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Scuola, le priorità per restare in classe*

Il dibattito sul rientro in classe è stato finora dominato dalle polemiche sull’obbligo – assolutamente condivisibile – di vaccinazione dei docenti. Dovremmo invece preoccuparci del rischio di contagio fra gli studenti, che potrebbe causare un ritorno diffuso alla didattica a distanza: eppure, se ne parla pochissimo.

Il governo si è impegnato a far ripartire – e a mantenere per tutto l’anno – la scuola in presenza, com’è giusto: ormai sono evidenti a tutti i danni enormi che la pandemia ha arrecato sia agli apprendimenti dei ragazzi, come conferma il rapporto Invalsi, sia al loro benessere psicologico. E la didattica a distanza si è dimostrata incapace di contenerli. Se, però, rileggessimo le cronache di fine agosto 2020 troveremmo le stesse dichiarazioni: sappiamo, purtroppo, che poi le cose sono andate diversamente. La situazione è davvero così diversa dall’anno scorso?

Certamente le vaccinazioni fanno la differenza sul piano sanitario. I progressi sono indiscutibili: il 90% degli insegnanti è vaccinato e circa la metà dei ragazzi fra 12 e 19 anni ha fatto almeno la prima dose, avvicinando l’obiettivo minimo del governo (60%) per l’avvio delle lezioni. Rispetto all’anno scorso, quando un focolaio in classe poteva portare il virus a genitori e nonni, la situazione è assai più rassicurante.

Non è invece cambiato il rischio che le lezioni in presenza s’interrompano in caso di contagio, con un ampio ricorso alla Dad. Se qualcuno si ammalerà – e temo che avverrà con frequenza vista la contagiosità della variante Delta e come questa si diffonde fra bambini e adolescenti – scatteranno le quarantene: almeno 7 giorni per chi ha completato il ciclo vaccinale, 10 per gli altri. In assenza di indicazioni cogenti da parte dell’esecutivo, le Asl fermeranno prudenzialmente l’intera classe e – nel caso in cui positivo sia un docente – tutte le classi in cui insegna. Come l’anno scorso, potranno verificarsi effetti domino, con una rapida crescita dei numeri di chi resta a casa in Dad; questa volta potrebbe toccare anche ai gradi inferiori, data l’età ora più bassa dei contagi.

È ovvio che le autorità sanitarie non possono trattare i rischi di focolaio con leggerezza, lasciando a casa solo i positivi. Come, dunque, evitare nuovi stop alla scuola in presenza? La strada, oltre a distanziamento e mascherine, è attivare i turni mattino-pomeriggio, per ridurre gli assembramenti: se n’era già discusso lo scorso anno, ma la proposta era stata accantonata perché invisa a presidi e docenti. Sarebbe il momento di riprenderla in modo più assertivo: oggi il ministero si è limitato alla generica raccomandazione di effettuare ingressi scaglionati. Inoltre, dove gli spazi sono insufficienti, occorre ridurre il numero di allievi per classe, creando gruppi stabili in modo da attenuare la diffusione del virus: questo richiede, per il tempo necessario, una modifica dell’orario di lavoro e l’ampliamento del numero dei docenti.

Queste modifiche all’organizzazione della scuola aiuterebbero ad affrontare un altro punto debole del piano di rientro a scuola: i trasporti pubblici. Rispetto allo scorso anno, poco è cambiato: il limite di capienza nei mezzi rimane all’80% – molto alto – e la possibilità di ricorrere a soluzione private si scontra con complessi vincoli burocratici per il trasporto dei minori. Difficile che l’aumento dei controllori sia sufficiente a impedire gli affollamenti sugli autobus nelle ore di punta. Insomma, se vogliamo per la scuola in presenza tutto l’anno, serve una strategia integrata e flessibile: ma il tempo per mettere in sicurezza le scuole dal punto di vista didattico, oltre che sanitario, è ormai agli sgoccioli. 

*da Repubblica 31/08/2021 

 

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