Nel 1885 al termine del congresso di Berlino, che stabiliva le regole della spartizione dell’Africa, l’Europa aveva 275 milioni di abitanti. L’Africa, con una superfice sei volte più grande, non superava i 100 milioni di abitanti. L’Africa sub sahariana era in una condizione di estrema povertà. Ai giorni nostri la popolazione del sud sahariano si è quadruplicata passando da 230 milioni del 1960 ad un miliardo del 2015. Nello stesso periodo il numero totale dei migranti è passato da 20 a 60 milioni, mentre sta emergendo una classe media i cui consumatori, circa 150 milioni, dispongono attualmente di un reddito quotidiano tra i 5 ed 20 dollari seguiti da altri 200 milioni che dispongono tra i 2 e i 5 dollari.
Oggi vivono nell’Unione Europea 510 milioni di individui a fronte di 1,3 miliardi di africani. Entro 35 anni questo rapporto sarà di 450 milioni di europei a fronte di 2,5 miliardi di africani. Nel frattempo la popolazione europea sarà ulteriormente invecchiata e nel 2050 due terzi degli africani avrà meno di 30 anni. Cioè per un cinquantenne europeo avremo 3 africani di 30 anni.
Nel frattempo l’Africa sub sahariana si è connessa con il resto del mondo tramite canali televisivi e satellitari ed i cellulari ed anche via internet acquisendo conoscenza di mondi migliori. Il giovanilismo della popolazione sub-sahariana rappresenta oltre il 40% della popolazione africana che ha meno di 15 anni. Un dato fondamentale di cui occorre cogliere tutte le implicazioni.
Ad esempio, il fatto che i due terzi dei siero positivi sulla terra siano sub sahariani si spiega con l’elevata attività sessuale dei giovani meno prudenti degli anziani, e che altri vadano ad ingrossare i ranghi di mercenari, al soldo del miglior offerente, si spiega con l’assenza di alternative, come modalità di vita e mezzo di sopravvivenza.
A sud del Sahara la piramide dell’età, con la base molto larga, mina il diritto di primogenitura e si contrappone al diritto di anzianità che contempla una autorità che si esercita a scapito dei giovani e delle donne fino alla morte.
Oggi questi giovani non attendono più il proprio turno per accedere al potere ed alla prosperità. Se non ci riescono, cercano di trasferirsi altrove dove potranno infine diventare “grandi” tentando di emanciparsi. Sono allacciati al mondo esterno mediante i mezzi di comunicazione moderni di ogni tipo il cui utilizzo risulta ostico agli anziani. La loro vera vita si colloca altrove, il sogno più vicino, che può essere una città di provincia, la capitale, una metropoli, l’Europa, gli Stati Uniti, la Cina.
Secondo un’inchiesta condotta dall’Istituto Gallup nel 2016 il 42% degli africani tra i 15 ed i 24 anni ed il 32% dei diplomati della scuola secondaria superiore si dicono intenzionati a partire verso l’Europa.
Il 2015 è stato un anno che ha espresso un record di migrazioni in Europa, e questo non soltanto a causa guerre in Siria, Afghanistan ed Iraq o perché provenienti da paesi a rischio di dissoluzione o vittime di repressione, ma costituito da persone desiderose di trovare per sé e per i propri figli condizioni migliori di vita. Nel 2015 sono entrate in Europa 1,8 milioni di persone di cui 1 milione attraverso il Mediterraneo di cui 200mila dall’Africa che si sono aggiunti allo stock di migranti africani in Europa stimato complessivamente in 9 milioni di individui nel 2016. L’immigrazione come fenomeno politico assume aspetti particolarmente delicati sia per quanto concerne il controllo delle frontiere e delle regole di ammissione, sia per quanto riguarda i modelli di integrazione.
L’immigrazione è stata politicizzata prima di essere analizzata. Ad esempio: chi sopporterà i costi dell’accoglienza, i costi dei corsi di lingua, dei sussidi, dell’abitazione, degli stage di riconversione?
Il tutto si scarica sulle spalle dei contribuenti o attraverso una tassa correttiva sui costi di produzione?
Porte chiuse o diritto di stabilirsi dove si vuole?
L’impressione è che coloro che di solito alimentano il dibattito pubblico con le loro riflessioni hanno alimentato l’interesse soprattutto connesso al disagio sociale quale effetto primario dell’immigrazione.
Le porte chiuse riportano a Thomas Robert Malthus il quale nel ”Saggio sul principio della Popolazione” nell’edizione del 1798, postulava la” finitezza” delle risorse e l’irriducibile egoismo del genere umano, per cui un individuo che non riesce ad inserirsi nella società verrà inesorabilmente espulso ordinandogli di andarsene. In un mondo chiuso ed immorale. Questa potrà essere la sorte riservata alle generazioni dei giovani africani prossimi a venire?
