Vaccinare i dipendenti nelle sale mediche aziendali: una buona idea. La proposta lanciata dal presidente di Confindustria non va lasciata cadere nel vuoto, ma raccolta perché riprende un filone fondamentale delle lotte del movimento sindacale sin dagli anni ’70.
Uno dei passaggi fondamentali – e che caratterizza tuttora l’azione sindacale – è la tutela dei lavoratori e, parlando dei metalmeccanici, con i contratti nazionali l’estensione della tutela anche ai famigliari. Naturalmente come tutte le idee innovative prima lo hanno fatto i metalmeccanici Cisl, nel Ccnl del 2012, poi è arrivata a firmare anche la Fiom nel 2016.
Infatti l’istituzione nel contratto nazionale del 2012 della Previdenza sanitaria integrativa con la sua successiva estensione all’assistenza ai famigliari, del 2016, realizza un passo importantissimo: abbina la necessità di assistere e tutelare la salute dei famigliari del lavoratore attraverso la contrattazione collettiva nazionale. Questo obiettivo si congiunge storicamente con le lotte, a partire dagli anni ’60 e ’70, sulla tutela della salute dei lavoratori in cui si rivendicavano le sale mediche aziendali. Le lotte sindacali, considerando anche i grandi eventi tragici come Seveso, avevano l’obiettivo di collegare il tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro al territorio, all’inquinamento delle fabbriche nell’ambiente circostante. La sala medica aziendale e la sua conquista diventava, nell’idea sindacale, il luogo in cui raccordare la fabbrica e il territorio.
Quindi nell’idea sindacale la sala medica aziendale era, ed è diventata in tanti casi attraverso la contrattazione aziendale, il luogo in cui si facevano pratiche raccordate con la sanità pubblica. Ricordo che nel 1980 quando andai con la Flm a Ricigliano come volontario per dare aiuto ai terremotati dell’Irpinia, l’antitifica la feci nella sala medica della Fiat Avio. Peraltro il medico forse non amava particolarmente il sindacato perché non fece un’ iniezione ma mi “piantò” l’ago. Nelle sale mediche di molte grandi aziende, tramite la contrattazione aziendale, si effettuano terapie minimali prescritte dal medico di base al lavoratore.
La proposta di Confindustria va colta al volo, approfondita, concordata con le organizzazioni sindacali e messa in campo. D’altra parte è anche il proseguimento concreto del lavoro fatto dal sindacato confederale sui protocolli sulla sicurezza nei territori a livello prefettizio. Ed è anche la conferma che nelle aziende e sul territorio, nei Comitati per la sicurezza, imprese e sindacato hanno lavorato bene, con efficienza, garantendo livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro eccellenti.
Qualcuno osserverà subito: chi sono i famigliari? Sono coloro i quali hanno diritto alla prestazione sanitaria Integrativa prevista dai contratti. Una seconda osservazione sarà sicuramente che in questo modo “si salta la fila” relativamente alle categorie che devono essere vaccinate con priorità sociale e/o di salute favorendo il profitto delle imprese. Direi che invece è la valorizzazione della rappresentanza sociale esercitata dai corpi intermedi, sindacato e imprese.
La ripresa dell’economia è non uno dei tanti, ma il punto fondamentale per fare ripartire il Paese, e immunizzare il lavoratore dipendente in tutte le sue tipologie contrattuali, insieme ai suoi famigliari. Ciò significa, tendenzialmente, vaccinare i ceti medio bassi della popolazione. Quindi è anche azione sindacale di tutela di strati sociali della popolazione.
Una terza osservazione dirà: come fanno a vaccinarsi nelle aziende che non hanno sala medica? Il presidente Bonomi ha dichiarato che Confindustria metterà a disposizione anche luoghi pubblici e esterni alle aziende. D’altra parte anche il sindacato ha una figura come il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sul territorio.
Insomma, se l’assunto, sempre dichiarato dal presidente di Confindustria, per cui è ora che le parti sociali non si incontrino più separatamente con il Governo ma congiuntamente – posizione condivisibile – vale allora anche l’idea che imprese e sindacato lavorino insieme nelle aziende per gestire un fondamentale piano vaccinale per i lavoratori e i loro famigliari. Non potrebbe essere altrimenti considerato che il lavoro congiunto svolto nelle aziende per gestire i cambiamenti dell’organizzazione del lavoro in tempi di Covid è risultata l’arma vincente. E solo un sindacalista può sapere quanto sia complicato cambiare le abitudini dei lavoratori e della struttura gerarchica nell’impresa.
Si conferma anche stavolta, nei fatti, che il modello del sindacato della partecipazione inventato dalla Cisl, ormai quarantennale dopo la sconfitta dei 35 giorni alla Fiat del 1980, è quello vincente.
Quindi per dirla con il Manzoni: “Avanti, Pedro, con giudizio…”.