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Analisi di particolato da termovalorizzatori

La scelta di una strategia per la gestione dei rifiuti che risulti il meno possibile dannosa per l’ambiente e per la salute umana rappresenta una questione attuale e piuttosto urgente.

La quantità di rifiuti prodotta a livello mondiale, infatti, è dell’ordine delle decine di milioni di tonnellate all’anno e sembra essere in continuo aumento. Stabilito che la discarica rappresenta la possibilità peggiore per affrontare il problema e che dovrebbe pertanto essere destinata solamente ai materiali che non possono essere sottoposti ad altri trattamenti, accanto allo sforzo per prevenire a monte la produzione di rifiuti e alla promozione di attività di riciclaggio, recupero e riuso, la termovalorizzazione si propone come possibile modalità di smaltimento dei rifiuti con recupero di energia. Come tutti i processi di combustione, il trattamento termico dei rifiuti comporta però l’emissione di sostanze inquinanti nell’ambiente; gli studi relativi all’argomento presentano i termovalorizzatori come sorgenti di gas acidi, diossine, composti organici, metalli pesanti e particolato.

Quest’ultimo inquinante è di fondamentale importanza poiché, soprattutto nella sua frazione fine, si rende portatore delle altre sostanze tossiche, i metalli in particolare. Lo scopo di questo lavoro è quello di determinare, mediante ricerca bibliografica, la distribuzione dimensionale e la composizione chimica tipiche delle emissioni degli impianti per la termovalorizzazione dei rifiuti e di individuare dei marker specifici, utili per poter discriminare il contributo di tale processo al carico totale di particolato in atmosfera. Nonostante la peculiarità del problema, sembrano essere pochi i lavori che caratterizzano globalmente le emissioni dei termovalorizzatori e che forniscono dettagli su concentrazione in massa e distribuzione dimensionale del particolato, sulla composizione chimica della frazione inorganica e di quella organica delle particelle e sulla ripartizione di questi composti tra fase gas e fase solida.

Gli studi esistenti sostengono l’ipotesi che le particelle emesse appartengano prevalentemente alla frazione fine e siano arricchite nei metalli pesanti.

Gli elementi rivelati nelle analisi dei campioni di particolato prelevati ai camini degli impianti sono tipicamente Pb, Cd, Zn, Cu, Cr, Sb, As e Sn. La disponibilità di dati completi, affidabili e attuali sulle emissioni da termoutilizzatori, capaci di fornire una caratterizzazione dei diversi inquinanti, permetterebbe di capire se la termovalorizzazione è una modalità sostenibile di gestione dei rifiuti e di verificare se esistono uno o più composti specifici del processo, da impiegare come marker per stimare il carico dei termoutilizzatori sull’inquinamento atmosferico. Il riconoscimento, da un punto di vista sia quantitativo che qualitativo, dei contributi relativi delle diverse sorgenti aiuterebbe le autorità competenti a delineare delle politiche mirate e maggiormente efficaci nel controllo della qualità dell’aria. Nonostante la questione rimanga aperta e richieda ulteriori indagini,  gli elementi più frequentemente proposti come marker per la termovalorizzazione sono Pb, Cd e Zn.

*Anna Bott – CNR – Prefazione dello studio

Di seguito il link per la lettura integrale dello studio. 

 

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