Conosco bene la Francia anche se, come tutte le conoscenze, anche questa è soggettiva e dipende dagli occhi che vedono e dalle orecchie che sentono.
Ci ho trascorso molti periodi della mia vita, e questo mi ha portato in luoghi diversi (Parigi e Lione, centri città e banlieues, ma anche campagne e marine del mare del Nord e dell’Atlantico) per lavorare nei suoi Centri di Ricerca e Università, ma anche come ostricaro (aprivo le ostriche nei bistrot a contorno delle Halles di Parigi). Ho acquisito una conoscenza plurima, sociale e sociologica, coadiuvata da un’attività di studio e d’impegno politico e sociale che, come ho scritto in premessa, mi ha dato occhi che vedono e orecchie che sentono secondo una loro interpretazione culturale e sociale.
La conoscenza comunque c’è e, tra la notte e il giorno del dopo ballottaggio, ho ricevuto tante telefonate da molti conoscenti che non riuscivano a capire come i media avessero potuto dare la probabile maggioranza assoluta al Rassemblement National a fronte di risultati così diversi.
È indubbio come la prima risposta sia nella legge elettorale, che divide il territorio francese in collegi (si vince in ogni collegio e non sulla media nazionale) e permette, sempre in ogni collegio, la partecipazione al ballottaggio a tutte le rappresentanze politiche che in quel collegio hanno superato il 12% (i francesi lo chiamano il triangolo e quadriangolo di partecipazione).
Questo fa sì che si possano organizzare le desistenze nelle quali interessi superiori (o considerati tali) superano gli stretti interessi del Partito o del raggruppamento. Con la desistenza una o più forze politiche si ritirano dalla competizione in quel collegio per far confluire i propri voti sulla forza politica che in quel collegio ha maggiori probabilità di successo. Questa legge elettorale permette di trasformare una possibile competizione plurima in una binomiale, in cui uno dei rappresentanti del nuovo binomio sia l’espressione di un sistema, di una coalizione che si è formata su scelte politiche di ordine superiore a quelle strettamente partitiche.
La seconda risposta la dobbiamo trovare nella stessa domanda: perché tutte le desistenze si sono realizzate solo tra Centro e Sinistra?
La risposta più semplice è quella corrente: ‘tutti uniti contro la destra’: una risposta che ha una sua storia, e anche una bella storia che parte dalla Resistenza e dall’antifascismo.
Non è però esauriente (valida ma non esauriente) visto che Centro e Sinistra se ne sono dette di tutti i colori e non solo in campagna elettorale.
Macron non ha fatto mistero di vedere Mélenchon (per altro un suo competitor alle ultime presidenziali) come il fumo negli occhi e cosi Mélenchon nei confronti di Macron.
Perché allora la politica, come arte del possibile, ha esercitato (vincendo) il suo potere nel realizzare la desistenza (che ha funzionato) tra le forze di Sinistra e quelle di Centro? E’ stato solo per l’obiettivo ‘tutti uniti contro la destra’ o qualcosa di più? Certamente c’è stato qualcosa di più e, per chi conosce la Francia, la domanda è stata tradotta: vogliamo la Francia storica o la Francia multietnica e multiculturale?
Entriamo nel merito: la Destra rappresenta una parte, una parte identitaria, prende voti da chi si sente Francese di antico lignaggio e di antica data, da chi vede gli immigrati come il male, come la matrice di tutto quello che non permette più alla Francia di esprimere la grandeur. Sono i Francesi raggruppabili sotto alcune etichette: la Francia ai Francesi, la Francia non è multietnica e, infine, il vasto raggruppamento di chi si sbraccia e si sgola a ripetere il mantra: c’est mon droit (che, portandolo sull’orlo del ridicolo, vuol dire che, se un pedone attraversa la strada fuori dalle strisce pedonali, l’automobilista dovrebbe avere il diritto di investirlo in quanto toglie il diritto di marciare con tranquillità sulla strada dove non ci sono le strisce pedonali; se qualcuno ha dubbi, provi ad attraversare fuori dalle strisce e vedrà il disprezzo in chi lo guarda).
I votanti della Destra rappresentano una parte politica e sociale, talmente parte che non si può apparentare con nessuno. O si vince o si perde.
Centro e Sinistra al contrario sono plurimi, parlano e sanno parlare con tutti e per questa pluralità etnica, culturale e religiosa sono capaci di fare sistema anche nelle differenze. Ricordiamo che Mbappé, il calciatore pluripagato ora del Real Madrid, nato nella banlieue parigina da genitori originari del Camerun e dell’Algeria, ha partecipato all’orientamento del voto in modo chiaro: ‘Non consegniamo la Francia a
quelli là’.
La Sinistra e il Centro in grande parte, non hanno la fobia del diverso, né hanno difficoltà a riconoscere la Francia come un Paese multietnico. A conferma di questo, ricordo che la primissima cosa che ha detto Mélenchon parlando dal palco dopo il ballottaggio è stata su questo: la Francia è multietnica, multiculturale, multireligiosa e multi…tutto e ‘abbiamo vinto su questi valori’.
Anche il Centro, che prende voti dalle zone urbane ZTL (dove il parcheggio di un SUV a Parigi costa 8€ all’ora ed è in aumento), è pieno di persone che si sono formate nella storia della Francia accogliente che tutti conosciamo.
Il dialogo politico e di civiltà è stato trovato anche sulla reciproca accettazione di una Francia che, difendendo i diritti dei Citoyennes e dello Stato laico, può essere tranquillamente multietnica multiculturale e multireligiosa.
Ancora tre considerazioni.
1. Se esaminiamo il voto rispetto alla distribuzione geografica della popolazione, vediamo che la Sinistra ha vinto nelle banlieues delle grandi città, il Centro nelle città e la Destra ha fato il pieno nelle aree agricole e marine.
2. Se lo esaminiamo rispetto alla composizione sociale, vediamo che la Destra ha preso voti tra i francesi di antica data e anche dai bis-tris nipoti dei primi immigrati dai Paesi bianchi contermini, mentre la Sinistra ha fatto il pieno nella multietnia, nella multiculturalità, nelle banlieues.
3. Se esaminiamo le fasce d’età, il Nuovo Fronte Popolare (socialisti, comunisti, ecologisti, verdi, France Insoumise) è stato votato dagli over 35/40.
Sicuramente ci sarà bisogno di una forte dose di Politica per far quadrare il cerchio e formare una maggioranza di governo, ma ricordiamoci che un primo risultato politico, convinto e vincente, cioè la desistenza, è già stato raggiunto. Un risultato così si raggiunge con la Politica per cui molti temi sono già stati trattati, in parte risolti e in parte visti come risolvibili.
Quello che più mi interessa sottolineare è che ha vinto il sistema, la pluralità. Certo pluralità è presupposto di diversità e quindi di difficoltà e necessità di aggiustamenti, tutti però inseribili in un panorama dialettico che ha già individuato quello che non vogliamo essere, quello che ci accomuna e quello che ci divide senza però separarci in due mondi.
Non voglio entrare nella polemica politica del nostro Paese, ma la discriminante è l’antifascismo, la costruzione di una democrazia antifascista il valore della diversità e del sistema.
I termini hanno un loro valore.