L’anomala proposta di OPA da parte di KKR nei confronti di Tim può forse aiutare a fare chiarezza sul futuro di questa importante azienda, dopo che sembra tramontata l’idea di costruire una rete unica sotto il controllo di Tim, come avrebbe voluto l’azionista di maggioranza relativa, Vivendi. Appare molto probabile che l’eventuale acquisizione di Tim sia propedeutica ad un suo smembramento, separando l’infrastruttura della rete dalla società che gestisce i servizi per la clientela, nella presunzione che in questa maniera si crei un valore superiore a quello pagato per l’acquisizione.
In questo senso, l’operazione potrebbe andare incontro alle esigenze dello Stato italiano e di CDP che vorrebbero tenere la rete separata dai servizi per farne un asset disponibile a tutti gli utilizzatori. CDP potrebbe così acquisire il controllo, parziale o totale, della rete di Tim e perseguire l’obiettivo della rete unica facendo confluire Open Fiber senza timore di essere bloccata da Bruxelles che vede male un monopolio della rete in capo a un produttore di servizio come Tim. Ovviamente, sarebbe poi probabile una uscita di CDP dall’azionariato di Tim.
Ma, per arrivare a un simile risultato, sono da definire molti dettagli che potrebbero risultare dei veri e propri ostacoli, tali da far naufragare l’operazione o di farla dirottare verso altre soluzioni. Innanzi tutto, le modalità con cui KKR acquisirebbe Tim. Se, come si è soliti fare dopo un’acquisizione importante, si dovesse ricorrere all’indebitamento della società per ridurre il capitale impegnato, si rischierebbe di affondare Tim che già possiede un debito elevato e difficilmente riuscirebbe ad assorbirne dell’altro. L’acquisizione dovrebbe essere fatta tutta cash, anzi Tim andrebbe ricapitalizzata dopo l’acquisizione, proprio per ridurre il peso del debito contratto dai Capitani Coraggiosi negli anni ‘90.
Inoltre, è da tenere presente che l’OPA si farà, secondo quanto affermato da KKR, se almeno il 51% degli azionisti vi aderirà. Il che lascia liberi sia Vivendi che CDP di aderire o meno all’OPA, dato che assieme stanno sotto al 34% del capitale. Ma, con tale percentuale di capitale, assieme possono condizionare o opporsi alle operazioni straordinarie, come è appunto la vendita di una parte rilevante e anche questo può essere un ostacolo o una condizione aggiuntiva per procedere. Tanto più che Vivendi sembra aver abbandonato la pretesa di mantenere il controllo della rete, ciò che amplia la gamma delle possibili soluzioni come sbocco di questa OPA.
Ma il punto principale concerne il valore da attribuire alla rete e, soprattutto, la quantità di debito e di lavoratori da mettere a carico della società che gestirà la rete. Perché Tim possa vivere senza la rete, essa deve essere sgravata sia del debito che di gran parte del personale che dovrebbe essere addossato alla società di gestione della rete. Ma una simile operazione rischia di rendere la rete costosa e poco efficiente. Tanto più che si va verso reti in fibra ottica che necessitano di minore manutenzione della rete in rame e, quindi, di minor personale.
Valore della rete, debito e lavoratori possono condizionare l’operazione e ne possono pregiudicare anche il successo. Qualora si appesantisse la rete con un eccesso di debito e di lavoratori e la si vendesse a un valore troppo elevato, i costi della rete finirebbero per lievitare. Poiché dopo una simile operazione l’Italia finirebbe per avere una rete in monopolio, vi è il rischio che i costi esagerati che gravano sulla rete si traducano in costi esagerati per i produttori di servizi che finirebbero per pagare commissioni elevate per usufruire della rete, non avendo altre alternative. Ne sarebbe pregiudicato lo sviluppo delle società di servizio, così come sarebbero penalizzati tutti i consumatori.
Per ridurre questo rischio, occorrerebbe una ricapitalizzazione di Tim e una preventiva riduzione del personale, ciò che, ovviamente può generare altre problematiche per la difficoltà di ricollocare il personale e per la possibilità di tensioni sindacali a fronte di una simile eventualità.
In definitiva, l’OPA su Tim “proposta” e in attesa di un benestare da parte degli azionisti di Tim può essere la strada per dare un futuro a questa azienda, ma la strada è ancora incerta e irta di ostacoli che dovranno essere superati.
*Economista, Presidente di ASSONIME