Le porte aperte postulano il diritto di stabilirsi dove si vuole, come àncora di salvezza per una società occidentale in rapido invecchiamento. Questo alimenta il disagio sociale connesso all’immigrazione lasciando all’estrema destra ed ai movimenti populistici la gestione politica delle prime grida di allarme.
Le popolazioni sub sahariane si sono sviluppate in misura imprevedibile e sconosciuta a qualsiasi altra popolazione del pianeta, senza una rivoluzione del verde che ne garantisse la sicurezza alimentare.
Eppure il subcontinente sahariano ha un suolo qualitativamente autosufficiente. In Africa si trova circa il 60% del totale mondiale delle terre fertili non ancora messe a cultura. Tuttavia 400 milioni di sub sahariani soffrono di malnutrizione cronica. Il 96% dei contadini coltiva appezzamenti inferiori ai 5 ettari e producono meno di una tonnellata di frumento per ettaro a fronte di nove della Francia. La scarsa produttività della terra costringerà all’importazione di derrate alimentari a prezzi elevati riducendosi i fondi necessari all’importazione di macchine utensili per la meccanizzazione ed industrializzazione.
Per una massa di africani l’Africa rappresenta un luogo di partenza oggetto più di frustrazioni che di disagio. Quanti saranno non si può immaginare con certezza ma di sicuro sarà un incontro migratorio su larga scala tra Africa ed Europa.
Bisogna consentire di entrare in Europa o bisogna bloccarli alle frontiere? Il vecchio continente sarebbe in grado di sopperire alla crisi del suo sistema pensionistico?
Il dibattito sull’immigrazione continua ad essere acceso, tra chi teme di perdere la propria anima e chi vuole dimostrare di averne una. Le migrazioni sono vecchie come il mondo, il loro intensificarsi obbliga ad impegnarsi a costruire un più ampio consenso sulle scelte da assumere, che sono inevitabili e come tali vanno affrontate con senso di equilibrio.
Tutti noi siamo interessati al grande popolamento in atto, sia come migranti cioè come persone che si sono insediate altrove, sia come ospiti, cioè come persone che accolgono i migranti – pionieri di una nuova vita altrove – a conclusione di un viaggio con un lasciapassare o costituito da una odissea clandestina.
Nel 1850 l’Europa, esclusa la Russia, contava 200 milioni di abitanti. Nel 1914, alla vigilia della Prima Guerra ne contava 100 milioni in più. Durante questo periodo 60 milioni di europei hanno abbandonato il loro continente: 43 milioni sono andati in America del Nord, 11 milioni in America Latina, 3,5 in Australia, 1 milione in Sud Africa. Dopo la Seconda Guerra mondiale l’Europa mediterranea ha cominciato a trasferirsi a nord in Francia e Inghilterra e Germania. Perché l’Africa non ha il diritto di trasferire parte della sua eccedenza demografica mediante la valvola migratoria?
Nel 2015 un milione di emigranti ha attraversato il Mediterraneo; una annata record nella quale l’Europa ha visto crollare la propria capacità di impedire l’accesso ai migranti. Le immagini dei reticolati a cui si aggrappavano i migranti rimandavano al ricordo della cortina di ferro di una” fortezza” Europa vietata ai dannati della terra. I soldi dati alla Turchia in due rate 2016-2018 sono al confronto un buon investimento tanto da mettere al riparo da accuse di violazione dei diritti dell’uomo. Alla Libia sono stati dati 90 milioni di Euro a titolo di aiuto per affrontare i flussi migratori senza, per altro, avere cognizione di dove siano finiti questi soldi ed il loro utilizzo.
Quali possono essere i possibili accadimenti evolutivi dell’attuale situazione migratoria? Possono formularsi alcune ipotesi: che l’Europa accolga i migranti nella speranza di un ringiovanimento demografico, di un maggiore dinamismo ed una maggiore diversificazione. Questo scenario comporterebbe il trionfo dell’universalismo umanista, dove però occorre non fermarsi a metà strada nella corsa alla carità senza finanziare i posti di lavoro, i costi delle abitazione e dell’istruzione. Oppure che la “Fortezza” Europa continui a trovare gli accordi con i Paesi mediterranei, quali la Libia e la Turchia, per trattenere i migranti garantendosi la collaborazione dei regimi africani avendo in cambio una sicurezza, tuttavia temporanea; oppure effettuare una gestione morbida dei flussi migratori ed una scommessa sulla possibile“vera” prosperità dell’Africa.