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La gestione partecipata cambia l’ Amministrazione giudiziaria

Il problema: lo sviluppo organizzativo degli Uffici Giudiziari può contribuire alla competitività dell’Italia?

Il sistema di Giustizia Italiano, rispetto ad altri paesi europei, non è più costoso: è gravemente lento.
Il Sistema di Giustizia Italiano in termini di spesa per la giustizia costa circa 7,7 miliardi di euro (pari all’1,5% della spesa pubblica globale), un costo inferiore all’1,6% della Germania e all’1,9% del Regno Unito ma superiore all’1,1% della Francia e all’1% della Spagna. Il costo pro capite risulta pari a 73 euro per abitante in Italia, contro i 91,4 della Spagna, i 60,5 della Francia. Insomma non molto discosto dagli altri paesi europei.

Ma è il “livello di servizio” che è in generale critico, in particolare molto lento: nella giustizia civile ad esempio, il rapporto annuale tra i casi pendenti e i casi sopravvenuti è superiore al 100%, ossia ogni anno vi è cronicamente un arretrato pari all’insieme delle cause da trattare, ossia un backlog che non si svuota mai. In altri Paesi questo rapporto è fra il 10 e il 40%. 

Il sistema economico italiano, a causa dell’inefficienza della giustizia, perde un valore stimato in circa l’1% del Prodotto Interno Lordo: transazioni che rimangono bloccate, controversie che si protraggono creando incertezza del diritto, spese legali esorbitanti e molto altro. Lentezze e incertezze della giustizia civile incidono pesantemente sul basso livello di competitività dell’Italia e allontanano gli investitori stranieri: per evitarle molte aziende multinazionali e italiane ormai stipulano contratti all’estero. 

La Giustizia in sintesi è una delle componenti  della bassa competitività dell’Italia.

Il problema di migliorare l’efficacia e efficienza della Giustizia è stato più volte affrontato. Le colpe di volta in volta sono state attribuite alla scarsità di risorse e alle carenze di organico; alla farraginosità dell’assetto normativo; alla mancata o insufficiente depenalizzazione; alla mancata revisione delle circoscrizioni giudiziarie; al numero abnorme di avvocati iscritti agli ordini professionali; ai ritardi nel processo di informatizzazione; alle carenze di competenza manageriale dei capi degli uffici. Ciascuna di queste motivazioni appare probabilmente sensata, ma nessuna di spiega perché a parità di condizioni ci sono Uffici Giudiziari con risultati di efficacia e efficienza molto diversi dipendenti da diversi funzionamenti organizzativi. Varie le riforme legislative ed ingenti gli investimenti in informatica infine, ma scarsi i risultati. 

 E’ troppo complicato fare un piano nazionale che riorganizzi le Pubbliche Amministrazioni e anche l’Amministrazione della Giustizia? No. Un “piano nazionale di intervento organizzativo pianificato centralmente e realizzato localmente di singole Pubbliche Amministrazioni”, era stato attuato dall’americano “Reinventing Governement” e dall’inglese “Next Steps” e ha avuto un grande successo. Nel 2008 Fondazione IRSO ed il Politecnico di Milano avevano predisposto per il Ministero della Pubblica Amministrazione una proposta contenuta nel volume Federico Butera e Bruno Dente, Change Management nelle Pubbliche Amministrazioni: una proposta, ma il progetto nel suo complesso non era stato avviato.

Non è nato in Italia un piano come quello di Clinton e Gore. Ma in Italia vi è stata però una eccezione: il progetto Best Practices della Giustizia a cui qui facciamo riferimento. Comprenderne i successi e gli insuccessi e rilanciarlo in nuove forme aiuterebbe a recuperare una parte di quell’1% di PIL, a rendere la Giustizia più trasparente e accessibile e a migliorare le condizioni d lavoro di chi opera negli uffici. E forse anche a programmarne altri interventi in altri settori della Pubblica Amministrazione fondamentali per la ripresa della competitività italiana, come ad esempio nel campo dei Beni Culturali e del Turismo, nella Ricerca, nella Sanità e in altri. 

