Il rinnovo del Ccnl industria alimentare, sottoscritto lo scorso 5 Febbraio, dopo una lunga e tortuosa maratona negoziale, ha rappresentato un momento molto importante e di grande soddisfazione per il sindacato.
Si tratta di un risultato straordinario non solo per i contenuti e per l’ adesione di tutte le associazioni di Federalimentare, dopo almeno due rinnovi che non accadeva, ma soprattutto perché ha messo in evidenza i risultati che si possono raggiungere coltivando due grandi valori: un sindacato unito e l’appoggio dei lavoratori.
I lavoratori e le lavoratrici del settore alimentare hanno, infatti, rappresentato il valore aggiunto del negoziato ed il loro consenso, dimostrato dall’adesione alle numerose iniziative territoriali, è stato determinante nel portare avanti con decisione la battaglia al tavolo negoziale. E’ anche grazie a loro che da questa battaglia esca rafforzata l’unità e il consenso già forte che Fai-Flai-Uila hanno all’interno delle aziende e nel paese, smentendo chi parla di declino dei corpi intermedi.
In una trattativa durata oltre un anno, il filo rosso che ha sempre legato le nostre strutture sindacali con le RSU e i lavoratori non si è mai spezzato; anzi, si è rafforzato. Il punto di equilibrio con il sistema delle imprese, inoltre, si è trovato quando la controparte ha capito, dopo il blocco di straordinari e flessibilità e il primo sciopero, che “quelli che negoziavano” avevano il pieno consenso di “quelli che stavano in fabbrica”.
Il patto sottoscritto tra Fai-Flai-Uila al momento dell’approvazione della piattaforma è stato ribadito ogni giorno di questo difficile negoziato. Il consenso e la fiducia delle lavoratrici e dei lavoratori verso il sindacato è un valore grande che dovremo continuare a custodire.
Vediamo però i contenuti del rinnovo. Il contratto, così come ci eravamo prefissati, avrà durata quadriennale (2016-2019). Una scelta fatta per dare più certezze sui costi alle imprese, più sicurezza per le retribuzioni dei lavoratori, ma soprattutto più valore alla contrattazione di secondo livello, in un settore in cui gli accordi aziendali sono fondamentali per gestire le diverse esigenze competitive, congiunturali e stagionali e per far crescere di pari passo occupazione e salario. Delle oltre 50.000 aziende che, nel nostro comparto, applicano a 400.000 lavoratori il contratto dell’industria alimentare, appena 3.000 (anche se le più importanti) negoziano a livello aziendale un contratto integrativo. Chi sostiene la tesi di un solo livello negoziale, e per giunta aziendale, vuole che questo paese diventi più povero e più disuguale di quanto non lo sia già. Noi, con questo rinnovo abbiamo puntato nella direzione opposta, rafforzando non solo entrambi i livelli negoziali ma rendendo soprattutto quello nazionale sempre più autorità salariale.
E, a proposito di salario, è stato pattuito un aumento di 105 euro mensili a regime. Essendo, però, il contratto scaduto il 30 novembre 2015, abbiamo chiesto che da subito arrivassero risorse fresche in tasca ai lavoratori e, quindi, già nel corso di quest’anno sono state erogate le prime due tranche (20 euro da gennaio e 15 euro da ottobre), mentre le altre decorreranno da ottobre 2017 (20 euro), ottobre 2018 (25 euro), settembre 2019 (25 euro).
E’ vero che la nostra richiesta iniziale prevedeva un aumento maggiore del salario, ma la crescita del nostro paese si è rivelata un po’ più lenta di quanto auspicato e, quindi, con grande senso di responsabilità, abbiamo accettato un incremento salariale leggermente al di sotto delle nostre aspettative.
Un’altra grande innovazione del contratto consiste in questo: l’incremento che abbiamo ottenuto non è legato ad alcun parametro né vincolato ad alcun ricalcolo. Pertanto i 105 euro, di cui 35 già nel 2016, non si limitano a difendere il potere d’acquisto delle retribuzioni, ma lo aumentano, come è giusto che sia in un paese in ripresa. Con lo scenario inflazione “zero”, Pil Italiano in crescita, aziende che tornano in utile, il mestiere del sindacalista è di mettere soldi freschi in tasca ai lavoratori, per ridurre le disuguaglianze e per far ripartire i consumi interni. E con il rinnovo del Ccnl dell’industria alimentare abbiamo portato una straordinaria innovazione: passare dalla tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni al loro incremento reale.
C’è poi il non meno importante aspetto del welfare. Abbiamo voluto dimostrare una maggiore attenzione verso i lavoratori più anziani, favorendo l’accesso alla pensione e creando in questo modo nuove opportunità occupazionali. Dalle imprese abbiamo ottenuto l’impegno a sostenere, a partire dal 1 gennaio 2017, attraverso una prestazione sociale, il reddito dei lavoratori che vengono licenziati e ai quali manchino non più di 24 mesi al godimento della pensione e di quelli che trasformano in part-time il tempo pieno per la staffetta generazionale.
Le novità introdotte con la legge di stabilità sulla APE ci hanno convinto a lasciare aperta la partita della integrazione alla NASPI. Vorremmo riprendere subito, come concordato con le controparti, le riflessioni interrotte per definire una gamma di integrazioni al reddito più ampia. Il sistema della bilateralità alimentare ha le risorse per impegnarsi in questa esaltante sfida; possiamo costruire un ponte verso la pensione.
In linea con gli strumenti moderni di lavoro, e in ragione del nostro voler favorire una maggiore conciliazione dei tempi vita-lavoro, sono entrati a far parte del nuovo Ccnl il telelavoro e il lavoro agile. Sono poi aumentate le ore di flessibilità (da 72 a 88), perché lavoratrici e lavoratori sono convinti che il migliore funzionamento degli impianti produca un positivo ritorno per l’occupazione e la crescita del salario per obiettivi. Si è rafforzato, inoltre, il capitolo dei diritti e delle tutele, migliorando la fruizione dei congedi parentali e quella dei permessi per eventi e cause particolari.
Ma tra gli aspetti rilevanti che vogliamo sottolineare c’è anche il fatto che nel corso del negoziato sono via via cadute tutte le richieste avanzate dalla controparte, che chiedeva, in particolare, l’eliminazione degli scatti di anzianità e del premio di produzione congelato.
In conclusione, abbiamo la consapevolezza di aver vinto una bella sfida, di aver dimostrato che un sindacato unito è in grado di far sentire le proprie ragioni, che si può andare controcorrente e fare lo stesso risultato. Siamo coscienti del fatto che questo rinnovo verrà, probabilmente, derubricato da parte di chi tira le fila per un’Italia più disuguale e più povera, come un incidente di percorso di cui dimenticarsi in fretta. L’Italia che ama il lavoro nero, anche se a parole lo condanna, quella che ha comprato 150 milioni di voucher per sostituire (nel migliore dei casi) buone retribuzioni con una mancia, quella che spera nel salario minimo per legge per tagliare anche in questo modo retribuzioni, tutele e diritti, ha tanto più potere di noi e troverà il modo di affermarlo.
Noi però continueremo a crederci e a portare avanti le nostre battaglie per i lavoratori e insieme a loro.
(*) Segretario Generale UILA UIL