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Andare a votare, non dar retta ai cattivi consigli

Fra neanche un mese, gli italiani saranno chiamati a dire SI o NO a 5 referendum abrogativi. Uno solo di essi ha una matrice partitica, quello relativo alla durata minima di permanenza in Italia di un immigrato, per poter chiedere la cittadinanza nostrana. Ora il limite è di 10 anni; se passa il SI si ripristina il precedente limite che era di 5 anni. il lancio di questo referendum è opera di Più Europa ed altri partiti più piccoli oltre ad alcune associazioni.

Gli altri 4 referendum sono di origine sindacale perché attengono a questioni di lavoro. La CGIL, attorno alla quale si sono aggregate altre associazioni, è la promotrice di questi referendum, sul cui merito entreremo più avanti. 

Ai blocchi di partenza, gli schieramenti politici sono ovviamente contrapposti e variegati. La maggioranza di Governo è compatta per il NO a tutti i quesiti e sotto sotto spera che non si giunga neanche alla conta dei voti perché è finanche possibile che per alcuni o su tutti non si raggiunga neanche il quorum del 50% + 1 di votanti. L’opposizione è scomposta. 5 stelle, Alleanza Verdi Sinistra oltre ad altri partitini sono per il SI all’abrogazione delle norme in discussione. Il PD è ufficialmente per il SI anche se riconosce legittimo che suoi dirigenti e propri iscritti vogliano votare diversamente specie per quelli relativi al lavoro. Azione e Italia Viva sono per il SI sulla cittadinanza e per il NO sugli altri quesiti.

Quanto allo schieramento delle parti sociali, la Confindustria e tutte le altre organizzazioni datoriali o non si sono pronunciate o sono apertamente contrarie alle abrogazioni lavoristiche. Quanto ai sindacati, la spaccatura è sempre la stessa. Da un lato CGIL e UIL sono per il SI, con la prima impegnatissima perché il risultato sia ovviamente corrispondente alle proprie aspettative. Dall’altro lato, la CISL si è dichiarata contraria ai referendum lavoristici e non si è esposta finora su quello della cittadinanza (la qual cosa è sorprendente perché sono molti gli immigrati iscritti ad essa); in ogni caso, si è defilata dalla partecipazione attiva alla campagna referendaria.

Come si può comprendere, la gente che è chiamata al voto sentirà troppe campane suonare a favore o contro questo o quell’argomento in discussione e probabilmente, nella confusione delle voci, una parte di essa batterà in ritirata. Ma questo non incide affatto sulla rilevanza di alcune problematiche che emergono da questo panorama.

La prima, forse la più rilevante, riguarda la partecipazione al voto. Il fatto che autorevoli personaggi della politica italiana (un nome per tutti, La Russa, Presidente del Senato) dichiarino con sfacciataggine che non vanno a votare (salvo poi correggere il tiro) ma che vuole fare propaganda per convincere a disertare le urne, solleva non solo valutazioni di opportunità pubblica, ma anche profili di preoccupante svalutazione del valore della democrazia. Già la percentuale di votanti cala da almeno un decennio, ma se poi ci si mette un impegno attivo di dissuasione, diventa un atto politico come minimo squalificante. Evidentemente, si punta ad accrescere un disprezzo della partecipazione e dare spazio alla voglia di vincere a tavolino una partita che comunque ha una sua importanza. Quindi a prescindere dal SI o il NO, in gioco è il senso più profondo della partecipazione di ogni cittadino alle scelte politiche del Paese, per cui è sacrosanto invitare innanzitutto ad andare a votare.

