In estrema sintesi, posso dire che il Pontificato di Francesco mi sia piaciuto. Di fronte ad una morte che ha traumatizzato il mondo, anche io sono rimasto profondamente colpito. È una morte avvenuta in un momento nel quale la saggezza che Francesco ha espresso ci sarebbe servita.
Io lo consideravo uno statista di livello mondiale, con una ampiezza di visione, oggi, assai rara. Pensiamo che, nel medesimo periodo, Trump si è presentato come un agente del caos installato alla Casa Bianca.
Di contro, Francesco ha messo in evidenza come il mondo contemporaneo vada verso una deriva nella quale le diseguaglianze aumentano e gli ultimi vengono dimenticati.
Lui ha usato la parola “scarto” a proposito della vita umana. La vita umana non è mai da scartare e anche l’ultimo va preservato. E questo, io credo, è stato l’insegnamento del suo Pontificato.
È stato definito come il Papa della globalizzazione. Oggi tutti lo elogiano. Anche coloro che praticano politiche opposte a quelle da lui indicate in materia di soluzione dei conflitti che attraversano il mondo. Ad esempio, con la netta condanna del riarmo.
Non intendo, con questo, negare che per me non è stato possibile condividere ogni sua posizione: ad esempio, voglio citare, per essere chiaro, la questione dell’aborto.
Insomma: come per ogni leadership, si possono vedere le luci e le ombre. Ma in questo Pontificato prevalgono nettamente le luci e la morte di Papa Francesco avviene in un momento molto difficile e controverso di trasformazione del mondo intero.
Celebri le sue frasi. Da quella che ha affermato che viviamo una Terza Guerra Mondiale, combattuta a pezzi, all’ultima, più perentoria: “in questo mondo a pezzi servono lacrime sincere”.
*Presidente di Lavoro & Welfare, già Ministro del Lavoro, ex Segretario confederale della CGIL