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Come combattere evasione ed erosione fiscale

Secondo le analisi del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il gap fiscale – la differenza fra le entrate effettive e quelle presunte – si attesta intorno ai 110 miliardi di euro (MEF, “Relazione sull’Economia non Osservata e sull’evasione Fiscale e Contributiva”, 2017). È condivisibile, dunque, l’obiettivo del piano di rilancio del Rapporto Colao di “ridurre significativamente l’economia sommersa e l’evasione fiscale”. In che modo, però, perseguire tale obiettivo?

I capitali occultati all’estero. Una delle proposte discusse nel Rapporto è di favorire la regolarizzazione e il rientro di capitali detenuti illegalmente all’estero attraverso una Voluntary Disclosure. Si tratterebbe di circa 150 miliardi di euro nel 2016 secondo alcune misure prudenziali di un rapporto della Commissione Europea. Questi capitali occultati genererebbero un ulteriore mancato gettito di imposte sui redditi pari a circa 8 miliardi annui. Tuttavia, la strategia proposta non appare certamente innovativa, trattandosi di un ulteriore tentativo di condono (si veda, ad esempio, lo scudo fiscale introdotto dal governo Berlusconi nel 2009, articolo 13-bis del decreto-legge n. 78, 2009). Il rischio è di minare la credibilità del sistema fiscale nel prevenire l’esodo dei capitali esteri e di creare un sistema perverso che favorisce l’esodo del capitale e il ritorno futuro – nella migliore delle ipotesi – ad un prezzo estremamente favorevole. Un rischio ulteriore è che l’introduzione di uno scudo fiscale potrebbe incentivare organizzazioni criminali a riciclare i capitali per le loro attività economiche, compresa l’acquisizione di imprese in difficoltà. Più efficiente e più equo, invece, sarebbe investire nella prevenzione ex ante l’esodo dei capitali verso i paradisi fiscali, anche mediante un sistema di monitoraggio più accurato. Colpisce che nessun ragionamento viene svolto nel Rapporto Colao sull’importanza di fondi adeguati, personale specializzato e programmazione di accertamenti, casuali e mirati, per contrastare credibilmente l’evasione fiscale. Colpisce l’assenza di questo ragionamento anche perché il potenziamento delle risorse allocate agli uffici di analisi dell’Agenzia delle Entrate sono strumenti necessari per creare un fisco cooperativo e non punitivo.

Rafforzare le basi informative dell’Agenzia e l’utilizzo di quelle esistenti. Negli ultimi anni la fruizione di informazioni ottenute dallo scambio di dati con le amministrazioni fiscali estere ha migliorato in maniera significativa la conoscenza della capacità contributiva di un soggetto residente. Ulteriori progressi si potrebbero compiere nell’ambito di un’indispensabile accelerazione del coordinamento europeo delle politiche fiscali. Il Rapporto della Commissione indipendente sull’uguaglianza sostenibile, 2019-2024, suggerisce, ad esempio, di creare un’agenzia europea specializzata nei reati di frode finanziaria e fiscale e di introdurre un nuovo pacchetto per l’equità fiscale.

Oltre a queste azioni a livello comunitario, occorre pensare di rafforzare l’istituzione che in Italia si occupa di riscossione e vigilanza. A tal proposito, bisognerebbe rafforzare la capacità dell’Agenzia delle Entrate, per il tramite della ricchissima Anagrafe Tributaria, di analizzare i profili reddituali e patrimoniali degli individui e delle famiglie. Attraverso queste banche dati, l’Agenzia ha la possibilità di verificare le dichiarazioni catastali delle proprietà immobiliari, i conti correnti, i conti deposito e obbligazioni, i buoni fruttiferi, libretti di risparmio e le carte di credito, prodotti finanziari emessi da assicurazioni etc. L’accesso a queste informazioni per analisi dei profili di rischio e per il contrasto all’evasione fiscale è già previsto dal nostro ordinamento e tali informazioni potrebbero essere sempre più utilizzate, come già succede in parte, per migliorare il rispetto delle disposizioni fiscali “precompilando” e semplificando alcune dichiarazioni fiscali.

