La legge delega introduce il principio dell’imposizione duale, progressiva sui redditi da lavoro e proporzionale su quelli da capitale, come nei paesi scandinavi. Questo significa che Imu e Tasi spariranno, sostituite da un’imposta che sarà in percentuale uguale sia sugli immobili che sugli impieghi finanziari. Le prime case, tranne quelle di particolare valore, resteranno esenti grazie a una detrazione che dà un tocco di progressività in più al sistema.
Come era prevedibile, la sceneggiata di Salvini si è esaurita rapidamente. Dopo aver gridato alla patrimoniale per la revisione del Catasto, ha dichiarato di essere soddisfatto dell’assicurazione che non vi saranno aumenti di imposte Imu-Tasi. E’ probabile che Draghi gli abbia letto quanto scritto all’ art. 7, comma 2, lettera d della Delega Fiscale: “prevedere che le informazioni rilevate secondo i principi di cui al presente comma non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali”.
Boeri e Perotti, in un articolo intitolato “Una riforma dal fine ignoto” (Repubblica 8-10) affermano che agendo così il governo non abbia avuto coraggio, ma “abbia lanciato il sasso e tirato indietro la mano”, creando confusione.
Tuttavia sarebbe bene che la Delega fosse letta nel suo insieme. Infatti all’art. 3, comma 1, lettera a, vi è la scelta per il sistema impositivo duale: “progressiva e tendenziale evoluzione del sistema verso un modello compiutamente duale”. Il riferimento è al sistema impositivo che è nato oltre trenta anni fa nei paesi scandinavi (dual income tax) nel quale i redditi da lavoro e pensione sono tassati con un’imposta progressiva, mentre i redditi patrimoniali sono colpiti da un’imposta proporzionale. Infatti al primo punto della lettera a si legge:
“l’applicazione della medesima aliquota proporzionale di tassazione ai redditi derivanti dall’impiego del capitale, anche nel mercato immobiliare, nonché ai redditi direttamente derivanti dall’impiego del capitale nelle attività di impresa e di lavoro autonomo condotte da soggetti diversi da quelli a cui si applica l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.
Dunque progressivamente tutti i redditi derivanti da immobili, attività finanziarie e d’impresa, nonché del lavoro autonomo (professioni) per la sola parte che derivi dall’impiego di capitale, saranno sottoposti alla medesima aliquota d’imposta, da determinare. Lasciando da parte momentaneamente quest’ultimo aspetto, cerchiamo di capirne le implicazioni. Il patrimonio complessivo delle famiglie italiane è costituito, approssimativamente, da due terzi di immobili e da un terzo da attività finanziarie in senso lato, dalle azioni e partecipazioni ai contanti. Di quei due terzi la maggiore quota è costituita dalle case dove vivono le famiglie.
L’imposizione duale considera ovviamente reddito anche il valore dei servizi che la famiglia riceve dalla casa, di proprietà, nella quale vive. Il fatto che sia un valore figurativo, nel senso che non ci sia un contratto scritto che la persona residente firmi con sé stesso, non ha nessuna importanza. Del resto era così fin al 2000, quando l’allora ministro delle Finanze, Del Turco, eliminò dall’Irpef la casa di residenza, o “prima casa”. E come si determinerebbe il reddito figurativo? L’unica strada percorribile è fissare un tasso di rendimento, poniamo il 3%, del valore dell’immobile. In realtà questo sistema potrebbe essere usato, per semplicità, anche se non necessariamente con lo stesso tasso di rendimento, per tutti gli immobili. E ovviamente a quali valori immobiliari si dovrebbe fare riferimento? Ai nuovi valori che tra poco più di quattro anni (a partire dal 1° gennaio 2026, dice la Delega) saranno fissati dal nuovo catasto.
Dunque l’Imu-Tasi non si tocca, ma ciò non vale per la nuova imposta sui redditi patrimoniali. Tuttavia è logico prevedere una detrazione d’imposta, così come avveniva appunto con l’Irpef, per cui l’80% dei contribuenti non versava una sola lira, in quanto la deduzione copriva il valore imponibile. Se ad esempio di decidesse di esentare le abitazioni che hanno un valore inferiore a 400.000 euro, e che il tasso di rendimento fosse del 3%, bisognerebbe fissare una detrazione pari a t per 12.000 (= 0,03×400.000); essendo t l’aliquota unica di tassazione dei rendimenti da capitale. In questo modo si otterrebbe anche di introdurre una componente di progressività nel sistema, pur mantenendo t costante.
A questo punto poi bisognerebbe armonizzare la nuova imposta duale con l’esistente Imu-Tasi. E tale armonizzazione non può che essere costituita da una eliminazione dell’attuale Imu-Tasi, mentre una quota della parte d’imposta proveniente dagli immobili (che, come si detto, costituiscono la parte principale del patrimonio delle famiglie) andrebbe agli enti locali. Quest’ultimi dovrebbe avere poi un (limitato) potere di aggiungere un’addizionale, magari a fronte di progetti d’investimento da finanziare. L’Imu-Tasi quindi non aumenta, perché va in pensione. Del resto un’imposta, nella quale immobili di uno o due milioni di euro si trovano ad essere in un caso esenti (perché classati A2) ed in un altro tassati (perché classati A1), e che in genere è tale che due immobili che hanno lo stesso valore non versano la stessa imposta, è una forma di imposizione che non merita di esistere in un paese che vuole cercare di assomigliare agli altri paesi europei.
Non so, ovviamente, se il ragionamento che ho fatto sia stato presente agli estensori della Delega, ma certo rientra nella logica dell’articolato. A Salvini e camerati si potrebbe dire: “E’ il sistema duale, bellezza!”
Un’ultima considerazione per quanto riguarda le partite Iva. Attualmente se la persona ha ricavi non oltre 65.000, può applicare il 15% su una percentuale di tali ricavi (per es. il 40% per attività nell’industria e commercio o il 78% per i professionisti). Anche questo sistema, sostitutivo dell’Irpef, andrà in pensione con il sistema duale, e dal reddito dichiarato (ricavi meno costi), che andrà dichiarato nella nuova Irpef, perché reddito da lavoro, si dovrà togliere il rendimento imputato sui beni capitali usati, che ovviamente saranno di maggiore peso nelle attività industriali e minore in quelle professionali. Il reddito derivante dal prodotto del rendimento con i valori capitali sarà tassato con l’aliquota (t) del sistema duale. L’esperienza scandinava ha mostrato che la divisione in due parti del reddito di queste piccole imprese o attività professionali, di cui una va nell’imposta progressiva e l’altra in quella proporzionale (salvo l’elemento di progressività di cui si è detto), non è affatto semplice, data la naturale tendenza della persona soggetta a versare il meno possibile.
*da Eguaglianza e Libertà, 08/10/ 2021