Il Covid ha drammaticamente evidenziato le difficoltà dei nostri giovani ad inserirsi stabilmente nel mercato del lavoro, confermando tutte le problematiche emerse negli anni relativamente a contratti poveri, tutele mancanti e stipendi poco dignitosi. Non a caso i giovani, insieme alle donne, sono stati i primi ad essere espulsi dal mondo del lavoro affaticato dalla pandemia.
Eppure è sui giovani che si fonda qualsiasi prospettiva di futuro per un Paese, a maggior ragione di fronte al cambiamento che questa pandemia ha accelerato. Perché se il mismatch fra domanda e offerta esisteva già prima della pandemia, il rischio è quello di trovare, all’uscita dal covid, quella forbice ancora più divaricata, creando bolle di povertà. In un mondo in cui la tecnologia avanza a una velocità un tempo impensabile, e di fronte alla necessità di gestire la transizione verso un’economia sostenibile come confermato dagli indirizzi europei del green deal e, un anno fa, dalla scelta del Next Generation EU, il tema del sapere e delle competenze diventa fondamentale.
È quindi dalle competenze che dobbiamo partire per governare la transizione dal tradizionale verso il grande cambiamento sostenibile, perché non possiamo fare le nuove filiere produttive “green” senza sapere e conoscenza. Per questo al centro del nuovo Patto per il Lavoro e per il Clima della Regione Emilia-Romagna, firmato da enti locali, rappresentanze imprenditoriali, organizzazioni sindacali, associazioni, professionisti e università, abbiamo messo un grande new deal dei saperi.
Per andare verso il cambio di modello di sviluppo che ci siamo prefissi, che tenga insieme la tenuta climatica e quella sociale, faremo la più grande operazione di investimento nelle conoscenze e nei saperi, a partire da quelli digitali, andando soprattutto a recuperare il valore della cultura tecnica e scientifica. Se è vero che l’umanesimo è una “piattaforma” indispensabile per la formazione individuale, dobbiamo far sapere ai ragazzi e alle loro famiglie che c’è un ultimo miglio da percorrere, nella direzione tecnico-scientifica, per trovare lavoro.
Come Regione abbiamo già avviato il processo verso un nuovo accreditamento del sistema della formazione e la riorganizzazione dei centri per l’impiego, affinché siano in grado di reggere dal punto di vista finanziario, delle competenze, delle tecnologie, dell’innovazione, dei luoghi.
Investiremo sugli IFTS, sugli ITS, sulle lauree professionalizzanti, le scuole professionali, gli istituti tecnici e sull’apprendistato, che dovrà rappresentare la porta di accesso per la stabilizzazione del lavoro. Vogliamo puntare su un sistema integrato pubblico-privato e intrecciare l’istruzione con i luoghi, le Academy aziendali, i tecnopoli, i digital innovation hub, le aziende d’eccellenza ma anche le PMI che fanno parte delle nostre filiere.
In questo modo possiamo inserire ragazze e ragazzi in un percorso che consenta loro nell’ultimo anno di studio di entrare già nel luogo di lavoro, con un’accoglienza governata che renda più facile anche dare risposte alle necessità del nostro sistema produttivo. Al contempo stiamo realizzando delle passerelle fra gli ITS e le lauree professionalizzanti, in modo da non perdere nessuno per strada garantendo a ciascun ragazzo un percorso adeguato alle proprie capacità, finalizzato ad un lavoro dignitoso.
Per questo faremo anche un grande investimento sull’orientamento di ingresso. E investiremo per trattenere e attrarre talenti. Non possiamo permetterci di abbandonare i giovani dell’era digitale, perché la generazione Z è quella a cui affidare il nostro futuro progettando le azioni nel presente.
*Assessore allo sviluppo economico e green economy, lavoro, formazione della Regione Emilia Romagna