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L’uso accorto dell’acqua*

Oggi tutti guardiamo attoniti alluvioni e siccità, ma non riflettiamo abbastanza su come abbiamo organizzato il circuito delle acque. L’uso attuale ruota intorno agli acquedotti (che sono spesso dei colabrodo) mentre le acque pluviali nei territori antropizzati (urbani, rurali o condizionati da un’agricoltura poco incline alla naturalità) si disperdono su terreni impermeabili o di difficile assorbimento, confluendo in una rete fluviale rigidamente contenuta da argini e strettoie incapaci di somigliare ad alvei fluviali che siano idonei a garantire la naturale esondazione nei periodi di piena.

Uno degli obiettivi primari del progetto di sistema dovrebbe essere quello di usare le acque locali, dalla pioggia alle fonti, dai rivi alle falde, come risorsa fondamentale per lo sviluppo locale di fonti ed energie locali e rinnovabili.

Ma non dimentichiamo che il progetto sistemico è pur sempre un progetto di architettura e di urbanistica, costruito su uno statuto complesso ma sempre votato all’arte e al bello.

Una prima considerazione: quanto bello e quanta arte sono stati prodotti nelle nostre città dall’architettura legata all’uso umano delle acque! L’acqua è un bene talmente prezioso che il suo sgorgare e manifestarsi nei luoghi di vita dell’uomo è sempre stato impreziosito, studiato, progettato con forme monumentali ma anche semplici e sobrie che, contenendo il suo apparire negli spazi dell’uomo, fossero degne del suo valore. In quanti Paesi, in cui la sola abbondanza era la povertà e la miseria di molti, l’unica struttura decorata era la fontana a cui il paese attingeva!

Sono infiniti gli esempi: le Terme, le Ville di Tivoli, le fontane barocche di Roma, i giochi d’acqua delle Regge dei Borboni a Versailles e a Caserta e… chi più ne ha più ne metta.

Anche nel progetto di sistema, l’architettura dell’acqua e per l’acqua deve progettare e costruire con la coscienza di produrre paesaggi urbani e rurali belli e gradevoli, punti, luoghi e centri di raccolta delle acque pluviali. Saranno invasi, cisterne, laghi e laghetti a creare nuovi giochi d’acqua, nuovi stazionamenti urbani, nuovi luoghi centrali di parchi e giardini ma non per divertire la corte dei Borboni ma per avere cascate e cascatelle da cui recuperare energia idroelettrica utilizzando gli accumuli delle acque di risulta, e per avere luoghi di ritrovo sociale, centri di orientamento culturale agricolo, nuovi orti botanici per le specie lacustri, centri didattici sulla fitodepurazione, sull’itticoltura e centri di rilancio della qualità organolettica salutare dei pesci d’acqua dolce.

Proviamo a essere virtuosi e nei paradigmi dello sviluppo sostenibile diamo ampio spazio al recupero e all’utilizzazione delle acque locali (piogge e umidità in primis) inserendole in progetti architettonici e paesaggistici capaci di esprimere nuovamente arte e bello nei nostri centri abitati e anche nelle campagne.

Andiamo con ordine.

Partiamo dai centri urbani. Oggi disperdono la gran parte delle acque pluviali che scivolano sui tetti e sui terreni impermeabili per confluire nei sistemi fognari o nelle aree adiacenti. Le città, quando progettate con la logica dell’edilizia e del valore della rendita, si servono solo delle reti e quindi non presentano nessuna forma di progettazione legata alla capacità di raccogliere le acque in invasi e cisterne. Il risultato è la carenza d’acqua nei periodi di siccità e inondazioni/alluvioni come si legge sui giornali o si vede nei telegiornali. 

L’acqua piovana, quando non è governata, produce inondazioni e non si rende disponibile per i periodi di secca e di siccità.

Che fare? Semplice, governiamola.

Proponiamo un vademecum scarno ma più che sufficiente per capire filosofia e azioni da mettere in atto.

Iniziamo a contare e misurare le falde dei tetti e i terreni impermeabili presenti. Tutta la pioggia che oggi cade sulle falde dei tetti e sui terreni impermeabili è facilmente convogliabile in cisterne, invasi di contenimento, fontane e rivoli che, se a diversi livelli, possono essere il presupposto di cascatelle.

Costruiamo un piano estetico, paesaggistico e funzionale del sistema delle acque con relativa progettazione dei diversi invasi di contenimento, fontane, rivoli e sicuramente otteniamo molti risultati: le cisterne romane si riempiranno e, se opportunamente progettate, possono essere messe in una loro propria rete di distribuzione; le acque che oggi scorrono nelle strade per finire in fogna, origineranno dei loro rivoli che portano a invasi di raccolta. Il recupero del sistema delle sorgenti e delle falde permetterà un loro sistema di raccolta e consentirà di dare adito alla progettazione di fontane e fontanili; i dislivelli possono essere il presupposto per creare cascatelle e giochi d’acqua che, oltre al piacere visivo, possono produrre energia. Affinché gli invasi non diventino stagni maleodoranti, saranno dotati di sistemi di fitodepurazione e di allevamenti di pesci producendo molti effetti positivi: la bellezza di laghi e laghetti dotati di papiri, ninfee e tutte le piante da fitodepurazione nonché un nuovo patrimonio ittico, composto di carpe, anguille e altre specie di pesci d’acqua dolce.

Chi come noi andava a cavallo per le campagne della maremma, ha visto le carpe nuotare nei fontanili per tenere pulita l’acqua, così come conosce bene la presenza delle anguille nelle cisterne romane ivi introdotte e sempre con lo stesso scopo.

Basta dimensionare il tutto con scienza e coscienza, e l’acqua non mancherà. Tutti ricordiamo che nessun castello e nessun monastero è mai stato preso per sete, perché le cisterne di raccolta delle acque dei tetti e dei cortili avevano la giusta dimensione

La città intanto si è abbellita con fontane e sistemi d’acqua. Ma si è anche arricchita, perché nel sistema di gestione delle acque siamo riusciti a progettare luoghi idonei a produrre energia e allevamenti ittici.

Inondazioni? Non più. Siccità? Non più. 

Un buon risultato culturale che esprime struttura e forma.

*Stralcio del libro in via di pubblicazione dal titolo  “Tempi storici in armonia con i tempi biologici”.  Il testo qui pubblicato è un paragrafo che ha come titolo:” L’architettura e il suo contributo alla formazione del bello nell’uso umano ma accorto dell’acqua”

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