La seconda riguarda il valore del voto favorevole al referendum sulla cittadinanza. Mandare un messaggio di solidarietà a persone che vivono e lavorano nel nostro Paese, a giovani che parlano soltanto la nostra lingua ma sono dei “nessuno” per quello che considerano il “loro” Stato, a chi si vuole integrare e non sentirsi “ospite” finchè serve, mi sembra il minimo sindacale per essere comunità, sia pure tra diversi. Essere contro o solamente non esporsi su questo argomento significa diventare complici di quanti rifiutano di riconoscere che stiamo diventando una società di vecchi per via della diffusa denatalità, che il benessere sarà garantito per un futuro prevedibile se si potrà contare su persone disponibili a lavorare in qualità e in quantità che il mercato del lavoro esige, che soltanto se li consideriamo dei “nostri” possiamo ancora di più esigere che rispettino usi, costumi e leggi che il nostro Paese si è dati.

La terza questione attiene alle materie lavoristiche in campo. Pur ipotizzando che fossero tutte condivisibili (e non lo sono) le proposte abrogative avanzate, è preoccupante che si sia fatto ricorso allo strumento referendario per risolverle. Se dovessero essere tutte vincenti, le contraddizioni che farebbero emergere per la rivitalizzazione delle norme precedenti, richiederebbero comunque un intervento legislativo correttivo. 

Abrogando il job act si ripristinerebbe la “legge Fornero” che prevede indennizzi minori di quelli in atto, mentre ciò che servirebbe è attuare quanto previsto dal job act e non attuato in fatto di politiche attive del lavoro. Inoltre, i quesiti sul licenziamento nelle piccole aziende e quello sul tempo determinato se approvati, incoraggerebbero il ricorso al lavoro nero per cui sarebbe immediatamente necessario un nuovo intervento legislativo. Invece, l’abrogazione totale del subappalto è il quesito più plausibile dato l’abuso che se ne sta facendo con tutte le conseguenze, anche nefaste, che provoca; ma anch’esso comporterà un intervento contrattuale e legislativo per estendere la normativa sulla responsabilità imprenditoriale prevista nel settore pubblico, alle attività private. 

Se invece soccombessero  per mancanza del raggiungimento del quorum o per vittoria del NO, si rafforzerebbe la posizione di quanti non vorrebbero cambiare niente, che ritengono che le cose vanno bene così come sono, e di conseguenza proseguire anche sulla strada dei bassi salari piuttosto che incrementare gli investimenti e far crescere la produttività.

La scelta referendaria su questi temi non è un’autostrada per tutelare meglio i lavoratori. Man mano che ci avviciniamo all’appuntamento si evidenzia che essa è un vicolo stretto soprattutto per il sindacato, per la sua credibilità esposta ad un giudizio universale. Averla imboccata è stata una scelta di debolezza nell’utilizzo degli strumenti tradizionali con cui il sindacato tutela i propri rappresentati, ovvero di scarsa forza nell’imporre una serrata e vincente trattativa con le controparti datoriali e con il Governo. 

Certo, c’è di mezzo la mancata unità sindacale. Ma forse, c’è da chiedersi se si è fatto di tutto perché questa divisione non si incancrenisse. A meno che qualcuno, nel sindacato e nei partiti che lo stanno supportando, non si sia messo in testa di fare più e meglio di Berlinguer – verso il quale bisogna applicare il criterio che si sottolinea l’errore e non la figura dell’errante, che resta quella di un riformista – quando lanciò il referendum contro il decreto sulla scala mobile e l’accordo di San Valentino. Ma se così fosse, si tratterebbe di una questione squisitamente politica le cui conseguenze, allo stato, sono assolutamente imprevedibili.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

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NEWSLETTER NUOVI LAVORI – DIRETTORE RESPONSABILE: PierLuigi Mele – COMITATO DI REDAZIONE: Maurizio BENETTI, Cecilia BRIGHI, Giuseppantonio CELA, Mario CONCLAVE, Luigi DELLE CAVE, Andrea GANDINI, Erika HANKO, Marino LIZZA, Vittorio MARTONE, Pier Luigi MELE, Raffaele MORESE, Gabriele OLINI, Antonio TURSILLI – Lucia VALENTE – Manlio VENDITTELLI – EDITORE: Associazione Nuovi Lavori – PERIODICO QUINDICINALE, registrazione del Tribunale di Roma n.228 del 16.06.2008

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