Probabilmente in nessuna altra epoca storica come la nostra, i giovani si trovano di fronte ad una varietà e molteplicità di offerte formative utili a inseguire sogni e aspirazioni, con la speranza di vederli poi realizzati. Ma oggi scegliere è diventato più problematico di un tempo.
Di fronte all’ampiezza e alla diversificazione delle opportunitàofferte dalla scuola o dal sistema dell’istruzione e formazione professionale (IeFP), le famiglie si ritrovano molto spesso a fare i conti con un sentimento ambivalente. Da una parte, sono attratte e incoraggiate dall’idea che la loro scelta saràil frutto di confronti e comparazioni, un privilegio tutto da giocare rispetto alla generazione che le ha precedute. Dall’altra, hanno la sensazione di non riuscire a governare pienamente questo momento, di non riuscire ad esercitare in modo sufficiente quelle capacitàvalutative, quell’autonomia decisionale o quella consapevolezza che pensavano (o si aspettavano) di avere.
Il confronto con la cruda realtàdella disoccupazione giovanile nel nostro Paese, inoltre, spinge oggi famiglie e giovani ad una valutazione piùancorata rispetto al passato ai dati economico-occupazionali del proprio contesto territoriale. Questo fatto, in sé positivo, oltre a richiedere maggiori e piùraffinati elementi di conoscenza e di previsione in ordine alla scelta, rischia di creare però ulteriore preoccupazione e di rendere ancora piùcomplesse le fasi di valutazione e di decisione.
Potremmo dedurne che le incertezze e le indecisioni di giovani, genitori e docenti alle soglie di una scelta scolastica o formativa riflettono, evidentemente, la complessitàdel vivere la quotidianità di oggi, anche con il rischio di vedere riproposta, sotto altre vesti, la trappola delle disuguaglianze sociali ed economiche. Basti pensare a quanto sia ancora radicata, nel nostro Paese, la considerazione che la mobilitàsociale dipenda dall’indirizzo scolastico scelto, sebbene in molti ambienti non manchi la percezione che non èla quantitàdi conoscenze a rendere occupabili e competitivi i giovani, ma la loro capacitàdi farne buon uso, di agirle e trasferirle nelle situazioni piùdiverse, di riuscire a riflettere e rielaborare le esperienze fatte e capitalizzarle in termini di apprendimento e di strategie.
Ne dovremmo, quindi, concludere che rimangono attualissime le argomentazioni che teorici e operatori hanno speso negli anni per affermare il valore prima di tutto educativo dei percorsi di orientamento? Certamente si. Ma non solo. Chiunque, come noi, lavora per garantire ai giovani offerte formative che siano in grado di preparare parimenti alla vita e al lavoro, èconsapevole che la questione di quali servizi di orientamento proporre alle scuole e alle famiglie non puòriguardare solamente, o peggio esaurirsi, nella ricerca dell’approccio metodologico piùutile da adottare o nel perfezionamento spasmodico degli strumenti giàimpiegati (seppure, condizioni essenziali per pervenire a risultati significativi).
L’orientamento costituisce uno dei cardini del nostro ordinamento scolastico-formativo, sulla cui capacità si finisce con il misurare l’efficacia di un Paese nel preparare i lavoratori e professionisti del domani. Ma se, in una situazione sociale e politica in rapida e continua evoluzione, la pratica orientativa non riesce ad affermarsi quale elemento capace di combinare strategie e politiche sociali, formative e occupazionali, la sua azione rischia di disperdere il patrimonio di valori finora acquisito.
I servizi di orientamento, da quelli scolastici a quelli lavorativi, devono dimostrare di essere capaci di mediare le esigenze della progettualitàprofessionale dei soggetti e delle organizzazioni con la flessibilitàdei mercati del lavoro in continua trasformazione. Un elemento fondante di un piùampio e organico sistema educativo. Un elemento che, quindi, funziona solo se le scelte e le decisioni sostenute dalle famiglie, dagli studenti e dai docenti sono incardinate in un quadro di riferimenti politici, etici ed educativi, stabili e condivisi. Riferimenti che, una volta assunti dagli operatori, devono ovviamente contemplare la persona (le sue capacità, risorse, progetti e aspirazioni) e il mercato (le esigenze e i fabbisogni espressi dal tessuto produttivo locale, le tendenze in atto nei comparti piùtrainanti).
Secondo la nostra esperienza, dunque, fare orientamento significa realizzare essenzialmente una modalitàeducativa permanente, che in una dimensione di cambiamento ed evoluzione, sa integrare in modo virtuoso i servizi di informazione, con le occasioni di formazione e con i momenti di consulenza. Un’integrazione che appare cruciale nel momento di passaggio dalla scuola media a quella superiore (una fase che per il giovane èla prima occasione con cui si “prende pratica”con l’orientarsi in una prospettiva di futura occupabilità) ed èsicuramente necessaria per venire incontro alle diverse domande che genitori, adolescenti e docenti portano con loro, nei momenti di passaggio da un sistema all’altro; domande che sono lo specchio di emozioni e aspettative spesso intrecciate tra loro, perchél’intervento su una fornisce sovente i presupposti utili a gestire le altre.
La domanda piùricorrente, ad esempio, quella che maggiormente anima l’urgenza di indicazioni e consigli, èconnessa alla necessitàdi adeguarsi alle esigenze avanzate dal mondo del lavoro. In sintesi: cosa serve allo studente di oggi per prepararsi ad essere “il lavoratore globale”di domani? Secondo la nostra esperienza, fare un buon servizio di orientamento significa prospettare le tre maggiori sfide verso il futuro, alle quali qualunque giovane deve prima o poi rapportarsi: complessità, globalizzazione e capacitàdi “percepirsi come una impresa”, all’interno di una rete di imprese.
