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Mezzogiorno: sgravi fiscali per attrarre i pensionati (*)

La concorrenza fiscale è uno degli sport più praticati dai governi, non solo nei confronti delle imprese ma anche delle persone. Infiniti dibattiti politici e autorevoli media ne hanno sviscerato soprattutto gli aspetti negativi, che non sono certo pochi. Questa concorrenza vede ovviamente in primo piano i così detti “paradisi fiscali” ma molti paesi europei ne sono robusti attori, da Malta fino all’Irlanda, passando per il Lussemburgo e, ovviamente per la Svizzera dove, per gli stranieri che vi si trasferiscono portando con sé un minimo imponibile di 400.000 Euro, l’imposta conseguente non è calcolata sul reddito ma solo sui consumi.

In questa gara così particolare si è recentemente aggiunta l’Italia, anche se con un provvedimento modesto rispetto a quello dei paesi concorrenti. Esso prevede il pagamento forfettario di un’imposta di 100.000 euro per coloro che non risiedono da almeno 10 anni nel nostro paese e decidono di tornare o di trasferirsi in Italia. Un provvedimento non confrontabile con quello dei paradisi fiscali ma che ha avuto tuttavia un certo successo.

In tutti i casi precedentemente ricordati si tratta di provvedimenti per attrarre le risorse di persone benestanti.

A fianco di questa si è sviluppata una concorrenza fiscale più modesta ma che, con l’invecchiamento della popolazione, ha assunto un’importanza economica non certo trascurabile. Intendo le facilitazioni fiscali concesse ai pensionati stranieri che si trasferiscono in altri paesi.

Si tratta ormai di centinaia di migliaia di persone a livello europeo che portano la loro residenza effettiva (in genere per almeno 6 mesi all’anno) in paesi dove, con il ricavato della loro pensione, possono vivere più agevolmente e in condizioni ambientali più adatte alla loro età.

In Bulgaria, ad esempio, l’aliquota viene fissata al 10%, mentre in Portogallo si prevede l’esenzione fiscale totale dei redditi da pensione per un periodo di dieci anni.

È vero che le istituzioni internazionali (come l’OCSE e l’UE) si sono pronunciate contro queste agevolazioni che violano il principio della concorrenza ma non vedo perché, se vengono permesse ad alcuni paesi, non vengano permesse ad altri, dato che, con questa diversità di politiche, il principio della non concorrenza viene evidentemente violato.

Tre sono in genere le calamite necessarie per attirare questi pensionati: il clima mite, il basso costo della vita, e un regime fiscale favorevole.

Quanto al clima mite non vedo concorrenza possibile alla Sicilia e a tante altre parti del nostro Mezzogiorno mentre, riguardo al costo della vita, esso si posiziona in una situazione intermedia tra i paesi europei a più basso reddito e quelli più ricchi, compresa l’Italia del Nord. Non capisco quindi perché non si possa decidere che anche in una parte del nostro Mezzogiorno (ad esempio la Sicilia dove il clima non è diverso da quello della Tunisia) sia applicata una sostanziale esenzione fiscale o un’aliquota minima per gli stranieri che si vogliano trasferire negli anni di pensionamento.

A quale area territoriale convenga estendere questo beneficio lo dovranno naturalmente decidere i futuri governanti, tenendo presente che, più grande sarà quest’area, minori saranno le possibilità di potere mettere in atto questo provvedimento. Se si trovassero ostacoli insormontabili (ma date le situazioni attuali non vi dovrebbero essere) si potrebbe aggiungere l’obbligo per il pensionato di acquistare o di prendere in affitto un’abitazione vuota da almeno tre anni. Il che non è certo difficile, dato che tutto il Sud è pieno di abitazioni vuote.

Non è questo ciò che io ho sempre immaginato per fare finalmente decollare il nostro Mezzogiorno, dove il clima e le condizioni ambientali dovrebbero essere in grado di attirare i giovani più creativi e le imprese d’avanguardia, ma debbo prender atto in primo luogo che, dove queste modeste misure fiscali sono state adottate, i vantaggi economici sono stati rilevanti e, in secondo luogo, che esse hanno contribuito a creare innovazioni (come ad esempio collegamenti aerei o nuovi sistemi sanitari) che hanno fortemente aiutato lo sviluppo economico della regione.

Credo che mettere in atto qualcosa di concreto e che abbia successo sia già un grande passo in avanti per regioni ormai da troppo tempo abituate a perdere.

Mi resta solo un’ultima raccomandazione: che le misure da adottare (compito assai semplice) e le limitate aree alle quali applicarle (compito assai difficile) siano decise in modo rapido e condiviso. Se si aprono le lotte politiche e cominciano le faide territoriali anche questo pur modesto e semplice progetto è destinato a fallire. 

 (*) da Il Messaggero del 20 maggio 2018

 

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