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CO2, deve finire il gioco delle tre carte

“Me ne stavo tanto bene al calduccio con il mio amico Carbonio, siete venuti a tirarmi fuori, mi avete dato fuoco e ora vi lamentate perché cerco un po’ di refrigerio in alto verso la stratosfera? Stavo tanto bene nei ghiacciai e li state facendo sciogliere. E poi non contenti di bruciare idrocarburi, tagliate alberi, occupate prati… inventate ‘l’impronta ecologica’ ma poi vi dimenticate di misurarci le azioni (insostenibili) che compite”. Ma che storia è?

 

E‘ una lunga storia: mio zio Ciccio viveva in una casa auto-costruita tra la SS 106 e il mare blu dello Jonio, immersa in un bell’orto-giardino con un’enorme varietà di piante, verdure e alberi da frutto. In quel giardino trovava posto tutto quello che ci possiamo immaginare a seconda delle stagioni. Un’esplosione di colori e di odori che ha accompagnato la mia infanzia….andavo volentieri e spesso a trovare zio Ciccio! Ora, sono tornato qualche anno fa e del bel giardino non resta più nulla. Zio Ciccio mi ha detto ….”figghiu, i tempi cangiaru e l’omumortuntil’ortu non serbi chhiù”.

Gli ho chiesto il perché. Mi ha detto che c’è una rivoluzione in atto e lui non riesce più a stare dietro ai cambi repentini di stagione: mentre c’è il sole improvvisamente piove, fa freddo in estate e caldo d‘inverno, manca l’acqua oppure ce n’è troppa che sommerge tutto. E via discorrendo.

 

Colpa dei Clima che cambia, glielo avrai spiegato…prima o poi tutto tornerà come prima!

No. La risposta è fatta di due lettere, un numero e un segno: > CO2. Mi ha subito capito,dicendo che quindi basta poco per tornare come un tempo, bisogna invertire il segno e fare in modo che la C e la O si combinino ancora come una volta. Ma non è così.Il mio povero zio non sa che siamo alle prese con un processo irreversibile e inarrestabile se procediamo con gli stessi modi di sempre.

 

Allora la CO2 continuerà a crescere. Questo vuol dire che inevitabilmente avremo meno orti e meno giardini?

Se continuiamo a produrre CO2 e immetterla nell’atmosfera, non ci sarà più la possibilità di tornare indietro. L’aumento della temperatura globale, lo dicono tutti ormai, deve restare quella che è attualmente, anzi dovrà decrescere nei prossimi anni per evitare il collasso definitivo del pianeta terra.  

 

Ma cosa stanno facendo gli Stati per evitare tutto ciò?

Guardando gli ultimi dati disponibili sulle emissioni inquinanti, in Italia sembrerebbe lecito tirare un sospiro di sollievo o quantomeno pensare che l’Italia sta andando nella giusta direzione del Trattato di Parigi sul clima (2015). I dati infatti parlano chiaro: per esempio, tra il 1990 e il 2018 l’Italia ha registrato un calo nelle emissioni di CO2 del 17%. Questa tendenza sembra comune a molti paesi europei: L’INE spagnolo riporta, per lo stesso periodo, un calo del 12% delle emissioni di anidride carbonica in Spagna, del 16% in Germania, del 20% in Francia, del 32% nel Regno Unito.

 

Quindi siamo a posto, per lo meno in Europa abbiamo preso coscienza …poi adesso con Next Generation Eu e PNRR, torneremo ad avere gli orti e i giardini rigogliosi di zio Ciccio.

Non è proprio così: è invece Il gioco delle tre carte. Le emissioni di CO2 sono calate perché le esportiamo, o meglio perché ci sono altri paesi che inquinano al posto nostro. A livello globale, negli ultimi vent’anni le emissioni di anidride carbonica sono cresciute di circa il 40%. Guardando a est, in particolare a Cina e India, le cifre balzano alle stelle, con rispettivamente +200% e +145%. Ricordo che molte produzioni, anche quelle più inquinanti, sono state spostate in questi paesi. Vige in Europa il “noi compriamo, voi inquinate”. Basta leggere una qualunque etichetta di un capo d’abbigliamento acquistato in una grande catena o guardare il retro di un nostro cellulare per avere la risposta, e capire che sono questi Paesi a farsi carico del peso delle emissioni derivanti dalla produzione di beni e oggetti che utilizziamo in Europa, con conseguenze a volte aberranti. Lo scooter Liberty della Piaggio non si trova più in Italia perché la Cina, dove Piaggio hadelocalizzato la produzione di componenti fondamentali (elettronica, ecc.), ha chiuso i rubinetti della produzione aspettando tempi migliori (cioè per aumentare i prezzi).

 

Ma che c’entra tutto ciò con l’aumento di CO2, a livello globale?

Mi sembra evidente che produrre in Cina significa che, oltre alle emissioni del processo produttivo dell’elettronica (out of control da quelle parti), c’è da considerare quelle derivanti dai trasporti e dalla movimentazione di queste componenti, oltre alle condizioni di lavoro degli operai cinesi, di cui bisognerebbe comunque interessarsi. 

 

Ma allora come possiamo cambiare segno e invertire la rotta?

Ci stanno provando in tanti, ma sono troppi gli interessi dei potenti che contrastano questi tentativi:sono azioni individuali e collettive che devono stare insieme, fare sistema, uscire allo scoperto una volta per tutte. Una cosa dobbiamo fare subito: abbandonare i modi di produzione attuali.  Non dobbiamo farci illudere nuovamente e perdere la grande chance di lasciar dormire per sempre carbone, uranio, petrolio e gas. 

Sole, vento e idrogeno verde, orti e giardini e foreste, anche in città, rappresentano il futuro possibile. Combiniamo questi elementi con l’occhio innovatore che non guarda al profitto ma alla redistribuzione e alla giustizia sociale. Riduciamo la CO2 ma poniamo anche le basi per non produrne dell’altra nel prossimo futuro e costruire invece un nuovo modo di vivere sostenibile e durevole.

 

*Responsabile Ricerca Polo NET “Ambiente e Rischi Naturali” Reggio Calabria

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