Nell’ultimo anno, la pandemia ha imposto ad imprese, istituzioni e amministrazioni una rapida digitalizzazione organizzativa e funzionale per garantirsi continuità operativa (remote working, didattica a distanza, front-office virtuali, eccetera). In molte aree del paese, queste modalità operative sono penalizzate dalla scarsa disponibilità di infrastrutture digitali di qualità adeguata. Di infrastrutture a banda larga, in particolare nell‘accezione “rete unica”, si discute da anni, talvolta ideologicamente, pensando all’antica dicotomia fra Stato e mercato e ad incrementare la concorrenza tra gli operatori di rete, mentre l’economia digitale è egemonizzata, tecnicamente e finanziariamente, dalle piattaforme e la tecnologia di comunicazione mobile 5G sta per dispiegarsi sul campo per essere impiegata nella ulteriore capillare digitalizzazione di processi e sistemi.
In premessa, va considerato che, anche dal punto di vista politico, sia in Europa che in Italia, si va confermando una concezione “costituzionale” della connettività, che già nel 2014 Stefano Rodotà aveva promosso nella Dichiarazione dei diritti in Internet. Dichiarazione approvata il 28 luglio 2015 dalla Commissione per i Diritti e i Doveri relativi ad Internet, istituita presso la Camera dei Deputati e poi recepita dall’Aula il 3 novembre 2015 nella quale si legge che «ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate»1.
La pandemia ha poi purtroppo dimostrato cinque anni dopo che essere connessi ad una rete di comunicazione digitale, con adeguata larghezza di banda, non è solo un principio irrinunciabile per esercitare pienamente i diritti di cittadinanza, ma anche condizione operativa necessaria per poter lavorare, imparare, interagire con i sistemi sanitari e amministrativi. In realtà, con la fine del regime di monopolio e con la liberalizzazione di reti e servizi di comunicazione, la nozione di servizio universale propria storicamente del settore dei telegrafi, delle poste e delle telecomunicazioni è stata sostituita da quella di servizio pubblico assegnata agli editori di programmi radiofonici e tele- visivi trasmessi in radiodiffusione circolare (broadcasting) e dotati di una apposita missione di servizio rivolta all’insieme di una determinata comunità. Con notevoli difficoltà e disomogeneità, l’obiettivo è stato quello dioffrire, a costi sostenibili e ovunque, senza discriminazioni, accesso a reti e servizi digitali di info-comunicazione di qualità, ovvero larghezza di banda e velocità trasmissiva crescenti al ritmo dell’innovazione tecnico-applicativa.
Va segnalato che tale obiettivo non è stato finora adeguatamente e concretamente imposto agli operatori da legislatori e Autorità di controllo, nazionali ed europee, ma che la situazione sembra poter migliorare con la definizione degli obiettivi Digital Compass 20302, attuabili anche in forza delle politiche infrastrutturali nell’universo digitale che saranno realizzate nel Programma Next Ge- neration EU.
Come in altri paesi europei, anche in Italia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR3, denominato anche Italia Domani o #NEXTGenerationItalia) destinerà risorse alle reti a banda larga e ultra larga, fisse e mobili. Nel documento trasmesso ufficialmente, a fine aprile 2021, dal Governo italiano alla Commissione europea, l’investimento pubblico nelle reti e nei progetti di connettività dei sistemi pubblici (scuola e sanità) ammonterà a circa 6,7 miliardi di euro, che verrebbero amplificati da co-investimenti privati per 2,7 miliardi (Fig. 1).
1Il testo della Dichiarazione, che è stato elaborato dalla Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet anche attraverso consultazione pubblica e audizioni, è consultabile online sul sito della Camera dei Deputati.
Cfr. https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/commissione_internet/dichiara- zione_dei_diritti_internet_pubblicata.pdf.
2Il 9 marzo 2021 la Commissione ha presentato una visione e prospettive per la trasformazione digitale dell’Europa entro il 2030. In questa “bussola per il digitale” la Commissione propone non solo obiettivi ambiziosi, ma anche un solido meccanismo di governance, pietre miliari fondamentali chiare e strumenti pratici per facilitarne l’attuazione, in particolare nella prospettiva di un quadro per progetti multi-paese. La comunicazione include un sistema di monito- raggio che misura i progressi dell’Unione europea rispetto agli obiettivi chiave per il 2030, e tiene anche conto degli enormi cambiamenti legati alla pandemia di coronavirus, che ha accelerato l’uso degli strumenti digitali, dimostrando le loro opportunità ed “esponendo la vulnerabilità della nostra società a nuove disuguaglianze digitali”. Cfr. Commissione Europea, Decennio digitale europeo: obiettivi digitali per il 2030.https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities2019-2024/europe-fit-digital-age/europes-digital-decade-digital-targets-2030_it. Cfr. COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS 2030, Digital Compass: the European way for the Digital Decade COM/2021/118 final. Cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=CELEX%3A52021DC0118.
*Stralcio da Democrazia Futura, n.2 2020 testo integrale nel file
** ingegnere autore di ricerche, saggi e rapporti sul mondo digitale e le tecnologie dell’informazione
*** storico dei media e funzionario presso la Direzione Relazioni Istituzionali della Rai