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Le miopie della UE nella gestione dei conflitti nel mondo

“Vi scriviamo per esprimere il nostro pieno sostegno al 19° pacchetto di sanzioni proposto dall’UE in risposta all’invasione russa dell’Ucraina e ai crimini di guerra commessi dalle forze russe attraverso bombardamenti di aree civili, torture, stupri e rapimenti di bambini. Allo stesso tempo, sollecitiamo con forza l’adozione di misure restrittive analoghe contro la giunta militare del Myanmar, responsabile di efferati crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Russia e Bielorussia, insieme a Cina e Corea del Nord, rimangono stretti alleati e sostenitori della giunta militare del Myanmar e delle sue continue atrocità contro la popolazione birmana.
ITALIA-BIRMANIA.INSIEME (IBI) esprime la sua più profonda preoccupazione per la continua inazione delle istituzioni europee nel contrastare i piani del leader militare del Myanmar, ora autoproclamatosi presidente ad interim, di indire elezioni completamente illegali, volte a legittimare il governo militare come avvenuto nel 2010”.

Così inizia la lettera aperta che IBI ha inviato la settimana scorsa alla leadership della Commissione UE e del Parlamento Europeo.

L’Associazione chiede che non vengano usati due pesi e due misure nella gestione di crisi profonde come quella in atto in Ucraina e in Myanmar. Entrambe provocate e sostenute da governi autoritari.
In un dossier, allegato alla lettera, con numerosi dati raccolti da una taskforce, di cui IBI fa parte e costituita dalle organizzazioni sindacali birmane e da ricercatori asiatici, si mette in evidenza il rischio che le elezioni illegali organizzate dalla giunta birmana e in programma per il mese di dicembre di quest’anno, possano non solo consolidare sotto mentite spoglie la dittatura, ma anche l’occupazione ingombrante di Cina, Russia e Bielorussia del Paese e soprattutto dell’oceano indiano, attraverso la costruzione di porti profondi nel territorio birmano.
Il recente vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO), guidata da Cina e Russia, ha dimostrato il potenziale perverso e il grave impatto politico di un’alleanza così diabolica con la giunta militare birmana. Durante questo vertice, il Presidente Xi si è impegnato a sostenere l’ingresso del Myanmar nella SCO. Questo è un altro chiaro messaggio geopolitico attraverso il quale Pechino vuole riaffermare la propria influenza sui processi decisionali regionali.
Grazie a un accordo tra Cina e Myanmar dell’ottobre 2024, è stata creata una società di sicurezza privata cinese, che è entrata nel paese per proteggere gli investimenti cinesi legati alla Belt and Road Initiative e che è stata dispiegata anche a pochi chilometri dal confine con l’India, non lontano dall’enorme progetto infrastrutturale indiano sul fiume Kaladan nello Stato Rakhine, creando forti preoccupazioni per Modi.
I porti e le rotte di transito in fase di sviluppo in Myanmar – come il porto profondo di Kyaukphyu costruito dalla Cina nello Stato Rakhine e il porto profondo della Russia a Dawei – non saranno solo corridoi economici, ma potenziali avamposti militari. Queste strutture trasformate in basi navali o hub logistici, consentiranno a Cina e Russia di proiettare la loro potenza militare nell’Oceano Indiano, trasformando il Myanmar in un trampolino di lancio per operazioni militari, di spionaggio o informatiche verso il Mar Cinese Meridionale e oltre, mettendo a repentaglio la libertà di navigazione, la stabilità regionale e il diritto internazionale.

Il porto profondo di Kyaukphyu fa parte della cosiddetta strategia cinese detta “String of pears” è una piattaforma a duplice uso con un’opzione militare integrata. Sebbene non sempre visibile nelle piattaforme di trasporto commerciale, il porto svolge un ruolo fondamentale nel facilitare i flussi di carburante di tipo militare e i corridoi economici a duplice uso.