 

Come cambiare l’organizzazione di un Tribunale o di una Procura? Intervenire sulla organizzazione reale

Gli Uffici Giudiziari (Tribunali Ordinari, Tribunali dei Minori, Corti di Appello, Corti di Cassazione, Procure e altre) al pari degli ospedali, dei giornali, delle scuole e delle università, dei musei e dei teatri, delle società sportive, sono expert dependent organizations cioè organizzazioni disegnate per regolare e supportare l’attività di esperti e professionisti, in questo caso i magistrati inquirenti e giudicanti. L’organizzazione in questi casi è spesso disegnata come puro contenitore procedurale per l’esercizio della professione, più come una burocrazia che non come un sistema per generare cooperazione fra tutte le componenti dell’organizzazione, per assicurare il coordinamento, per conseguire i risultati complessivi.

 Anche l’attività professionale dei medici, dei professori, dei giornalisti, degli avvocati etc., per la loro rilevanza e per la prevalenza del potere tecnico dei professionisti è stata per lo più disegnata mettendo in ombra i processi direzionali e organizzativi come la pianificazione strategica, il coordinamento e controllo, la programmazione, la regolazione dei flussi, la valutazione dei risultati, la gestione delle risorse, la gestione delle persone, la gestione delle tecnologie informative e altre dimensioni chiave del moderno management. L’organizzazione è stata spesso considerata un “male necessario” e affidata a “dirigenti amministrativi” che spesso vengono vissuti come portatori di vincoli burocratici, detentori di potere, in competizione con i “professionisti” che sono quelli che assicurano i servizi primari e sono quelli che danno valore all’Ente. 

 Organizzazione e management nei singoli Uffici Giudiziari non sono tradizionalmente state considerate aree di possibile cambiamento da parte dei Magistrati: si crede che questo vada affidato alla  legge e alla gestione centralizzata del Ministero della Giustizia e del CSM. 

 Ridisegnare formalmente “il sistema giustizia” che contiene vincoli normativi, interessi e ideologie molto consolidate è difficile quanto quadrare il cerchio. Diventa più facile se si concepisce un Ufficio Giudiziario come una “organizzazione reale” che fornisce servizi ai cittadini :. 

Essa è costituita da diversi “strati coesistenti” di organizzazioni che rimangono debolmente connesse fra loro finchè prevale la cultura burocratica ma che possono essere invece unificate se hanno come scopo condiviso il servizio al cittadino e se in esse prevale cooperazione, comunicazione, scambio di conoscenze, senso di comunità. 

Riorganizzare una “organizzazione reale” in un tribunale vuol dire concretamente ridisegnare i processi, i ruoli e l’organizzazione del lavoro, usare appropriatamente le tecnologie, formare giuristi e personale amministrativo a comprendere e gestire le dimensioni organizzative, generare motivazione e impegno anche in assenza di ricompense materiali  ciò può avere effetti straordinari sull’efficacia e l’efficienza degli stessi uffici.

 

Un programma di change management lanciato top down e realizzato bottom up: Best Practices della Giustizia

Nel 2009, sulla base dei positivi risultati raggiunti nello sviluppo organizzativo della Procura di Bolzano, il Ministro della Giustizia, il Ministro della Pubblica Amministrazione e le Regioni avevano concordato con l’Unione Europea un progetto interregionale denominato “Diffusione di buone pratiche negli Uffici Giudiziari in Italia” finanziato dal Fondo Sociale Europeo. Al Progetto hanno aderito 23 Regioni, 190 Uffici Giudiziari e sono stati attivati 700 cantieri esecutivi. 

