie alle ampie argomentazioni intorno alla tipologia dei rapporti caratterizzati dalla etero organizzazione. Per taluni profili, ripresi nel prosieguo, rimane, tuttavia, aperta la possibilità di interpretazioni diversificate intorno alla natura contrattuale a cura dei giudici di merito.
Occorre ancora notare in premessa come la Corte, per quanto riguarda l’eventualità della natura subordinata dei rapporti in questione, si limiti a non escluderla senza, tuttavia, affrontare segnatamente l’argomento, in assenza di ricorso incidentale sullo specifico tema.
La sentenza di legittimità richiamata si presta ad essere letta sotto vari profili:
- Conferma della riconduzione dei rapporti all’esame nell’alveo dell’art.2 del D.lgs n.81/2015, che, com’è noto, in chiave antielusiva, nell’ipotizzare la collaborazione organizzata dal committente, prevede l’applicazione delle tutele proprie del rapporto di lavoro subordinato. Sappiamo che al riguardo deve ricorrere la condizione della ricorrenza di taluni indici fattuali (prestazioni personali, continuità delle stesse, etero-organizzazione da parte del committente), indici che non solo giustificano l’applicazione delle predette tutele, ma che esonerano da ogni ulteriore indagine il giudice che “ravvisi la concorrenza di tali elementi nella fattispecie concreta, senza che questi possa trarre nell’apprezzamento di essi un diverso convincimento nel giudizio qualificatorio di sintesi”.
È noto, poi, che nel frattempo la normativa specifica è stata novellata e integrata dalla legge 2/11/2019 n.128 di conversione del D.L 3/09/2019 n.101, che all’art.47 bis detta disposizioni specifiche proprio per i riders (v. per i dettagli la News letter N.V. n.247). La Suprema Corte vede così confermata la volontà legislativa di “incoraggiare interpretazioni non restrittive”, in quanto le nuove disposizioni, che prendono, peraltro, le mosse dalla decisione della Corte di Appello di Torino rendono “più facile l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, stabilendo la sufficienza – per l’applicazione della norma – di prestazioni prevalentemente e non più esclusivamente personali, menzionando esplicitamente il lavoro svolto attraverso piattaforme digitali e, quanto all’elemento della etero-organizzazione, eliminando le parole anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.
Nel confermare il dispositivo della sentenza di merito – senza cassarla, grazie anche alla sua motivazione – la pronuncia di legittimità all’esame esclude la riconduzione del caso previsto dall’art.2, comma 2 del D.lgs. n.81/2015 a un tertium genus, facendo così anche venir meno l’ipotesi di incostituzionalità anch’essa sollevata. Per la Corte si verte in una norma di disciplina e non di fattispecie.
- Le considerazioni sulla riforma dell’art.2, come accennato in premessa, rendono naturalmente suscettibili di significativa estensione la pronuncia di legittimità in commento, dovendo ritenere potenzialmente attratti nella disciplina che interessa anche gli autonomi (v., ad esempio, fattispecie art.409 c.p.c).
- Altra conseguenza ricavabile dalla lettura della pronuncia più volte richiamata è l’estensione di tutte le tutele del lavoro subordinato ai rapporti etero-organizzati (non così la Corte di Appello di Torino, che esclude esplicitamente i licenziamenti). È al centro del dibattito, tuttavia, l’affermazione dei giudici di legittimità secondo i quali “non possono escludersi situazioni in cui l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione sia ontologicamente incompatibile con le fattispecie da regolare, che per definizione non sono comprese nell’ambito dell’at.2094 c.c., ma si tratta di questione non rilevante nel caso sottoposto all’esame di questa Corte”. Se ne potrebbe, quindi, dedurre che il problema delle tutele applicabili rimane aperto, rimesso evidentemente ai giudici di merito nell’esame delle singole fattispecie.
- Di interesse per i risvolti applicativi appaiono anche le argomentazioni svolte dalla Corte circa il perimetro delle etero-organizzazioni rispetto al coordinamento, tema non di poco conto ai fini della stessa qualificazione dei rapporti.
Stando all’ultima versione del’art.409, terzo comma, del c.p.c., nel testo modificato dall’art.15 della legge n.81/2017, le modalità di coordinamento sono stabilite di comune accordo tra le parti, mentre l’etero-organizzazione è prerogativa – come tale imposta – del committente. Tenuto conto che il potere datoriale unilaterale dovrà estendersi anche alla fase genetica del rapporto, oltre che a quella dello svolgimento, la soluzione circa la qualificazione del rapporto dipende problematicamente anche dalle modalità di funzionamento dell’attività.
- Altro profilo controverso è costituito, infine, dal carattere della continuità delle prestazioni, quale elemento fattuale che dà accesso alle tutele del lavoro subordinato. Trattasi di un indice non preso in considerazione dalla sentenza di legittimità e che, pertanto, rimane anch’esso aperto, in assenza di indicazioni circa il suo confine. Una chiarificazione si impone anche in considerazione della disciplina sopravvenuta con la legge n.128/2019 di modifica all’art.2 del D.lgs n.81/2015, che tratta anche dei ciclo e moto-fattorini apparentemente occasionali; sull’estensione o meno delle intere tutele del lavoro subordinato a tali figure si rinvia ancora alla già menzionata News letter N.L. n.247.
Conclusivamente, la sentenza in commento, se da una parte ha fatto chiarezza sulla natura del rapporto dei riders con importante estensione anche alla categoria degli autonomi in generale, lascia ancora aperto, per le considerazioni di cui sopra (v., tra l’altro, in particolare il problema del coordinamento), il controverso tema della qualificazione dei rapporti, che finisce per essere rimesso di volta in volta alle decisioni della magistratura ordinaria.