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Il RdC in un piano di contrasto alla povertà educativa.

1. Pur con i limiti strutturali presenti e sempre da segnalare, il Reddito di Cittadinanza (RdC) può essere utilizzato, chiarendone alcuni aspetti applicativi in via amministrativa, per affrontare – con risorse professionali ed economiche aggiuntive a quelle attualmente impegnate e in una più larga dimensione –  povertà educativa e dispersione scolastica in una logica di rete pubblica/privata territoriale. 

2. Un primo limite: la limitata copertura.  Sono 1.260mila i minori in povertà assoluta nel 2018, secondo l’ISTAT. Le famiglie con minori in povertà assoluta sono oltre 725mila. 

Quanto di questo bacino è coperto dal reddito di cittadinanza?

L’Osservatorio INPS rileva che sono 377.951 i nuclei con presenza di minori. Non è individuabile con precisione il numero totale dei minori interessati . I nuclei familiari con minori sarebbero comunque, circa la metà delle famiglie in povertà assoluta con minori.

Un secondo limite. E’ da ricordare la sottovalutazione del peso dei minori (maggiore per i minori disabili) nella scala di equivalenza nel riconoscimento delle risorse economiche. Il limitato differenziale dell’importo medio mensile per numero di componenti dei nuclei con minori e la comparazione tra nuclei con o senza minori evidenzia gli effetti di tale sottovalutazione. Da correggere.

Terzo limite. E’ da eliminare il criterio di residenza pluriennale del nucleo in Italia per l’effetto di  escludere i minori stranieri. 

 3. Nonostante questi limiti “strutturali” è possibile, in questa seconda fase applicativa, ipotizzare alcuni percorsi a carattere inclusivo con riferimento al contrasto alla povertà educativa e all’abbandono scolastico e formativo. Ciò anche a dispetto dell’eccessiva presunzione dedicata all’inserimento lavorativo presente nel provvedimento (che ha sottovalutato, a riguardo, la presenza ed efficacia della strumentazione di attivazione, la presenza differenziata territorialmente della domanda delle imprese in carenza di interventi complementari sullo sviluppo economico sostenibile e inclusivo).

Nel contrasto alla povertà educativa, due sono le piste di lavoro già a disposizione, tra loro complementari: i patti di inclusione sociale e gli stessi progetti di utilità collettiva (PUC). Tali piste possono configurarsi come linee di azione di un piano di utilizzo del RdC in contrasto alla povertà educativa, coordinato a livello nazionale tra i due ministeri (Lavoro e MIUR), Regioni, ANCI, aperto all’apporto di INPS e ANPAL e al confronto con il terzo settore, con sviluppi operativi a livello comunale e di ambito, in una logica di welfare locale. La esistenza ed il funzionamento delle due piattaforme tecnologiche è condizione di facilitazione, ma no è sufficiente nella gestione dei processi. Anche per la parte relativa all’inclusione è necessario il supporto dell’assistenza tecnica ai soggetti coinvolti. 

La prima pista. Circa il 50% dei nuclei beneficiari è inviato ai servizi al fine di essere destinatario di un patto di inclusione sociale secondo le Linee guida formulate dal Ministero del Lavoro. Gli interventi in questa prima direzione sono in quantità rilevante. 

I soggetti beneficiari, non ritenuti occupabili, sono convocati dai servizi dei comuni o di ambito al fine di una valutazione multidimensionale. Le linee guida, che mettono a disposizione strumenti elaborati a livello centrale e finalizzati al patto di inclusione  esplicitano come uno dei possibili contenuti   le misure di contrasto alla povertà educativa. I trasferimenti monetari, in questo caso, sono vincolati alla frequenza scolastica del minore ovvero alle condizioni fissate nel patto di contrasto alla povertà educativa che può prevedere attività complementari facilitanti il superamento delle condizioni di deprivazione materiale e relazionale.

Nelle scelte dei comuni quindi può diventare interessante, considerate le condizioni di contesto territoriali e la presenza significativa di minori in famiglie beneficiarie di RdC , attivare i servizi in una linea di intervento dedicata. In collegamento con le scuole vanno individuati i nuclei con minori in età di obbligo scolastico e formativo con difficoltà di frequenza in modo da inserire il beneficio del RdC dentro percorso di responsabilizzazione diretta dei genitori, di attenzione degli operatori scolastici, di motivazione/ rimotivazione dei ragazzi. Si tratta a riguardo di costruire una rete dedicata e coordinata in grado di riunire e ottimizzare tutti gli interventi professionali ed economici, pubblici e privati, presenti nel territorio.

La seconda pista. I PUC, sono a disposizione dei centri per l’impiego e dei comuniper il tramite della sottoscrizione del patto di lavoro o di inclusione sociale.  Per quanto riguarda i primi soggetti destinatari si configura nella prospettiva di attivazione verso il lavoro, in assenza di domanda locale. (Ciò è più rilevante nelle aree meridionali).

Sono i comuni che devono indicare le attività in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni in cui avviare i progetti, ricorrendo a soggetti, pubblici, del terzo settore ovvero altri enti non profit. La costituzione di un livello di coordinamento tra gli stakeholder del territorio dedicati all’inclusione dei minori in situazione di disagio formativo è condizione qualificante dello sviluppo successivo: la scelta delle attività concernenti interventi di sostegno diretto al profitto scolastico e delle  attività complementari; il processo di definizione degli enti impegnabili nei progetti; i criteri di selezione dei beneficiari del RdC.,  i criteri e la gestione della selezione dei progetti.

La prevista attivazione dei beneficiari da parte dei Centri per l’Impiego e dei i servizi dei comuni e di ambito ne rafforza la necessità di coordinamento delle modalità di attuazione.

4. Il RdC può rappresentare pertanto, oltre ad una variante di politica attiva del lavoro che coinvolge settori di popolazione in precedenza trascurati, anche un’opportunità per sviluppare interventi più consistenti e coordinati di contrasto alla povertà educativa e all’abbandono formativo.

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