Come ormai sappiamo, data la situazione emergenziale che ci vede coinvolti da oltre un anno a questa parte, la pandemia di Covid-19 ha imposto una massiccia riconfigurazione delle nostre abitudini di tutti i giorni. Riconfigurazione che ha caratterizzato e sta caratterizzando molte sfere della nostra vita quotidiana: da quella privata a quella pubblica, da quella dello svago a quella delle relazioni sentimentali, da quella formativa a quella professionale. Nell’ultimo dei casi appena citati, argomento di cui qui ci interessa discutere, è certamente vero che la pandemia ha riconfigurato il mondo del lavoro, dando il là al consolidamento di nuovi profili professionali attivi per esempio nell’ambito dell’ICT, dell’analisi dei dati, dell’e-commerce, della valutazione del rischio, della sanità, della messa in sicurezza degli spazi pubblici e privati e della sanificazione degli ambienti.
La nuova vita della professione del venditore a domicilio o porta a porta
Ma accanto all’emergere e al consolidamento di tali profili, abbiamo tuttavia assistito anche al “ritorno”, o meglio al rafforzamento, di profili professionali per così dire più “classici”: è questo il caso di quanto accaduto nel quadro del settore commerciale, con un ritorno in auge, per esempio, del profilo del venditore a domicilio o venditore porta a porta, un profilo professionale in grado, con il suo contributo, di decongestionare la presenza di assembramenti nelle attività commerciali, portando direttamente a casa dei consumatori una grande quantità di beni o di servizi, e offrendo loro consulenza sugli stessi beni o servizi.
In tale ordine di idee, la vecchia professione del venditore porta a porta ha trovato nuovi stimoli in questo periodo di difficoltà generalizzata dovuto alla pandemia da coronavirus, acquisendo in un certo senso anche una valenza di “sicurezza sanitaria”, facendosi cioè garante della sicurezza nel processo degli acquisiti e dunque della salute dei consumatori.
La professione, dunque, spesso guardata con sfiducia, in passato, da parte delle persone alla ricerca di un impiego, intercetta adesso le esigenze del periodo, ponendosi come una valida alternativa, oggi più legittima che mai, a coloro che vogliano trovare un lavoro o anche soltanto sviluppare competenze organizzative, di autonomia, di comunicazione e di orientamento al cliente, ovvero competenze di cui non si può fare a meno per ricoprire il profilo professionale dell’incaricato delle vendite a domicilio.
I professionisti delle vendite a domicilio nel mercato del lavoro attuale
In quest’ottica, nel pieno della cosiddetta “seconda ondata” della pandemia (eravamo a gennaio 2021), numerose aziende del settore delle vendite a domicilio, appartenenti alla maggiore categoria del comparto, ovvero Univendita, hanno proposto tramite la stessa associazione una massiccia campagna di reclutamento di personale da impiegare nel ruolo di incaricati alle vendite a domicilio, ma non solo: tra queste aziende comparivano nomi ben noti sul panorama commerciale come Avon Cosmetics o Worwerk Italia (l’azienda che commercializza i prodotti Bimbi e Folletto), ma anche nomi di aziende dalle dimensioni più piccole e impegnate in mercati ristretti, come Bofrost Italia (specializzata nella vendita di prodotti alimentari surgelati) o Conte Ottavio Piccolini (specializzata nella vendita di vino, alcolici, superalcolici e olio extra-vergine di oliva).
Come si è accennato, la campagna di reclutamento ha visto le aziende Univendita ricercare sul mercato centinaia se non migliaia di nuovi addetti, in tutta Italia, innanzitutto nel ruolo di addetto alle vendite, ma anche in altri ruoli caratteristici del comparto, ruoli di più ampio respiro che, accanto alle attività di vendita, hanno competenze di management e gestione, come coordinatori e capigruppo. Questo a testimonianza del fatto che la professione del venditore a domicilio non va più considerata come un ripiego, come in passato sovente si faceva, ma come un primo gradino per una successiva carriera di sviluppo e crescita professionale.