Newsletter

Riforma dell’ Irpef ?

Il Corriere ha pubblicato tabelle sbagliate su di una possibile ipotesi di riforma parziale dell’Irpef, mischiando Irpef e cuneo contributivo.  Tra il 2025 e il 2026 l’eventuale riforma riguarderebbe esclusivamente le aliquote Irpef e in particolare la riduzione dell’aliquota del secondo scaglione (1 o due punti) e un allargamento del secondo scaglione fino a 60.000 euro dagli attuali 50.000. Toccando solo le aliquote e riducendole, senza toccare contributi e detrazioni, nessuno del primo scaglione non potrebbe rimetterci, contrariamente a quanto riportato nelle tabelle del Corriere, al massimo non riporta alcun vantaggio perché non coinvolto nella riforma. 

In base alle ipotesi fatte, la struttura dell’Irpef potrebbe essere così ridisegnata:

 REDDITO ALIQUOTA     
 (per scaglioni) (per scaglioni) 
IRPEF Attualefino a euro 28.00023 
oltre euro 28.000 e fino a euro 50.00035 
oltre euro 50.000 43 
Ipotesi Afino a euro 28.00023 
oltre euro 28.000 e fino a euro 60.00033/34
oltre euro 60.000 43 
Ipotesi Bfino a euro 28.00023 
oltre euro 28.000 e fino a euro 50.00033/34
oltre euro 50.000 43 

Nella tabella successiva sono indicati i vantaggi in termini di minore imposta Irpef derivanti dall’applicazione di queste ipotesi di riforma nel 2026.

Trattandosi di modifiche della sola aliquota del secondo scaglione, ed eventualmente del limite del secondo scaglione, i vantaggi sono uguali per tutti i contribuenti a parità di reddito, siano essi dipendenti, pensionati, autonomi non in flat tax o altro. 

L’attuale differenziazione Irpef tra dipendenti, pensionati e autonomi non in flat tax deriva infatti dalle detrazioni e dai bonus che non verrebbero toccati dall’intervento di riforma.

La riduzione di due punti dell’aliquota del 35% da un vantaggio naturalmente doppio rispetto alla riduzione di un punto. 

Chi sta nel primo scaglione, fino a 28.000 euro, non ha alcun vantaggio. ĶIl vantaggio inizia a 28.001 euro, all’inizio del secondo scaglione e cresce progressivamente fino a 50.000 euro arrivando a 440 (220) euro annui a secondo che la riduzione dell’aliquota sia di 2 o di un punto.

Se il limite dello scaglione non è toccato questo è il vantaggio massimo goduto, e questo vantaggio fiscale andrà a tutti coloro che hanno un reddito imponibile superiore a 50.000 euro.

IPOTESI DI RIFORMA IRPEF- VANTAGGI FISCALI

 Secondo scaglione a 60.000 euro Secondo scaglione immutato a 50.000 euro
 Imponibile  Vantaggio con riduzione aliquota al 33%Vantaggio con riduzione aliquota al 34% Vantaggio con riduzione aliquota al 33%Vantaggio con riduzione aliquota al 34%
28.00000
00
29.0002010
2010
30.0004020
4020
33.00010050
10050
35.00014070
14070
37.00018090
18090
40.000240120
240120
43.000300150
300150
45.000340170
340170
47.000380190
380190
50.000440220
440220
55.000940670
440220
57.0001140850
440220
60.00014401120
440220
63.00014401120
440220
65.00014401120
440220

Se il limite dello scaglione e’ portato a 60.000 euro il vantaggio cresce progressivamente fino a 1.440 euro a 60.000 euro perché il beneficio per coloro che hanno un reddito superiore a 50.000 euro, per questa parte di reddito non è di 2 (1) punti percentuali, ma di 10 (9) punti, perché la loro aliquota in questo caso era del 43%.

Il vantaggio di 1.440 euro resta inalterato per tutti i redditi superiori a 60.000 euro.

Costi ed equità 

Dare a tutti i redditi superiori a 60.000 euro, anche a quelli di 200.00, 300,000 e passa euro un vantaggio di 1.440 euro è un non senso. Significa poco o nulla per questi redditi, ma complessivamente innalzare il limite del secondo scaglione vuol dire raddoppiare i costi dell’intervento.

Una stima di massima, fatta sulla base delle dichiarazioni dei redditi del 2023 indica in circa 4,5 mld il costo di una riforma che preveda il taglio di due punti dell’aliquota del 35% e l’innalzamento a 60.000 euro del limite dello scaglione.

Senza modificare il limite dello scaglione il costo scenderebbe a 2/2,5 mld. rendendola economicamente più fattibile e certamente più  sostenibile socialmente non dando vantaggi fiscali a chi non ne ha bisogno.

Certo innalzare il limite del secondo scaglione per diminuire la pressione fiscale sui redditi fino a 60.000, se vogliamo anche fino a 100.000 euro in modo sostenuto come avverrebbe con l’innalzamento del secondo scaglione, sarebbe anche ragionevole per diminuire la pressione fiscale che grava su questi redditi che producono buona parte del gettito fiscale.

Un modo per salvare come si dice capra e cavoli c’è, basta avere coraggio. Il problema sta nell’evitare che i redditi sopra una certa soglia godano dei vantaggi derivante dalla riduzione della seconda aliquota e dall’innalzamento dal limite del secondo scaglione.

Si può aumentare il valore della terza aliquota sopra i 60.000 euro o sdoppiare il terzo scaglione introducendo una nuova aliquota sopra i 100.00 o i 150.000 euro. Valori delle aliquote e limiti degli scaglioni sono strettamente legati ai risparmi da ottenere per ridurre i costi complessivi della riforma.

Le soluzioni possono essere tante e certamente avrebbero un carattere di maggiore equità. 

IL MEF potrebbe ipotizzare diverse soluzioni secondo questo schema rendendo compatibili tra di loro, riforma, diminuzione della pressione fiscale sui ceti “medi”, compatibilità  finanziarie.

Condividi su:

Scarica PDF:

image_pdf
Cerca

Altri post

Iscriviti alla newsletter

E ricevi gli aggiornamenti periodici

NEWSLETTER NUOVI LAVORI – DIRETTORE RESPONSABILE: PierLuigi Mele – COMITATO DI REDAZIONE: Maurizio BENETTI, Cecilia BRIGHI, Giuseppantonio CELA, Mario CONCLAVE, Luigi DELLE CAVE, Andrea GANDINI, Erika HANKO, Marino LIZZA, Vittorio MARTONE, Pier Luigi MELE, Raffaele MORESE, Gabriele OLINI, Antonio TURSILLI – Lucia VALENTE – Manlio VENDITTELLI – EDITORE: Associazione Nuovi Lavori – PERIODICO QUINDICINALE, registrazione del Tribunale di Roma n.228 del 16.06.2008

Iscriviti alla newsletter di nuovi lavori

E ricevi gli aggiornamenti periodici