Migliorare l’accesso, interno ed esterno, alle basi dati amministrative. È fondamentale sottolineare come l’espansione delle basi informative ed un loro più efficace utilizzo siano dei passaggi strumentali non solo al contrasto all’evasione ma anche ad una maggiore equità ed efficienza dell’elargizione dei trasferimenti di protezione sociale e all’attività di ricerca. Ad esempio, nella proposta di Reddito di Emergenza (REM), avanzata da Asvis, Forum Disuguaglianze e Diversità in collaborazione con Cristiano Gori, si sottolinea come sarebbe stato utile rendere operativa la possibilità, in vigore dal dicembre 2018, secondo cui l’Agenzia delle Entrate possa acquisire e utilizzare informazioni “ai fini della semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica” necessaria per la misurazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e mirata a verificare il diritto al Reddito di Cittadinanza. Nel documento si scrive “Questa opportunità è stata finora inibita da considerazioni attinenti alla tutela della privacy” ma “consentirebbe all’amministrazione pubblica nazionale prescelta di calcolare l’ISEE per tutti i cittadini e anche di informarli sul loro diritto al REM. Uno Stato che “va a cercare chi ha diritto al sostegno contro la povertà” in questo momento di crisi costituirebbe un passo molto forte, sia sul piano pratico che su quello comunicativo, in direzione di una tutela universale e ugualitaria.”

Non dimentichiamo, inoltre, l’utilità di intrecciare queste esigenze con le sostanziali capacità di analisi che gli analisti interni alle istituzioni e la comunità scientifica esterna potrebbero apportare, migliorando la conoscenza sui fenomeni di cui si dovrebbe avere maggiore contezza per l’analisi e le proposte di politiche pubbliche. Come sono distribuiti i redditi e i patrimoni nella popolazione? Come è distribuito il carico fiscale complessivo nella popolazione? Abbiamo un sistema fiscale progressivo? Come varia il comportamento dei contribuenti al variare di parametri delle imposte (come le aliquote marginali). Non può esistere una riforma fiscale seria e credibile senza la risposta a queste basilari domande, a cui oggi possiamo dare solo una parziale ed insoddisfacente risposta. Questa esigenza si intreccia perfettamente con il punto 63 del Rapporto, che spinge alla rimozione degli ostacoli all’utilizzazione di dati amministrativi, censimenti, survey etc., a fini statistici, di ricerca scientifica, e di valutazione delle politiche. Lo si chiede “nel rispetto del Regolamento Europeo 679/2016, introducendo il concetto di utilità sociale del trattamento dei dati a tali fini a fianco delle garanzie di privacy dei cittadini.”

Ridurre le agevolazioni ed i regimi di favore per migliorare l’equità e l’efficienza del sistema tributario. Infine, sarebbe stato utile rimarcare nel Rapporto Colao come l’erosione fiscale sia un ulteriore drammatico problema del sistema tributario italiano, complementare a quello dell’evasione. “Per un’azione veramente efficace contro l’evasione è prioritario ridurre l’erosione. Le esenzioni e le agevolazioni rispetto alle imposte ordinarie sono percepite (e di fatto costituiscono) evasione legale” come sottolineato da Vieri Ceriani in un recente articolo su Menabò. In particolare, l’Italia elargisce una serie di agevolazioni fiscali, attraverso un complesso sistema di esenzioni, deduzioni, riduzioni e rimborsi di imposta, e regimi tributari speciali e di favore per particolari categorie di contribuenti. Questa fitta rete di agevolazioni, chiamate “spese fiscali”, riduce il gettito fiscale, fornisce incentivi concreti ad eludere ed evadere il fisco, e rende il sistema tributario più iniquo.

Ad esempio, oggi l’imposta sul reddito delle persone fisiche – che secondo i dati Ocse pesa in Italia oltre il 10% del Pil – è applicata sempre più solo ai redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni, escludendo buona parte dei redditi da capitale e ora anche parte dei redditi di lavoro autonomo. L’ultimo processo di erosione della base fiscale dell’Irpef è costituito, infatti, dal nuovo “regime forfettario” con un’unica aliquota sostituiva (15%) applicata ai redditi autonomi di imprenditori e professionisti con redditi inferiori a 65.000 euro. La creazione di questo regime fiscale di favore è costata, nel 2019, circa 1.5 miliardi di euro di mancate entrate.

Nel suo complesso, il sistema delle “spese fiscali” vale fino a circa 62,5 miliardi di euro (Ministero dell’Economia e delle Finanze, Roma, 15 Ottobre 2019). Eliminare, ridurre, e rimodulare queste agevolazioni fiscali e regimi di favore permetterebbe di rinforzare (se non ristabilire) i principi di equità orizzontale e di progressività del sistema tributario.

*da Etica ed Economia, 15/07/2020

 

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