La prevista decisione della premier Meloni di candidarsi alle prossime elezioni europee, come capolista in tutte le circoscrizioni, rende evidente il suo obiettivo elettorale mentre nasconde la sua strategia europea. Presentandosi come “donna del popolo” all’insegna dello slogan generico e ambiguo “Cambiare l’Europa”, con l’unico limite del “mai con la sinistra”, punta a raggiungere il massimo dei consensi, senza spiegare come intende utilizzarlo. A tale scopo si presenta con il nome “Giorgia Meloni detta Giorgia” per consentire di raccogliere voti anche scrivendo il semplice nome Giorgia sulla scheda, e quindi iper personalizzando la consultazione e cercando di trasformarla in un plebiscito in suo favore, come avviene nei regimi autoritari.
Per favorire il miglior risultato, ha pensato anche di corredare la candidatura con un decreto Primo Maggio del governo, che contiene alcuni bonus a famiglie povere e alle imprese che, per ragioni di copertura, entreranno in vigore l’anno prossimo. Questo modo di presentarsi, che tra l’altro deve fare in conti con gli effetti della scelta di Salvini di presentare, tra diffusi dissensi nella Lega, l’ultradestro generale Vannacci, diventa anche una prova del futuro premierato. Dietro questa accurata strategia elettorale rimane però nascosto il vero obiettivo politico della premier che rimane quello di creare, con l’esito del voto, le condizioni per rimettere in discussione l’attuale maggioranza che regge l’Ue, formata da popolari, socialisti e liberali di Macron, e per spostare l’asse del governo Ue a destra mettendo radicalmente in forse il progetto di realizzare una Unione europea di segno federale. Detto in sintesi, raccogliere voti: portare il modello italiano in Europa.
Nonostante diversi sondaggi non prevedano realizzabile a breve tale obiettivo, in ogni caso si tratta di ridurre la consistenza di tale maggioranza per rallentare ulteriormente l’attuale progetto europeo, e creare le condizioni per rafforzare l’attuale minoranza di destra, oggi ancora profondamente divisa tra i conservatori di Meloni (ECR) e l’Europa delle Nazioni e della Libertà di Le Pen e Salvini (EN). Va sottolineato è che tale linea del governo italiano muta radicalmente la strategia di unità europea che è stata sempre dell’Italia fin dall’approvazione della Costituzione e che ha collocato il nostro Paese tra quelli fondatori della costruzione dell’Europa.
Con la scelta di Meloni e soci, l’Italia di oggi, dopo aver cercato di sfruttare malamente il Pnrr, che in base alle proprie scelte non ci sarebbe stato, si colloca ai margini dell’Europa, a sostenere posizioni di segno autoritario in contrapposizione alla storia dell’Italia repubblicana e alla sua Costituzione democratica. Appare del tutto chiara l’estrema gravità di tale posizione, rimanendo l’Europa federale, dotata di personalità istituzionale, una scelta cruciale per un suo ruolo di protagonismo democratico e pacifico nell’arena globale, e quindi per lo stesso futuro dell’Italia.
Alla gravità di questa strategia dovrebbe contrapporsi una chiara strategia alternativa di pieno sostegno dell’Europa che, pur tra ritardi e contraddizioni, si sta cercando di costruire. Ed è proprio da questo punto di vista che l’attuale opposizione di centro sinistra, ed in particolare il Pd, dimostra i suoi limiti. A parte il sostanziale disimpegno del M5S, non si capisce come mai l’europeismo del Pd, nonostante il suo valore primario nello scontro con la destra, rimane ancora incerto, spesso indeterminato e in ritardo.
In questa occasione delle elezioni, che rimangono un passaggio decisivo per il futuro dell’Europa, potenzialmente soggetto protagonista per nuovi equilibri globali, il Pd si presenta con tutti i suoi vizi strutturali che ne condizionano pesantemente l’immagine e la strategia. Dalla composizione delle liste ai concreti contenuti della sua battaglia politica per l’Europa, il Pd rimane al di sotto delle possibilità di iniziativa nel punto in cui la destra dimostra la sua maggiore debolezza rispetto alle esigenze future dell’Italia. Sarà comunque in tale occasione che questo partito, o sarà capace di rendere esplicita una sua alternativa di governo alla destra in evidente difficoltà, oppure il suo futuro diventerà sempre più incerto e in discussione.