Il Baden-Württemberg è il primo Land nel quale la IG Metall, dopo aver intensificato la lotta la scorsa settimana con azioni di sciopero di 24 ore (culminate nella giornata di venerdì 2 febbraio con la fermata di 300mila lavoratori del settore automotive), firma l’accordo per il rinnovo del contratto collettivo. L’adesione totale agli scioperi di avvertimento di gennaio in 275 aziende e negli scioperi della scorsa settimana, che hanno coinvolto oltre un milione e 500mila lavoratori, hanno fatto cambiare idea all’unione degli industriali “Gesamtmetall” (la Federmeccanica tedesca), fino a ieri refrattaria ad ogni concessione, specie in tema di orari di lavoro. Il suo presidente, Rainer Dulger, la settimana scorsa aveva dichiarato: “Quello che non vogliamo sono le aziende ferme per un lungo periodo e le strade piene di bandiere rosse”.
L’intesa firmata nella tarda serata del 5 febbraio a Stoccarda con l’associazione dei datori di lavoro Südwestmetall, farà da apripista ai negoziati che si svilupperanno negli altri Länder tedeschi, riguardando complessivamente in tutta la Germania 3,9 milioni di occupati nei diversi settori dell’industria metalmeccanica ed elettrica.
Il presidente di IG Metall, Jörg Hofmann, ha sintetizzato il positivo risultato contrattuale affermando: “i lavoratori ottengono un significativo aumento del loro reddito reale, ma anche più autodeterminazione nell’orario di lavoro. La flessibilità non è più un privilegio del datore di lavoro”. E, in effetti, questo rinnovo contrattuale segna una discontinuità. Ci piaccia o no.
Dopo anni di pragmatismo, ragionevolezza e moderazione salariale dettate dalla crisi economico-finanziaria, la IG Metall (il più grande sindacato metalmeccanico al mondo con 2 milioni e 260 mila iscritti) ha innestato la quarta. Non perché abbia radicalizzato la propria linea, abiurando il recente passato. Ma per un cambio di fase e di prospettiva economica. La priorità per anni, anche nella stabile Germania, è stata la difesa e la creazione di lavoro. Anche a costo di accordi di concessione e di contenimento delle richieste contrattuali. Al punto che il Financial Time nel novembre del 2016 evidenziava, con un grafico illuminante, come le retribuzioni in Germania non erano riuscite ad aumentare di pari passo con la produttività del lavoro, dando – in questo modo – alle imprese tedesche un vantaggio rispetto alla concorrenza estera.
La forbice tra incrementi della produttività oraria del lavoro e salari reali ha cominciato a ridursi (come il grafico dimostra) solo dai rinnovi contrattuali del 2014. Per IG Metall era giunto il momento che i lavoratori tedeschi recuperassero la loro parte di ricchezza che, in questi anni, hanno contribuito a generare. Con una fase economica in piena espansione, con il portafoglio ordini delle aziende pieno e profitti da record non era del tutto irragionevole la rivendicazione di un aumento salariale del 6,0 per cento per 12 mesi in presenza di un’inflazione tra 1,7-1,8 per cento (tenuto conto che in Germania esiste un unico livello di contrattazione collettiva).
L’accordo raggiunto prevede un aumento dei minimi retributivi del 4,3 per cento a partire da aprile 2018 (i primi tre mesi dell’anno sono coperti da una tantum di 100 euro). Nel 2019 saranno erogati due importi annui: uno del valore di 400 euro uguali per tutti e uno pari al 27,5 per cento del salario mensile percepito. Nel 2020 queste erogazioni saranno consolidate nei minimi retributivi. La scadenza del contratto al 31 marzo 2020 va incontro alla richiesta dei rappresentanti degli industriali che chiedevano una vigenza contrattuale di 27 mesi.
Per quanto riguarda l’autodeterminazione dell’orario di lavoro e la riconciliazione tra lavoro e vita privata, l’accordo introduce importanti novità a partire dal 2019. È riconosciuto il diritto soggettivo del singolo lavoratore di ridurre l’orario di lavoro (con riduzione parziale del salario) fino a 28 ore settimanali per un minimo di sei e un massimo di 24 mesi. Dopo la scadenza del periodo concordato, potranno decidere di tornare a orario pieno. I lavoratori che devono prendersi cura dei figli (fino ai 14 anni d’età) o dei familiari anziani, oppure lavorano in turni o in attività usuranti, sempre dal 2019, potranno scegliere anziché il sussidio supplementare concordato ulteriori otto giorni di riposo, di cui due sono pagati dal datore di lavoro.
Con questo risultato innovativo, la IG Metall ha riportato la qualità della vita al centro della contrattazione collettiva. L’accordo crea un precedente molto importante per la prospettiva di una maggiore autodeterminazione dell’orario di lavoro – nella fase di sviluppo di Industry 4.0 – da parte dei lavoratori.
La digitalizzazione, l’emergere dello smart working, insieme alla globalizzazione hanno esercitato nei confronti dei lavoratori una pressione verso una maggiore flessibilità ed estensione della prestazione lavorativa nell’arco della giornata lavorativa. Finora, ciò ha solo avvantaggiato le aziende, spesso a scapito del benessere dei lavoratori.
La richiesta e il risultato ottenuto da IG Metall, per un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata, fa eco a un dibattito analogo che si sta svolgendo nei sindacati in tutta Europa, sull’intensificazione del lavoro e la pressione esercitata dalle imprese a lavorare di più. Una recente indagine condotta dal sindacato dei lavoratori metalmeccanici francesi, FGMM-CFDT, indica una forte tendenza a lavorare più ore dell’orario legale di lavoro, senza compensazione. Ciò è particolarmente vero per i “colletti bianchi” che, a larga maggioranza, riferiscono che il loro effettivo orario di lavoro settimanale è superiore a quello contrattuale senza alcun tipo di compensazione.
Inoltre, lo studio mette in evidenza i confini tra orario di lavoro e tempo libero che stanno diventando poco chiari, specialmente per le persone che possono lavorare in remoto, usando i dispositivi mobili. E dare forma ai tempi di lavoro per il futuro in un mondo del lavoro in evoluzione è una sfida che i sindacati devono assolutamente affrontare.
La lotta intrapresa da IG Metall sia per riallineare i salari agli incrementi di produttività, sia per un moderno sistema di orario di lavoro, è una questione centrale per tutto il sindacalismo europeo. In questa prospettiva il 6 e 7 dicembre 2018 a Bratislava si svolgerà la Conferenza di industriAll Europe sulla Contrattazione Collettiva “Labor 4.0: una forte contrattazione collettiva per modellare la digitalizzazione” (Bratislava 6-7 dicembre 2018), la quale dovrà definire un piano d’azione coordinato su scala europea.
(*) Responsabile Ufficio Internazionale FIM-CISL