Ma mentre il riuscire ad affrontare la complessitàdipenderàprincipalmente dal metodo di insegnamento che i docenti sapranno offrire al giovane, dalla capacitàdi proporre situazioni di apprendimento molteplici e diversificate, attraverso cui motivare lo studio e l’interesse, e non per ultimo valorizzare il suo stile di apprendimento; il saper affrontare la globalizzazione dipenderàda quanto lo studente èstato messo in grado di imparare collaborando con altri, con tante altre “teste”, soprattutto e meglio ancora se di diversa estrazione sociale, etnica e culturale; il terzo elemento, infine, cioèla capacitàdi percepirsi un’impresa saràfrutto principalmente del modello educativo familiare che lo spinga ad affrontare esperienze anche quotidiane in autonomia organizzandole e sapendone valutare la validitàdelle scelte effettuate.
Non da ultimo, c’èuna difficoltàlegata alla condizione dell’essere adolescente, il ritrovarsi in una fase di sviluppo, ricerca e costruzione della propria identità, quel terreno di migrazione verso la condizione di adulto. Gli adolescenti risentono del contesto socio-culturale e ambientale che li circonda e il gruppo dei pari èun riferimento irrinunciabile.
Nella fase di passaggio dalla scuola secondaria di primo grado alla scuola superiore i preadolescenti, si trovano a scegliere il percorso scolastico successivo senza possedere una maturitàe una decisionalitàadeguata per fare una scelta corretta. Solitamente in previsione della difficile scelta della scuola superiore, nell’ultimo anno della scuola media gli studenti ricevono un consiglio di orientamento, una raccomandazione sull’indirizzo ritenuto per loro piùappropriato: tale indicazione ha una certa rilevanza sull’immagine che gli studenti hanno di se stessi e puòinfluire sulla percezione dei rischi e dei benefici associabili alle diverse opzioni.
Alcune ricerche hanno dimostrato che il rendimento scolastico, per esempio, utilizzato come strumento per orientare verso la scelta futura, puòrivelarsi predittivo solo per gli studenti che si collocano sui livelli piùalti o piùbassi della valutazione. Per gli altri, quelli intermedi, i fattori che esercitano una decisa influenza sulla scelta futura rimangono da una parte le risorse economiche e culturali delle famiglie di origine, dall’altra quelle particolari caratteristiche di vivacitàintellettuali o potenzialitàscolastiche che l’abilitàdi alcuni docenti sono riusciti ad intuire e far emergere.
Tuttavia, siamo convinti che questi indicatori non sono sufficienti a garantire un buon orientamento e che la prospettiva deve essere ulteriormente ampliata. Ecco quindi che le nostre esperienze sui territori ci suggeriscono l’importanza di investire sul ruolo educativo esercitato dalla famiglia, sul suo ruolo cruciale nel contribuire a determinare le scelte dei figli.
Spesso,da parte dei genitori c’èuna certa difficoltàa come reperire le informazioni utili, in presenza al sovrapporsi di notizie e offerte formative, da un lato, e ad un diffuso marketing scolastico centrato sull’attrarre le famiglie, piuttosto che sul far comprendere le caratteristiche degli apprendimenti, e le relative modalitàper acquisirli, peculiari dell’indirizzo proposto.
Questa modalitàrischia anche di confondere, far cadere nel pregiudizio o distogliere da scelte piùproficue. Per esempio, l’idea di alcune famiglie che l’indirizzo della scuola superiore sia sempre meno in grado, vista l’imprevedibilitàdei modelli di sviluppo economico, di determinare l’occupabilitàdei propri figli, le spinge a scegliere percorsi generalisti come quelli liceali determinando l’impoverimento di un’offerta di professionalitàtecnica determinante per lo sviluppo economico di un paese, nonostante il progressivo consolidarsi di nuova e interessante offerta formativa costituita dalla formazione professionale (IeFP) e dalla istruzione tecnica, oltre che dall’Istruzione Tecnica Superiore (ITS) che si pone come naturale prosecuzione dei percorsi ad indirizzo tecnico e che vede direttamente coinvolte le aziende nel percorso di studi
I nostri centri formativi hanno intuito da tempo l’importanza di coinvolgere direttamente i genitori nel passaggio dalle medie alle superiori, e organizzano periodici e sistematici incontri grazie anche alla rete delle scuole presenti sul territorio. Si tratta di un percorso di vera e propria formazione orientativa che ha l’obiettivo di far scoprire ai genitori il loro potenziale ruolo di “orientatori”.
Prendendo ad esempio situazioni quotidiane di vita vissuta, e impiegando quadri sinottici sofisticati, si chiede ai genitori di descrivere l’approccio del proprio figlio ai problemi: se per esempio adotta un versante risolutivo di tipo intuitivo o piùriflessivo; se privilegia il particolare o il globale; se èpiùattratto da dimensioni inusuali e marginali piuttosto che riferimenti a schemi consolidati, e cosìvia. Spesso in questo sforzo di riflessione sul modo di essere dei propri figli, generano processi di consapevolezza che finisce con l’aiutare l’intero nucleo familiare.
Siamo convinti che il lavoro accurato e sistematico con le famiglie, possa essere una chiave importante per contribuire ad una maggiore efficienza dei servizi di orientamento scolastici e un utilizzo piùpositivo ed efficace dall’ampia gamma di offerte formative messe a disposizione dei nostri giovani.
*Presidente nazionale ENAIP