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Il ruolo dell’alternanza, unisce positivamente studio e lavoro

La riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, nota come “La Buona Scuola”, incide sui principali nodi del sistema scolastico italiano: assunzione insegnanti, valutazione e premialità, ruolo del dirigente scolastico, innovazione didattica, collegamento scuola-lavoro. L’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria è una delle principali innovazioni de “La Buona Scuola”. Si tratta di una novità attesa da tempo che ci mette al passo con quanto chiede l’Europa: un maggiore orientamento al lavoro dei sistemi educativi. 

Con l’alternanza scuola-lavoro obbligatoria il sistema scolastico italiano potrà cambiare in particolare su 3 piani: 

1) ORGANIZZATIVO: mette in discussione la rigidità del “gruppo classe” e degli orari settimanali;

2) DIDATTICO: con il passaggio da una concezione quantitativa dell’insegnamento ad una concezione qualitativa;

3) CULTURALE: con l’abbattimento delle rigide barriere frapposte negli anni tra la scuola e l’impresa e il riconoscimento della capacità (e responsabilità) formativa delle imprese. 

Nel dettaglio è previsto un monte ore minimo per le attività di alternanza: 400 ore nell’ultimo triennio degli istituti tecnici e professionali, 200 ore nei licei. Sarà possibile svolgere percorsi di alternanza anche fuori dall’orario scolastico curriculare (ad esempio nella pausa estiva), sono ammessi periodi di alternanza all’estero e in impresa simulata. È previsto inoltre un registro delle imprese che offrono percorsi di alternanza che sarà istituito presso le Camere di Commercio, ma sarà importante evitare oneri a carico delle imprese (ad esempio spese di segreteria) per l’iscrizione a questo nuovo registro. Positivo che accanto all’alternanza emerge un chiaro potenziamento della didattica laboratoriale: si prevede l’aumento, a parità del quadro orario complessivo, delle ore dedicate alle attività laboratoriali rispetto agli insegnamenti delle discipline. 

L’alternanza scuola-lavoro obbligatoria partirà da quest’anno con gli studenti al terzo anno di scuola secondaria superiore. Secondo le stime Miur sono coinvolti 500mila studenti. Sarà importante garantire incentivi normativi ed economici alle imprese (specie le PMI) per dare loro l’opportunità di aprire le porte agli studenti.

Ci vogliono poche regole chiare sulla presa in carico degli studenti in alternanza, che, va chiarito, non sono affatto lavoratori e di un’amministrazione del processo semplice e veloce per non affliggere ulteriormente le aziende e i loro uomini.

Dobbiamo formare insieme gli specialisti dell’alternanza e mettere a valore le tante esperienze fatte, mettere in piedi un serio modello di valutazione nazionale di queste esperienze e delle performance che producono.

Un’altra significativa innovazione della riforma sono i “laboratori territoriali per l’occupabilità”. Già finanziati per decreto con 45 milioni di Euro, i laboratori consentiranno alle imprese, alle università e agli enti pubblici, di collaborare con le scuole per orientare le attività formative verso settori strategici del Made in Italy e per fornire servizi propedeutici all’inserimento del giovane nel mercato del lavoro. I laboratori sono pensati come luoghi aperti al territorio per stimolare la crescita professionale, le competenze e l’autoimprenditorialità, coniugando insieme innovazione, istruzione, inclusione sociale. Una buona opportunità per la costruzione di partnership scuola-impresa.

Se la Germania ci può dare alcuni riferimenti interessanti su come esprimere al meglio la valenza educativa del lavoro e il ruolo delle imprese, la strada che la riforma della scuola ci chiama a intraprendere è una strada tutta italiana e non possiamo scimmiottare i modelli altrui. Sono 4 i punti in particolare che ci permetteranno di realizzare la via italiana all’alternanza scuola-lavoro:

1) Valorizzare le nostre peculiarità produttive e formative. Abbiamo una specificità (le PMI) e alcune caratteristiche del nostro modello pedagogico che ci impediscono di trasferire in modo meccanico altri modelli europei. Possiamo mettere insieme “Made in Italy” e lanciare il l’idea di “Educated in Italy”: non dimentichiamo il grande Paese che siamo. D’accordo gli spunti, ma dobbiamo fare lo sforzo di ragionare e progettare da soli. Abbiamo tutti i mezzi per farlo.  

2) Valorizzare le responsabilità di impresa. Alternanza scuola-lavoro significa scelta sociale per le imprese: è una scelta di responsabilità civile, di attenzione ai giovani, che abbiamo il diritto e il dovere di esprimere.

3) Valorizzare le responsabilità associative. C’è un ruolo straordinario per le organizzazioni territoriali e di categoria del sistema industriale, e grazie alla penetrazione, all’interno del territorio e ai rapporti positivi con presidi e insegnanti. Ruolo ad esempio riconosciuto dalla Guida Operativa per l’alternanza pubblicata l’8 ottobre 2015.

4) Ultimo elemento: l’alternanza ci obbliga ad un cambio di paradigma culturale, decisivo in un Paese dove la cultura anti-industriale è ancora purtroppo largamente presente. questo salto di paradigma si fonda su un assioma: l’azienda non è il luogo dove si mettono in pratica le competenze acquisite sui banchi. In azienda si formano le competenze dei ragazzi; attraverso il learning by doing,  molti studenti possono accelerare i loro ritmi di apprendimento e migliorare le proprie conoscenze. 

C’è molta attesa da parte di insegnanti, dirigenti scolastici, imprenditori, istituzioni, per l’impatto che avrà l’alternanza sul percorso scolastico degli studenti italiani. Dobbiamo essere consapevoli di essere davanti ad una novità assoluta che ci mette finalmente al passo con l’Europa e può garantire all’Italia uno sviluppo industriale e culturale duraturo. Abbiamo un’occasione unica e forse irripetibile, quella di una via italiana al sistema duale, e bisogna  mettere insieme le migliori energie del Paese, fuori e dentro l’impresa. 

 

* Direttore Education Confindustria

 

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