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Responsabilità e non conflitto

C’è chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi lo vede mezzo vuoto. Se ci limitassimo a questo potremmo derubricare lo sciopero del 16 dicembre proclamato da Cgil e Uil, come quello di chi vede il bicchiere (la legge di bilancio) mezzo vuoto e chiuderla lì.

Però sarebbe un’analisi limitata e superficiale, perché se contestualizziamo la vicenda è innegabile che la legge di bilancio ha, per la prima volta dopo molti anni, un carattere espansivo e che rispetto alla prima proposta ha avuto diversi miglioramenti grazie alle richieste e alla pressione del sindacato unito. 

Certo non sarà la migliore legge possibile, ma il meglio è nemico del bene e pensare che il Governo, come le diverse controparti, avrebbe accettato tutte le nostre richieste sarebbe stato illusorio, fermo restando che continueremo come nostra abitudine e strategia a far pressione affinché si possano apportare ulteriori miglioramenti.

Poiché la trattativa è aperta e le questioni sul tavolo sono molte e vanno oltre la legge di bilancio fare uno sciopero generale incrina quella fiducia necessaria alla definizione di ulteriori accordi. 

La Cisl ha detto con chiarezza che lo sciopero del 16 dicembre proclamato da Cgil e Uil  è stata una decisione sbagliata e controproducente perchè indebolisce il mondo del lavoro in un momento difficile della vita del paese, in cui abbiamo bisogno di unità e maggiore dialogo tra istituzioni e corpi intermedi.

Lo sciopero generale ha stupito soprattutto per la farraginosità delle motivazioni: il dialogo con il Governo c’è stato, ben più serrato e proficuo, di quello avvenuto in passato quando al posto di Draghi sedeva Conte. Gli sgravi fiscali per i lavoratori e per i pensionati, con reddito basso, che verranno ottenuti nel 2022 saranno superiori a quelli incassati nei due anni precedenti quando pure si scelse di non scioperare. 

In un momento in cui la pandemia purtroppo riprende slancio, con ulteriori varianti e viene prolungato lo stato di emergenza mentre, fino a qualche mese fa, si sperava di riprendere le abitudini di vita ordinaria, uno sciopero generale mina l’unità di intenti e la necessaria coesione sociale utili a superare anche questo difficile momento, così come è avvenuto, tra governo e parti sociali, durante la firma dei Protocolli sulla salute e sicurezza e quello sulle vaccinazioni, nei luoghi di lavoro.

Lo sciopero, specialmente quello generale, è uno strumento delicato tra quelli in possesso del sindacato e va utilizzato con la dovuta cautela, perché deve avere solide motivazioni. Diceva Giulio Pastore: “il primo dovere dell’organizzazione sindacale è quello di non ricorrere allo sciopero così alla leggera… fintanto che vi è un filo di possibilità di trattativa”.

Queste diverse modalità di approccio e di operare delle scelte evidenziano ancora una volta i diversi modelli sindacali a cui fanno riferimento i sindacati italiani. Per questo è necessario aprire una riflessione su come arginare questa deriva massimalista diversa e alternativa alla nostra cultura sindacale.

Il pluralismo sindacale in Italia, che ha consentito e consente di ottenere grandi risultati, non è casuale né un segno dei tempi passati, né si può affermare che siano venute meno alcune importanti differenze di fondo. C’è ancora una parte importante del sindacato di impronta ideologica che vuole sostituirsi alla politica, anche al prezzo di dividere il sindacato e la Cisl, che fa della partecipazione, della contrattazione e del riformismo le sue modalità operative. 

La Cisl non ha mai avuto e mai avrà Governi amici o nemici a prescindere, ma giudica in base ai contenuti e ai risultati ottenuti e decide in maniera autonoma, pragmatica e scevra da preconcetti.

Sabato scorso però la Cisl non ha voluto fermarsi a far constatare una volta di più queste differenze, ma ha deciso di scendere in piazza per ribadire le sue proposte e continuare la sua battaglia, la sua trattativa, lasciando attivo il necessario canale del dialogo con il governo. 

Quella del 18 ottobre, organizzata dalla Cisl a Roma in Piazza Santi Apostoli, è stata una manifestazione in positivo, “per e non contro” rivendicando i risultati che l’azione sindacale ha conquistato nella legge di bilancio: gli ammortizzatori sociali e la Cassa integrazione covid per tutto il 2022, il taglio dell’Irpef per 7 miliardi di euro ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, sapendo che l’85% di questa riduzione interesserà le fasce di reddito basse e medio basse, ulteriori finanziamenti nella sanità e contratti pubblici, l’incremento del fondo per la non autosufficienza, senza dimenticare l’importanza dell’assegno unico e servizi a favore della natalità che partirà dal prossimo anno e il fondo caro bollette, oltre alla piena rivalutazione delle pensioni per il 2022.

Vuole però anche significare la necessità di far sentire la voce di coloro che credono in processi di graduale miglioramento, di come distribuire la ricchezza prodotta anche dai lavoratori e che non si illudono che basta scendere in piazza per ottenere risultati o che gridare le proprie ragioni le rende automaticamente giuste. 

Questo è il compito di un sindacato non massimalista che fa tesoro di come i miglioramenti alla legge di bilancio sono arrivati a fronte delle manifestazioni unitarie, responsabili e costruttive, dei mesi precedenti.

Nel 2022 bisognerà affrontare, ad esempio, il nodo delle pensioni in un paese in ripresa economica ma in un preoccupante inverno demografico, proseguire sul tema delle riforme, della politica industriale in cui molte filiere produttive saranno trasformate dalla politica energetica e dalla digitalizzazione che il nostro paese dovrà aggiornare a fronte dei finanziamenti europei e nazionali e della riqualificazione dei lavoratori che dovranno essere accompagnati durante la transizione energetica, ecologica e del lavoro.

Allora qui si capirà dove finisce la politica e inizia la responsabilità all’interno del sindacato.

Occorre chiedersi perché il sindacato spesso ha problemi di interlocuzione con le lavoratrici ed i lavoratori, specialmente se giovani o fortemente professionalizzati, questioni che non si risolvono portando gli iscritti e gli attivisti in piazza, cosa che rischia di esacerbare gli animi e di trasformare i luoghi di lavoro in campi di battaglia ideologica.

Quello che serve oggi è il dialogo, la coesione, la responsabilità e la partecipazione sociale. Per queste ragioni la Cisl ha fatto la sua manifestazione, tutta sindacale, tutta per il lavoro ed i lavoratori.

 

 

*Segretario Confederale Cisl

 

 

 

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