Scrivo su questo argomento con il pianto nel cuore, avendo impegnato nella Cisl i migliori trent’anni della mia vita. Ma, proprio per questo, non posso sottacere la verità di oggi, anche quando risulta più deludente rispetto alle aspettative.
La Cisl, fin dalla sua nascita nel 1950, ha rappresentato un elemento di innovazione del sindacato italiano, all’insegna della contrattazione collettiva, come strumento essenziale dell’azione sindacale. Per questo, Giulio Pastore, primo segretario generale, decise di impegnare un gruppo di giovani economisti a sostegno delle diverse strutture di categoria e territoriali dell’associazione, per far crescere e qualificare la contrattazione nazionale e aziendale, la cui diffusione divenne progressivamente patrimonio di gran parte del sindacalismo confederale.
Presupposto essenziale di tale processo è stata la netta autonomia e indipendenza della Cisl rispetto alla Dc, dalla quale questo sindacato era nato. Un’autonomia conquistata direttamente sul campo, attraverso la crescita di una nuova classe dirigente legittimata esclusivamente dai lavoratori, tramite gli strumenti della rappresentanza democratica.
Per questo Pastore, leader democristiano, lasciò rapidamente la sua carica nella Cisl, per consentire lo sviluppo di una reale e profonda autonomia del nuovo sindacato, e successivamente, anche in momenti di acceso conflitto interno, come nel congresso confederale del 1969, mai si permise ogni minima interferenza anche a fini conciliativi. La storia della Cisl si è sviluppata come soggetto innovativo nel movimento sindacale anche all’interno della federazione Cgil-Cisl-Uil, mantenendo l’autonomia sindacale nei confronti dei partiti politici, come tratto identitario essenziale della sua azione quotidiana.
Sulla base di tale presupposto si avviò il processo di unità sindacale della quale il primo tassello, l’unità dei metalmeccanici, non andò in porto per il veto del Pci sulla Fiom, bloccando così l’intero processo. La Cisl proseguendo la sua azione, di fronte a un rapido aumento dell’inflazione, che nel 1984 raggiunse il 16% propose al governo Craxi, tra le misure di contrasto, un provvedimento di riduzione di alcuni punti di scala mobile maturati dal salario dei lavoratori. e, nel giro di un anno, l’inflazione si ridusse al 6%. La dura reazione di Pci al decreto si concretizzò nel referendum abrogativo del 1985, dal quale il partico comunista uscì sonoramente sconfitto.
Questa è stata la Cisl: un sindacato autonomo dai partiti e dai governi, protagonista impegnato sui grandi problemi del lavoro e del Paese. E anche quando suoi dirigenti, compresi alcuni segretari generali, hanno fatto una scelta politica, candidandosi alle elezioni, in partiti diversi, lo hanno fatto come scelta strettamente personale, rassegnando contestualmente le dimissioni dal sindacato.
Con l’avvento del governo Meloni il ruolo del sindacato, e della stessa Cisl, è profondamente cambiato. Mentre la Cgil è tornata ad essere un sindacato di generica mobilitazione politica alternativa, naturale e scontato di fronte a un governo di destra, la Cisl ha cercato un rapporto di dialogo con il governo per far approvare un suo disegno di legge sulla partecipazione dei lavoratori nelle imprese, finora approvato in prima lettura dalla Camera con alcune modifiche peggiorative.
Il tutto in un contesto di assenza di dibattito e di rapporti unitari tra i sindacati, nel quale ognuno pensa solo a sé stesso. Dal punto vista strettamente sindacale, mentre il lavoro, in seguito alla diffusione della tecnologia digitale e dell’Intelligenza artificiale, è sottoposto a una trasformazione radicale, la contrattazione collettiva sindacale segna il passo, priva di una strategia adeguata, gran parte dei contratti vengono rinnovati in ritardo e si estende il lavoro precario e povero. Sul piano organizzativo il sindacato si mantiene soprattutto con i servizi fiscali e previdenziali mentre crescono i piccoli sindacati autonomi.
Nella storia della Repubblica credo che i sindacati confederali non siano mai stati così divisi e lontani dai reali problemi dei lavoratori, per cui l’unità sindacale rimane un problema vero nonostante rimanga del tutto estranea dal sindacalismo odierno. La Cisl, purtroppo, sta dentro questa realtà con una contraddizione particolare, perché, essendo stata un sindacato autonomo con l’identità incentrata soprattutto sulla contrattazione, opera in un insieme di rapporti che mette seriamente in discussione tali caratteri. Durante la segreteria Sbarra il dialogo con il governo Meloni fa affermare a esponenti di Fratelli d’Italia “La Cisl è il nostro sindacato” senza alcuna reazione della confederazione.
Appena eletta dal Consiglio generale, e prima ancora della legittimazione del Congresso, la nuova segretaria generale Daniela Fumarola partecipa ad un incontro assieme a Maurizio Lupi e a Mariastella Gelmini per la predisposizione di un manifesto relativo alla nascita di un nuovo partito. Evidentemente il rapporto con i partiti e il governo sono nettamente cambiati senza alcun dibattito né decisione formale in tal senso, per cui la Cisl di oggi risulta diversa da quella che ho conosciuto e vissuto.
Con grande tristezza sono costretto a prenderne atto. Speriamo solo che ritrovi la consapevolezza dell’errore di questa regressione identitaria perché da tale involuzione del sindacato italiano è in gioco non solo il futuro della tutela dei lavoratori, ma una parte non secondaria della nostra democrazia.