Il progetto Best Practices Giustizia non ha riguardato il contenuto e le forme dell’attività giurisdizionale dei magistrati e non ha previsto la formulazione di proposte legislative. Esso costituisce un esperimento di valorizzazione del “margine di manovra” di miglioramento organizzativo e gestionale alla portata dei poteri gestionali già esistenti del Gruppo Dirigente dei singoli Uffici Giudiziari. Esso si riprometteva fra l’altro di attivare la guida e l’attiva partecipazione dei Magistrati e del personale di cancelleria con il supporto abilitante di società di consulenza come leva principale per migliorare il funzionamento organizzativo degli Uffici Giudiziari. 

Il progetto Best Practices prevedeva sei “linee di servizio” che società di servizi assegnatarie avrebbero  dovuto offrire agli Uffici Giudiziari di cui le prime due (“Analisi e riorganizzazione degli uffici giudiziari al fine di migliorare l’efficienza operativa e l’efficacia delle prestazioni rivolte agli utenti interni ed esterni”; “Analisi dell’utilizzo delle tecnologie, adozione ed utilizzazione delle stesse per il miglioramento organizzativo” ) hanno rappresentato la stragrande maggioranza degli interventi (569 + 379 in 190 uffici giudiziari): queste linee di servizio in realtà implicavano progetti di change management che per essere tali richiedono sempre una forte integrazione fra i soggetti ( magistrati, personale amministrati, soggetti esterni) e fra gli oggetti di intervento (processi di lavoro, ruoli, informatica, formazione) ma soprattutto una forte committenza con la fissazione di obbiettivi specifici da parte dei Capi Ufficio e dei loro Comitati Guida e la continua misura dei risultati fissati dalla dirigenza dei singoli uffici.

Il Progetto di riorganizzazione degli Uffici Giudiziari della Lombardia, denominato “Innovagiustizia”, è stato il primo e finora quello di riferimento. E’ stato finanziato dal Fondo Sociale Europeo attraverso una gara indetta dalla Regione Lombardia vinta da una RTI guidata dalla Fondazione Politecnico e coordinata dalla Fondazione Irso che ha coinvolto gli Uffici Giudiziari di Milano, Monza, Varese, Crema, Cremona, Brescia, Lecco. Nell’ambito di tale progetto in particolare la Fondazione Irso ha seguito il progetto di riorganizzazione del Tribunale e della Procura di Monza.

 

Il Tribunale e la Procura di Monza: Uffici Giudiziari “capaci di cambiare”  

Il Tribunale e della Procura di Monza, all’interno del progetto Innovagiustizia, hanno adottato il metodo di change management strutturale basato su un “piano industriale e istituzionale” e sull’attivazione di cantieri”. Il “piano” si riprometteva risultati tangibili di efficienza e di trasparenza dell’”organizzazione reale” e un marcato rendimento istituzionale sul territorio. I “cantieri” erano i progetti operativi realizzati da gruppi di magistrati e personale amministrativo.

Il Presidente del Tribunale Annamaria Di Oreste e il Procuratore della Repubblica Corrado Carnevali avevano costituito un Comitato Guida. Le attività sono state stimolate e coordinate da Giuseppe Airò, Presidente della Sezione Penale e da Luisa Zanetti, Procuratore Aggiunto. Fondazione Irso ha offerto una consulenza abilitante, con un team di consulenti esperti guidati Federico Butera, fra cui Maurizio Carbognin che ha seguito il coordinamento di Innovagiustizia e a Monza il sistema direzionale e Sebastiano Di Guardo che ha curato il cantiere della Volontaria Giurisdizione che presentiamo nel prossimo paragrafo. 

I “cantieri” consistevano in attività di miglioramento e cambiamento con oggetto e risultati chiaramente identificati, svolti in tempi brevi e alla portata delle analisi e della progettualità delle persone coinvolte. A Monza furono