Il porto profondo costruito dai russi a Dawei e la Zona Economica Speciale ad esso collegata, della dimensione di 196 km quadrati, diventeranno il più grande polo industriale e commerciale del Sud-est asiatico, un’importante porta d’accesso al commercio non solo per il Myanmar, ma anche per la più ampia subregione del Grande Mekong, Cambogia, Laos, Thailandia, Vietnam e Cina. E soprattutto, diventeranno una leva strategica e militare, per la Russia che ha finora avuto un’influenza minima nell’area. Inoltre, è ampiamente dimostrato che la Russia continua a vendere armi e petrolio all’esercito birmano, attraverso petroliere fantasma che navigano in modo occulto verso i porti del Myanmar.
Un’analisi dei dati effettuata dalla taskforce sindacale sugli scali portuali, da febbraio ad agosto 2025, rivela un numero allarmante di petroliere e chimichiere (fino a oltre 90 viaggi documentati), cosiddette navi fantasma battenti bandiera di comodo, che hanno scaricato carburante direttamente nei porti controllati dai militari birmani (Thilawa, Yangon, Kyaukphyu) o sono transitate attraverso hub di trasbordo in Malesia, Singapore, Indonesia e Vietnam.
Per questo IBI sottolinea che è giunto il momento per la UE e i suoi Stati membri di attuare la Risoluzione ILO sull’art. 33 e di sanzionare le entità che garantiscono la fornitura diretta e indiretta, la vendita, il trasferimento (inclusi transito e trasbordo), la fornitura di assicurazioni e riassicurazioni e l’intermediazione, che consentono, attraverso il commercio marittimo, l’importazione di beni militari, carburante e beni di lusso, e l’esportazione di risorse naturali, tra cui gas naturale, giada, legname e riso ma anche di prodotti del settore abbigliamento, che la UE ha importato nel 2024 per un totale di 3.1 miliardi di Euro.
La Commissione Europea, molto subdolamente adduce la sua opposizione alla sospensione del sistema di preferenze generalizzate per il Myanmar (sistema la cui attuazione è condizionata al rispetto delle norme internazionali sui diritti umani e del lavoro) per la catena di decentramento del sistema moda europeo in Birmania, con la giustificazione falsa che non vi c’è alcun legame tra la filiera dell’abbigliamento e l’esercito, e che la sospensione aumenterebbe la disoccupazione e la povertà tra i lavoratori. In realtà l’ILO ha ben documentato come il lavoro schiavo in queste aziende è senza possibilità di miglioramento alcuno, per l’impossibilità per le imprese europee di attuare una vera due diligence e per imporre la libertà di organizzazione sindacale e contrattazione.

Inoltre, i dati pubblicati dal giornale della giunta mostrano inoltre, senza alcuna possibilità di smentita, che la Banca Centrale del Myanmar (CBM) da giugno a fine settembre 2025, ha venduto milioni di dollari USA, provenienti da aziende manifatturiere di abbigliamento birmane, a società importatrici di olio combustibile. Una vendita che rientra nei tentativi della banca centrale di immettere valuta estera nel settore del carburante, per superare le preoccupazioni militari connesse alla stabilità di approvvigionamento dall’estero di carburante.
E’ noto che il carburante importato è utilizzato non solo per attività civili, ma viene anche utilizzato per alimentare camion, veicoli blindati per trasporto truppe, generatori utilizzati nei bunker di comando, nei centri di comunicazione, negli ospedali militari, negli alloggi degli ufficiali e – cosa più importante- nelle 25 fabbriche statali che producono gran parte delle armi, pistole, munizioni, bombe a grappolo e bombe-barile.

Siamo a un punto di svolta nella storia. Se non avremo il coraggio di agire con decisione, sarà in gioco non solo l’eroico sacrificio del popolo del Myanmar durante questi quasi cinque anni di strenua resistenza, ma anche il futuro della democrazia, non solo in Myanmar ma anche in Europa. E’ pertanto necessario attuare le stesse misure usate per strangolare la violenza della Russia.

Senza denaro, armi e carburante per aerei, la giunta non può condurre la sua guerra contro il popolo del Myanmar. Sanzioni più severe e meglio applicate, coordinate tra UE, ASEAN e alleati democratici, sono essenziali per privare il regime della sua capacità di terrorizzare i civili e di alimentare le sue reti clientelari criminali. I suoi attacchi aerei, il principale strumento del terrore, dipendono interamente dal carburante per aerei importato.
La sua sopravvivenza dipende dall’accesso finanziario internazionale, dagli afflussi di valuta estera e dal supporto logistico di facilitatori stranieri.
E’ urgente bloccare le quattro banche controllate dalla giunta che non sono sanzionate, come non è stato vietato l’uso di codici SWIFT e altri servizi di messaggistica finanziaria per impedire l’afflusso di valuta pregiata. Infine per evitare un impatto negativo sulle rimesse dei milioni di lavoratori migranti esistono specifiche procedure che, se attuate, toglierebbero ogni alibi ai governi europei e alla Commissione UE, che si nasconde dietro questi falsi ostacoli per tutelare le imprese produttrici di capi di abbigliamento a bassissimo costo in Birmania, a spese della democrazia di un paese.

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