Stiamo attraversando un periodo di forti cambiamenti, nonostante gli ultimi anni abbiano fatto registrare ampi miglioramenti nel mercato del lavoro e nella sua regolazione. Tuttavia, lo scenario presenta ancora molti elementi di criticità, caratterizzato da un profonda frammentazione a livello locale e da forti contese ideologiche e politiche che ne minano la crescita, pertanto il divario con il resto dell’Europa rimane preoccupante su tutti i principali indicatori del mercato del lavoro, a partire dal nodo della produttività, dal livello di occupazione (in Italia il tasso di occupazione è ancora fermo al 58,2, al penultimo posto nell’Area Euro, mentre la disoccupazione all’11,2% equivale al terzo posto in Europa (1)) e dalla sostenibilità del nostro welfare. Oltre a ciò, destano preoccupazione i 2 milioni e 189 mila giovani tra i 15 ed i 29 anni che non studiano e non lavorano, con tassi di occupazione di queste fasce d’età inferiori di dieci punti rispetto alla media europea. (2)
Nel frattempo, lo scenario internazionale risulta profondamente mutato, con una nuova fase di globalizzazione “Industria 4.0” e, più in generale, con la diffusione di tecnologie digitali che consentono lo sviluppo di filiere internazionali senza integrazione fisica. In altre parole le imprese possono innovarsi e quindi competere a livello internazionale senza per forza delocalizzarsi.
Partendo dall’analisi di questi presupposti, Assolombarda in collaborazione con ADAPT ha pubblicato il Libro Bianco “Il Futuro del Lavoro”, ponendosi la fondamentale domanda di come si trasformerà il lavoro nei prossimi anni. Il documento analizza le principali aree di cambiamento (tecnologia, demografia e ambiente) e per ognuna di queste viene fatta un’analisi degli scenari, delle trasformazioni e degli impatti sul mercato del lavoro, al fine di elaborare una serie di proposte operative.
Lo sviluppo di nuove tecnologie comporta importanti mutamenti nel mondo professionale, contraddistinti da un processo di distruzione/trasformazione di vecchi lavori e creazioni di nuovi, caratterizzati da una nuova idea di stabilità non più basata sul posto di lavoro “per tutta la vita”, ma sulla costruzione di carriere discontinue.
Un altro importante tema è la questione demografica: l’atteso invecchiamento della popolazione porterà a un conseguente invecchiamento dei lavoratori, con conseguenze che ancora facciamo fatica ad immaginare sul welfare e sulle condizioni di lavoro, mentre la spinta all’innovazione richiede un costante aggiornamento di competenze, soprattutto in ambito digitale.
Inoltre, poiché la protezione dell’ambiente e l’eco-sostenibilità sono diventati elementi prioritari nell’agenda politica, bisogna ridisegnare le imprese ed il valore ad esse attribuito, sia per un utilizzo ordinato e sostenibile delle risorse e del territorio, sia per la creazione di nuove opportunità occupazionali in termini di profili professionali moderni e competenze ad elevato valore aggiunto.
A fronte di questi fattori che spingono il cambiamento, la società civile ed il mondo professionale devono rispondere prontamente, inserendo correttivi che possano sostenere e vincere le sfide del prossimo decennio. Tra le proposte avanzate nel documento risulta: una semplificazione e razionalizzazione del quadro regolatorio nazionale che dia maggior spazio alla contrattazione di secondo livello, affrontando la sfida della produttività e della qualità del lavoro; un ripensamento del sistema previdenziale che tuteli le transizioni occupazionali; una modifica del sistema delle politiche attive che sia in grado di prevenire o gestire anticipatamente la disoccupazione, sperimentando anche strumenti di accompagnamento alle transizioni come il “conto professionale di attività”, introdotto di recente in Francia.
Oltre a ciò, sarà necessario modificare l’attuale normativa sull’orario di lavoro per renderla più compatibile con l’economia digitale, immaginare nuove forme di flessibilità contrattuale, sostenere e potenziare forme di welfare, promuovere e favorire la presenza di reti di imprese (distretti della conoscenza), ripensare il rapporto tra pubblico e privato all’interno del sistema universitario, sviluppare la cultura della formazione professionale ed il miglioramento continuo delle competenze, ecc.
Il lavoro quindi non sparirà, ma saranno necessarie nuove competenze e soprattutto nuovi modelli organizzativi.La persona e il suo lavoro, al contrario, saranno sempre più centrali nella logica aziendale, ma con importanti rivoluzioni sui tempi di lavoro, sui luoghi e sulle modalità di retribuzione. In questo scenario è necessario ripartire dal territorio e dalla sua centralità, ovvero da quel luogo in cui i diversi attori del cambiamento possono unirsi e costruire valore condiviso. Solo in questo modo si potrà modernizzare il mercato del lavoro e restituire dignità alle professioni.
1) Fonte: Eurostat, IV trimestre 2017.
2) Fonte: Istat, anno 2017.