  • riprogettati i processi e l’“organizzazione reale” di: 

       decreti penali di condanna, ad esempio quelli per guida in stato di ebbrezza

       vendite immobiliari 

       volontaria giurisdizione

       cancellerie riunificate dell’area penale 

  • predisposto il bilancio sociale e la carta dei servizi
  • accompagnate le adozioni delle tecnologie telematiche
  • definiti un sistema di pianificazione e controllo e un cruscotto direzionale per il Tribunale
  • avviato un sistema di monitoraggio dei carichi di lavoro della Procura 
  • costituito un Ufficio Programmazione e Innovazione e un Ufficio Rapporti con il territorio 
  • attivato un sito web e condotte numerose attività di comunicazione 
  • costituito un tavolo della Giustizia a cui partecipano le Istituzioni Locali 
  • avviata la costituzione di una Fondazione per la Giustizia
  • accompagnamento dell’accorpamento della sede di Desio

 

Il progetto di cambiamento degli Uffici Giudiziari a Monza ha ricevuto 4 premi europei per l’innovazione da parte di Istituzioni Italiane e europee. 

I risultati tangibili del progetto di Monza hanno riguardato l’eliminazione di arretrati, la riduzione dei tempi di attesa per i Cittadini, l’eliminazione di attività semplici con concentrazione su quelle più critiche, l’efficientamento delle cancellerie, la trasparenza dei procedimenti e altro. I risultati socio-organizzativi sono stati costituiti dal forte miglioramento della integrazione fra Tribunale e Procura, fra magistrati e cancellieri, fra Tribunale e soggetti terzi (pubblico, avvocatura, enti portatori di interesse); lo sviluppo di ruoli orientati al risultato; il rafforzamento di competenze e capacità organizzative di magistrati e personale amministrativo; la responsabilizzazione del personale alla gestione del servizio e non solo all’esecuzione; la generazione di agenti di cambiamento. Questi risultati fanno prevedere che gli Uffici Giudiziari di Monza siano diventati capaci di continuare a cambiare anche dopo che i consulenti hanno finito la loro opera. 

 

Magistrati e cancellieri che progettano la propria organizzazione reale: il cantiere della Volontaria Giurisdizione a Monza.  

  Come è stato impostato e realizzato il “cantiere”, ossia l’unità base del metodo che la Fondazione Irso ha adottato per il miglioramento e la progettazione partecipata? 

Facciamo qualche cenno al cantiere della Volontaria Giurisdizione,un caso di collaborazione fra le istituzioni della Brianza che ha migliorato concretamente i servizi rivolti ai soggetti fragili. Un progetto in corso di diffusione presso altri Uffici Giudiziari Italiani.

La Volontaria Giurisdizione è un istituto a garanzia dei cittadini anziani e delle persone più deboli, con disabilità sia psichiche che fisiche, chiamate “beneficiari”, attivate dalle persone stesse o dai loro parenti (di qui “volontaria giurisdizione”) nei confronti delle quali il Tribunale non emette un giudizio ma assicura una tutela giuridica, nella maggior parte dei casi senza rappresentanza legale.

Mentre in passato la tutela delle persone incapaci (tutela degli interdetti e curatela degli inabilitati) era limitata a revocare le facoltà legali della persona debole inibendo così anche la potenziale azione dannosa nei suoi confronti da parte di altri soggetti, con la legge n. 6 del 9 Gennaio 2004 la disciplina viene riformata. Viene rafforzata la tutela giuridica, sociale e medica offerta alle persone più deboli e fragili. Il Giudice Tutelare ha la possibilità di nominare e gestire la figura dell’Amministratore di Sostegno, un Cittadino che si prende cura di un altro Cittadino. Caso per caso il Giudice Tutelare svolge un’attività di orientamento continuo a favore dell’Amministratore.

Le attività del Giudice Tutelare sono molto onerose perché non si concludono con una sentenza ma sono provvedimenti che “durano nel tempo” seguendo le esigenze della persona protetta per tutta la durata della sua vita. I provvedimenti di Volontaria Giurisdizione nel 2010 sono stati circa 5.300: un flusso notevole di fascicoli, adempimenti, domande, risposte, decisioni, interventi che l’organizzazione tradizionale del Tribunale non riusciva a gestire con le poche risorse umane e tecnologiche disponibili e con i vincoli normativi esistenti. Quindi il cantiere ha affrontato un problema di efficienza.

