Avrebbe potuto far finta di niente e continuare come si è sempre fatto.
Invece no, papa Francesco si è lasciato guidare da almeno uno dei principi che ci consegnò nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (2013): “il tempo è superiore allo spazio”. Si legge: «Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce» (n. 223).
Sul tema della donna nella Chiesa, Bergoglio ha scelto di avviare processi. Affermò più volte: «La chiesa è donna, non è maschio. Non è il chiesa, al maschile, ma è la chiesa, al femminile, recuperare il giusto ruolo della donna nella Chiesa non è femminismo, è diritto!»
Coerente con questa evidenza, papa Francesco ha preferito laboratori di sinodalità nella comune uguaglianza battesimale: ha nominato più donne in ruoli chiave nei Dicasteri vaticani, di tutti i suoi predecessori insieme. Certo, le Commissioni di studio sull’ordinazione diaconale delle donne, volute in più riprese da Bergoglio, non hanno prodotto risultati evidenti. Ma si sa, l’esito dei processi non è mai scontato.
Per molti ha fatto tanto, per altri poco, per alcuni anche troppo. Atti dovuti o scelte profetiche?
Francesco ha anticipato un dono. A noi donne e uomini in cammino ha consegnato un “già” e un “non ancora”, tensione che abita il cuore di ogni vita e storia umana.
*Politologa e saggista