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Il turismo in Italia, cresce ma non è boom

L’Italia, non c’è bisogno di dirlo, è uno dei Paesi al mondo a maggiore attrattività turistica. Non a caso, infatti, è il Paese che ha all’interno dei propri confini nazionali il maggior numero di opere o siti sotto protezione dall’UNESCO, ben 51, in quanto patrimonio dell’umanità. Dopo di noi: la Cina e la Spagna, rispettivamente con 50 e 45 siti patrimonio dell’umanità.

Tuttavia, questa supremazia non dà al Paese lo stesso posizionamento apicale in termini di visite di turisti stranieri. Prima dell’Italia, in questa speciale classifica stilata dalla World Tourism Organization, vi sono infatti, nel 2015, ben 4 Paesi:

 

  • Francia, con 84,5 milioni di visitatori stranieri
  • Stati Uniti d’America, con 75,0 milioni di visitatori stranieri (dato riferito al 2014)
  • Spagna, con 68,2 milioni di visitatori stranieri
  • Cina, con 56,9 milioni di visitatori stranieri
  • Italia, con 50,7 milioni di visitatori stranieri

 

E se andiamo a vedere gli introiti registrati dalle casse statali in ragione di questi arrivi, l’Italia scende al 7° posto, con 39,4 miliardi di dollari incassati nel 2015 contro i 178,3 degli Stati Uniti d’America, i 114,1 della Cina, i 56,5 della Spagna, i 45,9 della Francia, i 44,6 della Thailandia e i 42,4 del Regno Unito.

Il confronto tra questi dati è spiegato da una situazione per la quale il nostro Paese vede una permanenza media dei turisti inferiore rispetto ad altri. E inoltre c’è da dire che il turismo di lusso, quello che per intenderci è animato da viaggiatori facoltosi, sembra preferisca altre mete rispetto al nostro territorio nazionale.

È il Wealth Report 2017 a raccontarci come le mete preferite dai “ricchi” (i cosiddetti ultra-high net worth individuals, UHNWIs, cioè coloro che vantano un patrimonio di almeno 30 milioni di dollari) siano città come Londra, New York, Hong Kong e San Francisco. Per scovare una città italiana in questa speciale classifica bisogna scendere al 36° posto, dove troviamo Roma.

Va comunque detto che in un recente rapporto sulle presenze turistiche straniere in Italia, Confcommercio e Confturismo sottolineano come nell’ultimo anno, il 2016, la presenza di stranieri sia ulteriormente aumentata rispetto al 2015, arrivando a toccare quota 56 milioni di arrivi. In calo, invece, il movimento di turisti italiani. Ma il dato su cui Confturismo vuol farci ragionare nel succitato rapporto è quello che riguarda proprio le permanenze medie, ossia quanto un turista si ferma nel nostro Paese dopo essere arrivato.

Ebbene, questo dato è tutt’altro che incoraggiante, poiché racconta di un turismo sempre più “mordi e fuggi”. Se, infatti, nel 2001 i turisti stranieri restavano in media 4,1 giorni, nel 2016, dopo un costante calo nel tempo, si è arrivati a una media pari a 3,6 giorni (peraltro con aumento di 0,1 punti rispetto al 2015, punto più basso degli ultimi 15 anni).

Numerose le cause segnalate da Confturismo per segnalare questa performance negativa: introduzione dell’euro, crisi economica, terrorismo internazionale, recessione.

C’è poi da chiedersi da dove vengano i turisti che visitano il nostro Paese e quali siano le nazionalità più presenti nelle nostre strutture ricettive. È ancora Confturismo a dircelo, stilando la classifica che segue, una classifica che ci informa circa gli arrivi in Italia nel 2016 per i primi 10 Paesi di provenienza:

 

  • Germania, con 11.064.852 arrivi
  • Stati Uniti d’America, con 4.561.063 arrivi
  • Francia, con 4.374.939 arrivi
  • Cina, con 3.785.337 arrivi
  • Regno Unito, con 3.386.576 arrivi
  • Svizzera, con 2.736.855 arrivi
  • Austria, con 2.387.913 arrivi
  • Paesi Bassi, con 1.984.269 arrivi
  • Spagna, con 1.836.194 arrivi
  • Giappone, con 1.117.257 arrivi

 

Secondo quanto leggiamo nel rapporto: “Scalano posizioni Cina e Svizzera rispettivamente dal 10° posto del 2001 al 4° del 2016 e dal 7° al 6°. All’opposto scendono Regno Unito, Austria e Giappone che passa dal 6° posto del 2001 al 10° del 2016”.

Ma a questi numeri cosa corrisponde in termini di occupazione nel settore turistico? Qual è la ricaduta del turismo sul mondo imprenditoriale del lavoro? Per rispondere a questa domanda possiamo fare riferimento a una stima di Confesercenti che, considerando tutto il comparto (dunque non più soltanto l’accoglienza di turisti stranieri) mette a paragone dati riferiti all’agosto 2015 e allo stesso mese del 2016 (agosto, chiaramente, è infatti il mese in cui l’economia del turismo tocca il suo apice).

Possiamo dire allora che nel nostro Paese, secondo il dato riferito ad agosto 2016, vi sono in totale 434.856 imprese operanti nel settore (considerando sia le attività che offrono alloggio che quelle dei servizi della ristorazione). Tutte queste imprese danno lavoro a 1.599.748 addetti.

Va detto infine che in entrambi i casi (imprese e occupati) si è registrato nell’ultimo anno un incremento senza dubbio positivo. Le imprese sono infatti aumentate del 2,2% e gli occupati del 4,3%. Si tratta di dati che, almeno in parte, smorzano le preoccupazioni derivanti dal calo della permanenza media dei turisti stranieri in Italia.

Nel complesso, dunque, il sistema dell’economia del turismo in Italia sembra reggere, nonostante gli ostacoli determinati da fattori sopra richiamati come il terrorismo internazionale e la recessione. Va detto però che un cambio di rotta dovrebbe essere impostato per allungare la permanenza media dei turisti, per far sì, insomma, che coloro che vengono nel nostro Paese ci restino più tempo di quanto attualmente fanno.

A questo scopo bisognerebbe forse lavorare sull’elaborazione di un’idea generale di turismo che sia meno improntata alla dimensione del “mordi e fuggi”, del facile e rapido consumo. Un simile turismo, infatti, oltre a essere più remunerativo per le casse dello Stato, di sicuro potrebbe configurarsi in maniera più sostenibile per l’ambiente e per le nostre città (sappiamo quando attività economicamente remunerative sulla breve distanza possano non esserlo affatto sulla lunga, se non seguono i parametri della sostenibilità), i cui centri storici sono spesso malamente piegate alle esigenze di quelli che potrebbero essere definiti “consumatori di vacanze”. In estrema sintesi, non è tanto la mole delle persone che entrano in Italia l’elemento su cui puntare, ma la qualità dell’offerta e la capacità di trattenere tra le nostre bellezze i turisti che ne sono veramente interessati, valorizzando il territorio ed evitando di svenderlo agli appetiti passeggeri del “mordi e fuggi” e del turista massificato che cerca a Roma, Napoli e Firenze quanto potrebbe trovare anche a Berlino, Londra e New York.

 

 (*)  L’articolo originale è in WeCanJob.

 

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