Il problema di efficacia consisteva nel fatto che le esigenze dei cittadini sono normalmente gestite da diverse organizzazioni/istituzioni che difficilmente riescono a coordinarsi: il Tribunale, per le questioni che riguardano l’ambito giuridico; i Servizi Sociali dei Comuni, per le questioni che riguardano l’ambito socio-assistenziale; le ASL, per le questioni che riguardano l’ambito sanitario; il Terzo Settore per l’erogazione di molti servizi insieme alle Asl. Era il Cittadino solo a gestire le sovrapposizioni e le ridondanze burocratiche di Eni scoordinati trovando, come può e quando può, la strada per risolvere al meglio le sue esigenze.: un viaggio kafkiano. 

Il gruppo di progettazione del “cantiere” della Volontaria Giurisdizione definì gli obiettivi del cantiere: semplificare e creare unicità dei punti d’accesso, accompagnare l’utente nella gestione dell’intero ciclo di servizio, personalizzare la relazione; valorizzare la relazione con l’utenza come momento d’ascolto; garantire pari condizioni di accesso a tutti i Cittadini.

La principale innovazione organizzativa fu rappresentata dalla progettazione e realizzazione degli “Sportelli Territoriali di Prossimità” in alcuni Comuni del Territorio di Monza, condotta in collaborazione con le istituzioni del territorio e con le associazioni di Volontariato. In questi Sportelli i Cittadini possono trovare informazioni e supporto, ascolto ed assistenza alle loro richieste ed una consulenza specifica.

Gli strumenti informatici che hanno sostenuto il cambiamento furono:

  • l’applicativo che favorisce l’interazione tra gli Uffici della Procura e del Tribunale
  • l’applicativo di tracking on line sullo stato del fascicolo
  • la gestione delle agende condivise tra i Giudici
  • la nuova modulistica per il Cittadino
  • l’architettura del nuovo sito web

Ma sopratutto è avvenuto un cambiamento della “organizzazione reale”, che ha modificato i comportamenti e le competenze organizzative delle persone e delle Istituzioni, attraverso consenso e partecipazione.

 La soluzione organizzativa degli “sportelli” e gli strumenti informatici sono esportabili. I processi progettuali, sociali e culturali che hanno reso possibile il successo del “cantiere” devono essere attivati in ogni specifico contesto. 

 

I principali risultati conseguiti con il “cantiere” della Volontaria Giurisdizione 

 

1. Riduzione del 30% degli accessi dei Cittadini alla Cancelleria 

2. Riduzione del 20% del tempo medio per un primo deposito di istanza 

3. 100% di modulistica riprogettata con criteri di user-centered design 

4. 80% delle istanze depositate utilizzando la nuova modulistica nella versione dotata di codice a barre 

5. Implementazione della sezione “Servizi al Cittadino” del nuovo sito del Tribunale (con 230.000 visitatori totali in un anno) 

6. Più del 90% dei fascicoli ricevuti da luglio 2011 gestiti tramite il Sistema di Tracking on line 

7. Implementazione del servizio per l’invio automatico di e-mail al Cittadino. 

8. Implementazione del servizio di invio tramite posta ordinaria del provvedimento (tramite busta preaffrancata ed indirizzata dal Cittadino) 

9. Firmati 7 protocolli tra Tribunale e Comuni per l’istituzione di 7 “Sportelli Territoriali di Prossimità “

10. Formati 45 futuri operatori di 

11.Realizzate 15 giornate di affiancamento per i futuri operatori di sportello 

12.Definito un protocollo tra il Tribunale e l’Ordine degli Avvocati per l’istituzione di un elenco di professionisti accreditati sulle materie di Volontaria Giurisdizione e per la fornitura gratuita del servizio di consulenza esperta presso gli Sportelli Territoriali

13. Percorsi di formazione per Amministratori di Sostegno indetti dalla Provincia di Monza e Brianza 

 

Questi risultati non sarebbero stati possibili senza a) l’attività di il Comitato interistituzionale “Tavolo della Giustizia”, che esamina e condivide i problemi economici e sociali del Sistema della Giustizia in ambito locale; b) la crescita di un gruppo di “agenti del cambiamento” composto da Giudici e personale amministrativo.

