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Auto, gli incentivi non bastano

La crisi annunciatissima della Volkswagen con la possibile chiusura di stabilimenti e illicenziamento, ora più realistico, di 30mila dipendenti deve farci riflettere su come si è mossa l’industria dell’auto in Italia e la gestione della crisi occupazionale. Qui non ci sono stati annunci shock di Stellantis su chiusure di stabilimenti. Qualcuno dirà: “Mirafiori è già chiusa”.

No, non è chiusa e il confronto con il sindacato ha portato a iniziative, più o meno valide, di trasformazione industriale e progettuale. Una gestione “in progress” dell’occupazione è una forma intelligente di governare anche i processi di riduzione della forza lavoro. L’annuncio di chiusure di stabilimenti è un trauma che preclude di organizzarsi il futuro per i lavoratori.

Dimenticavo che però la lotta che sta per intraprendere il sindacato tedesco sarà presa a modello sia da una parte di sindacato e di politica ma anche dai suoi opposti, perché a sinistrasinistra piace di più la bella sconfitta alla fatica del governare.

Volkswagen è scivolata lentamente, ma inesorabilmente, dal 2019 verso un calo di vendite sopratutto in Cina e sul mercato elettrico. Settore in cui tutte le case costruttrici hanno investito ingenti capitali e Volkswagen conferma la regola che le aziende sane possono essere strozzate dai troppi investimenti. La casa tedesca conferma anche che senza il supporto dei governi verso le industrie dell’auto la transizione costerà enormi prezzi in termini sociali, tecnologici e di presenza sui mercati. 

Insomma rischiamo di impoverire l’Europa a scapito di un progresso che depaupera l’Europa a partire dai più deboli. A conferma del disorientamento politico, il governo italiano taglia i fondi per l’industria dell’auto. Volkswagen cala pure in Europa anche se nei primi nove mesi del 2024 vi è un leggero recupero dell’1,2%. Infatti è in caduta libera solo Audi con -8%, mentre gli altri brand sono in recupero. Stellantis fa -6% e invece Toyota oltre +12%.

La situazione è difficile per Volkswagen ma anche per Stellantis se consideriamo che, almeno in Europa, le immatricolazioni previsionali del 2024, tendenzialmente consolidate a tre mesi dalla fine dell’anno, prevedono un mercato in ripresa e uguale al periodo ante 2019 con circa 15 milioni di vetture immatricolate. Cresce di poco anche il mercato cinese, solo il 3% (vale oltre 20 milioni/anno di vetture) e gli Usa dello 0,7%. 

Due mercati giganteschi in termini di valori assoluti. Infatti Il Messico cresce del 10% ma in termini assoluti vale 103mila vetture e lo 0,7% USA ne vale 80mila. Cresce anche il Brasile (+14%) ma stiamo parlando di due mercati al di sotto dei due milioni di vetture immatricolate all’anno contro gli USA con circa 15 milioni di vetture/anno immatricolate. Crolla anche l’Argentina con -22%.

Quindi i mercati dove Stellantis è forte hanno risultati altalenanti con la non crescita della Turchia, ferma a un +0,9% dove il marchio Fiat è forte. Interessante la tecnologia di alimentazione in Brasile, il cosiddetto flex fuel con cui sono alimentate l’80 percento delle autovetture immatricolate. Una miscela di benzina e etanolo derivante da scarti di lavorazione e biomasse oltreché dal mais e canna da zucchero. 

Con i dati di settembre, in Europa, viene annunciato il sorpasso dell’elettrico sulla benzina. In realtà mi sembra un annuncio artefatto perché sia il Phev che l’Hev hanno un motore endotermico e continuo a trovare fuorviante classificarli nell’elettrico in quanto, stante le attuali norme, queste due alimentazioni nel 2035 devono cessare la produzione.

 Oggi l’elettrico Bev ha il 19% di mercato in Europa; in Italia il 4%. Se sommiamo tutte le alimentazioni che comprendono il motore a benzina nel 2024, a settembre, abbiamo un mercato del 70,4%. Nel 2019 era del 64,4%, senza calcolare il Phevche sommato al Bev dava però solo il 3,6%. l’ibrido plug-in era, appunto, ininfluente. Quindi ad oggi la quota di autovetture con un motore endotermico alimentato a benzina continua a crescere e non a diminuire. Non c’è stato nessun sorpasso dell’elettrico su quello a benzina ma l’affermazione che il bi-fuel è l’alimentazione più apprezzata dal mercato. Mercato che però è in crisi.

Gli incentivi, erogati con sei mesi di ritardo dal governo, non smuovono più di tanto il mercato. Lo incentiva ma non basta. Il tema è come creare infrastrutture atte a rendere efficace l’auto elettrica e ad abbassare il costo dell’energia. Tema che non riguarda soltanto come ridurre il costo del lavoro per produrre auto senza incidere sui lavoratori ma come rendere meno oneroso per la massa di utenti l’uso dell’auto elettrica. Il tema del costo dell’energia in rete è il nodo cruciale per l’elettrico e il tema del nucleare non è più rinviabile, anche se gli impianti hanno bisogno di anni per andare in produzione. C’è un detto africano secondo cui il tempo per piantare un albero è vent’anni fa. Ecco non aspettiamo altri vent’anni per prendere delle decisioni.

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