In riferimento all’indennità di disoccupazione DIS-COLL, l’INPS ha precisato con il messaggio n. 626 dell’8 febbraio 2017 che, ad oggi, non è intervenuta alcuna disposizione normativa di proroga di detta prestazione per gli eventi di disoccupazione intervenuti nell’anno 2017. Pertanto, salvo proroghe dell’ultim’ora, a partire da gennaio 2017 i collaboratori coordinati e continuativi con cessazione nel 2017 non potranno più contare su alcuna forma di sostegno al reddito. Il Governo ha già comunicato tuttavia che il provvedimento sarà inserito nel decreto “milleproroghe” attualmente in corso di discussione, la cui approvazione è prevista entro il mese in corso.
L’indennità interessa una platea di circa 300.000 lavoratori tra co.co.co e co.co.pro, che potrebbero rimanere privi di qualunque tipo di paracadute se perdono il lavoro, o semplicemente in caso di scadenza di un contratto a termine che non venga momentaneamente prorogato. Il sussidio veniva erogato nel 2016 a circa 50.000 lavoratori.
Nel dettaglio, si tratta di un’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione istituita in via sperimentale dall’art. 15 del Decreto legislativo n. 22 del 2015 e sostitutiva dell’indennità “una tantum” disciplinata dalla legge 92/2012, per gli eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno 2015 e successivamente prorogata per il 2016 dall’art. 1 comma 310 della Legge n. 208 del 2015.
Il trattamento è, appunto, rivolto in via sperimentale ai collaboratori coordinati e continuativi (anche a progetto) privi di partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l’Inps che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che siano in grado di soddisfare congiuntamente i seguenti requisiti: essere in stato di disoccupazione al momento della domanda di prestazione; possedere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione dal lavoro all’evento in questione. La misura della prestazione era pari al 75% del reddito medio mensile se pari o inferiore all’importo di 1.195 euro.
Anche se il Governo inserirà tale proroga per il 2017, quale sarà, in futuro, il destino di questa forma di ammortizzatore sociale? Il “popolo di mezzo” composto dai collaboratori coordinati e continuativi fatica a trovare un assetto definito, soprattutto per il fatto che è spesso composto da figure dal confine quanto mai labile tra lavoro autonomo e subordinato e si arricchisce via via di profili professionali non regolamentati, con conseguente eterogeneità normativa e differenze talvolta discriminatorie.
Non solo, ma in attesa delle modifiche che potrebbero derivare dall’approvazione finale del Ddl sul lavoro autonomo, i committenti che si avvalgono di collaborazioni coordinate e continuative dovranno sostenere versamenti più elevati alla gestione separata Inps. Infatti, la legge di bilancio 2017 non ha fermato l’innalzamento già previsto dalla riforma Fornero in capo ai co.co.co iscritti in via esclusiva: l’aliquota da versare alla gestione separata è così aumentata di un ulteriore punto percentuale, attestandosi al 32,72% (il costo ricade per il 21,81% sul committente e per il 10,91% sul collaboratore). Questo senza contare che un altro scatto in avanti è previsto per il 2018.
In sostanza, i contratti di collaborazione saranno sempre più costosi (per via degli oneri contributivi) e a tendere potrebbero non offrire alcuna forma di sostegno al reddito ai lavoratori coinvolti.
È rimasta, invece, ferma l’aliquota per i collaboratori che pagano la gestione separata ma sono iscritti ad altra gestione previdenziale oppure sono pensionati, mentre si è ridotta di due punti percentuali l’aliquota contributiva per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps.
L’idea sembra quella di segnare la strada del lavoro autonomo come unica alternativa al lavoro di tipo subordinato, lasciando poco spazio di manovra alle soluzioni intermedie, che prevedono forme di collaborazione coordinata e continuativa, proliferate sin troppo negli ultimi decenni. Questo, tuttavia, a discapito di chi si trova ancora intrappolato in forme contrattuali che non sono né di tipo subordinato (contratto a tempo determinato o indeterminato) né di lavoro autonomo.
I sindacati sono in agitazione e chiedono una soluzione strutturale, alternativa ad interventi estemporanei sostenuti da finanziamenti recuperati faticosamente di anno in anno, per i lavoratori autonomi e per i collaboratori. Tra le proposte quella di attingere alla gestione separata dell’Inps, alla quale vengono da tempo versati ingenti contributi da parte degli stessi collaboratori.