 

Le lezioni apprese dal programma nazionale Best Practices della Giustizia 

Il programma Best Practices della Giustizia non solo ha diffuso best practices e sviluppato cultura organizzativa e management, ma ha fatto condividere al mondo giudiziario la consapevolezza che l’organizzazione non riguarda solo la “burocrazia” (il funzionamento degli uffici amministrativi) ma l’intero processo di lavoro e il sistema organizzativo complessivo che coinvolge magistrati e personale amministrativo. Ha dimostrato che è possibile cambiare e migliorare la funzionalità della “organizzazione reale” degli uffici anche a sistema normativo e a risorse date. Il programma ha provato che la complessità delle dimensioni organizzative degli Uffici Giudiziari è risolvibile all’interno di progetti virtuosi e percorsi di change management condotti da una “comunità di innovatori” fra Magistrati e cancellieri che scambiano esperienze, discutono e coltivano la formazione dei più giovani.

Basterà questo a recuperare parte dell’1% del PIL sprecato da una Giustizia inefficiente e assicurare rispetto dei cittadini e trasparenza? 

Alcuni progetti avviati hanno conseguito risultati tangibili importanti nella riduzione dei tempi della giustizia, nell’efficienza interna, nell’apertura all’esterno, nella trasparenza. La maggior parte non hanno ancora prodotto i risultati attesi. Molti non li raggiungeranno mai. 

Una fase 2 del progetto non è stata ancora lanciata anche se esistono le risorse europee che lo consentirebbero. L’esperienza fatta ha insegnato che  una possibile “fase 2” del progetto potrebbe far acquisire ai progetti una ben più grande efficacia. E in particolare :

  • occorre assicurarsi sempre che il punto di partenza sia la fissazione di obbiettivi specifici da parte dei Capi Ufficio e dei loro Comitati Guida e che vi sia una continua misura dei risultati: non basta l’adempimento di fornire dati al Ministero 
  • Ministero della Giustizia, Ministero della Pubblica Amministrazione, Regioni e FSE, Sedi Giudiziarie devono cooperare più strettamente non solo nel lancio ma soprattutto nella gestione: occorrerebbe nominare una figura di magistrato di grande rilievo che coordini e animi il progetto 
  • se le Regioni anche in futuro saranno “stazioni appaltanti” per l’assegnazione di fondi, occorre rivedere il modo di formulare i bandi centrandoli più sul raggiungimento dei risultati che sugli adempimenti a prescrizioni. Occorre che nelle commissioni giudicatrici ci siano i magistrati e i cancellieri
  • creare per le società di consulenza opportunità per la loro evoluzione e qualificazione in linea con altri paesi europei, promuovere consulenza abilitante e di qualità, scoraggiare i cartelli 
  • coinvolgere una comunità scientifica e professionale che orienti e commenti le vicende del programma, 
  • curare la comunicazione sul programma su tutti i media 
  • curare le ricadute in termini di programmi formativi per l’attuale e futuro personale giudiziario: il grande “libro di testo” costituito da queste esperienze non è stato ancora aperto

 

Un ultimo commento: questa esperienza degli Uffici Giudiziari italiani potrebbe suggerire progetti simili ed esenti dai limiti di questo primo progetto che potrebbero essere promossi dalla prossima programmazione europea 2014-2020 in altre aree della Pubblica Amministrazione. 

 

La formazione di Magistrati alle funzioni direttive 

La Scuola Superiore della Magistratura ha lanciato nel 2013 un corso residenziale a Scandicci

per i magistrati che aspirano a ricoprire funzioni direttive, ossia Presidente di Tribunale e Procuratore Capo. 

Il corso avviato dal Presidente della Scuola prof. Valerio Onida e dal Direttore del Corso, Dott. Beniamino Deidda si è avvalso dell’attività di progettazione e di docenza di un Comitato di Esperti Formatori nelle persone di Federico Butera, Bruno Dente, Daniela Piana, Giancarlo Vecchi. Il corso è nel 2016 tuttora in corso sotto il nuovo presidente Prof. Gaetano Silvestri e la nuova responsabile del corso Cons. Luisa Napolitano.

La Scuola Superiore con questo ha realizzato il più numeroso e intensivo corso di management sia nel settore pubblico che in quello privato: oltre 600 partecipanti di alto livello presenti in aula per 4 giorni e mezzo e impegnati al termine a fare un progetto. Le caratteristiche di questo corso acquisiscono, esaltano e diffondono la cultura e le esperienze generate dal progetto Best Practices. Il corso infatti

• ha come oggetto i temi e i problemi di organizzazione e di gestione di cui si occupa il Capo dell’UGG

• tende a valorizzare i “margini di manovra” che un Capo Ufficio ha nello svolgimento del suo ruolo

• vengono trattate non materie giuridiche ma bensì tipicamente materie manageriali come organizzazione, controllo dei risultati, bilancio sociale, comunicazione, project management e altro.

• il percorso di apprendimento si basa non su nozioni ma i magistrati 

  • – si immergono per 4 giorni e mezzo in un contesto in cui ricevono dai responsabili della Scuola una forte richiesta di “cambio d’angolo” in aggiunta alla professione di magistrato che conoscono bene;
  • – entrano in rapporto con “reputati docenti alieni”che conoscono il loro mondo ma propongono loro contenuti scientifici e nozioni diverse a quelle giuridiche che loro padroneggiano; 
  • – incontrano loro “reputati colleghi” che raccontano esperienze di cambiamento organizzativo; lavorano in gruppo (valorizzando la cooperazione, comunicazione, scambio di conoscenze con gli altri); costruiscono relazioni personali che favoriscono la nascita di una comunità di gestori e innovatori,
  • –  predispongono un progetto finale centrato proprio sulla progettualità.

 

I risultati fin qui raggiunti sono  di questo corso sono

    • Un patrimonio di lezioni, documentazioni, esercitazioni relative alla cultura organizzativa e gestionale centrata sul mondo giudiziario
    • La messa a valore e condivisione nel corso delle migliori esperienze di miglioramento e cambiamento gestionale e organizzativo degli Uffici ( Progetto nazionale Best Practices e esperienze eccellenti in alcuni Uffici) 
    • La estesa condivisione dell’importanza e dei limiti di portata dei margini di manovra del Capo dell’Ufficio Giudiziario 
    • Lo sviluppo della progettualità dei partecipanti condotta con metodi partecipativi 
    • 600 rapporti finali (lavori in remoto) di elevata qualità
    • • La costituzione di una community di magistrati competenti e interessati sui temi organizzativi ed economici, con l’orientamento alla risoluzione dei problemi invece che accomunati dalla sola attesa di interventi normativi o economici 
    • • La costituzione di  community di docenti di management senior e giovani esperti nei temi dell’organizzazione della Giustizia 

 

Conclusione 

Riorganizzare le Pubbliche Amministrazioni si può: è stato fatto un programma importante per riorganizzare anche gli Uffici Giudiziari, forse i più complicati fra le Pubbliche Amministrazioni poiché esse sono insieme una amministrazione, una Istituzione e il terzo Potere dello Stato. Ciò può essere ottenuto non solo con riforme. La storia – che abbiamo presentato – del programma Best Practices che ha toccato 190 uffici giudiziari e del Tribunale e della Procura di Monza, consente di formulare una proposta fattibile per molte Pubbliche Amministrazioni: quella di avviare programmi nazionali di alto profilo finanziati anche dalla Unione Europea che attivino progetti locali e cantieri specifici di riorganizzazione condotti con la massima partecipazione del personale degli Enti e supportati da servizi di qualità. 

Gli ingredienti chiave per il successo di questo tipo di programmi e progetti sono il concepire le Pubbliche Amministrazioni come “organizzazioni di servizio al cittadino”, la fissazione di misurabili obbiettivi di valore per il cittadino e di riduzione della spesa pubblica, l’intervento a 360° sull’”organizzazione reale” nei singoli uffici, l’accompagnamento organizzativo e professionale per valorizzare e a rendere usabile la tecnologia, la cooperazione sui progetti e sui cantieri fra istituzioni imprese e volontariato, la formazione sul campo di un management pubblico moderno e di una comunità di innovatori, il riorientamento a risultati non marginali e misurabili di efficacia e efficienza dei servizi resi alla Pubblica Amministrazione dall’Università, dalla Ricerca, dalle società di tecnologia, dalla consulenza. Le soluzioni e i metodi estratti dai migliori casi di successo vanno poi diffuse a livello nazionale e internazionale dal management e dagli innovatori che li hanno realizzati, da contributi scientifici e mediatici di alto livello. Fondamentale è assicurare a tutto il percorso una forte e autorevole regia centrale che promuova e generi energia e consenso.

 

 

 note

1  Federico Butera è Professore Emerito di Scienze dell’Organizzazione e ha tenuto la cattedra di Sociologia dell’Organizzazione prima all’Università di Roma La Sapienza e poi all’Università di Milano Bicocca (1988-2012). E’ Direttore della rivista Studi Organizzativi. E’ dal 1974 fondatore e Presidente della Fondazione Irso che, fra l’altro, ha seguito il progetto Innovagiustizia in Lombardia e in particolare il tribunale e la procura di Monza.

 

2  L’“organizzazione reale” 

Gli “strati organizzativi” coesistenti in una stessa organizzazione sono:

1. l’organizzazione istituzionale, data dalle leggi;

2. l’organizzazione formale, che definisce strutture, autorità, responsabilità, procedure formalizzate; 

3. l’organizzazione tecnica, ossia quella che indotta dai sistemi informativi;

4. l’organizzazione professionale, ossia l’organizzazione data dalle norme e dalle culture delle professioni;

5. l’organizzazione di fatto, data dalle prassi di lavoro;

6.la rete organizzativa si istituzioni e imprese in cui essa è inserita 

7. l’organizzazione percepita, ossia il modo con cui i diversi gruppi che partecipano all’organizzazione la vedono e la vivono in base alle loro culture e valori;

8. l’organizzazione informale, in cui irrompono le relazioni personali positive e negative, gli interessi, gli opportunismi, i comportamenti personali.

L’“organizzazione” reale è l’insieme di tutti questi diversi sistemi di regolazione: se integrati danno all’organizzazione il carattere di un organismo vitale, agile, efficace; se non integrati divengono una arena di conflitti, incoerenze, inefficienze. L’organizzazione reale quindi non può essere progettata a tavolino e governata con la sola gerarchia ma sviluppata con processi di cambiamento e di impegno. 

da Federico Butera, Il Cambiamento organizzativo, Laterza, 2009. 

3  Il Premio Constantinus della FEACO (Federazione delle Società di Consulenza Europee) per il miglior progetto di consulenza europeo è stato assegnato alla Fondazione Irso e agli Uffici Giudiziari di Monza in Confindustria. Agli Uffici Giudiziari di Monza è stato assegnato il premio nazionale per l’innovazione (una delle due Pubbliche amministrazioni premiate) da parte del Presidente del CNR Nicolais e del MIUR Carrozza, alla presenza del Presidente della Repubblica. Gli Uffici Giudiziari di Monza sono stati selezionati per altri due riconoscimenti europei: l’European Public Sector Award dell’Institute for Public Administration e la selezione del progetto di Monza per il 7TH QUALITY CONFERENCE dell’Unione Europea che si svolgerà a Vilnius a Ottobre alla presenza del Presidente di turno dell’Unione Europea.

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