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Congresso Cisl, il sentiero impervio del sindacato

Il Congresso confederale della Cisl, concluso ieri con la conferma del segretario generale Luigi Sbarra, ha offerto un quadro realistico della realtà odierna del sindacalismo confederale e dei suoi problemi nel futuro del Paese. Il Congresso ha reso evidente che la Cisl rimane un sindacato forte, radicato nelle diverse articolazioni del sistema produttivo e della società italiana, che incarna una comunità di lavoratrici e lavoratori, impegnati nei rispettivi luoghi di lavoro e nel Paese a realizzare un multiforme disegno di solidarietà nei rapporti umani e sociali. 

Questa identità di sindacato forte e unito contrasta però con la realtà del lavoro e dei giovani nella società italiana, contrassegnati da innovazione non adeguatamente regolata, nuove condizioni di subordinazione provocate anche dalla tecnologia, livelli salariali troppo bassi, qualità dell’occupazione disponibile sfasata rispetto alle aspettative dei giovani. Questo divario tra la percezione di sé e del proprio ruolo e la difficile condizione del lavoro nel Paese rappresenta il vero problema del sindacato confederale nelle sue articolazioni storiche. 

La linea strategica emersa dal Congresso, largamente analoga a quelle di Cgil e Uil, cioè la definizione di un patto sociale a tre, governo, Confindustria e sindacati, anche se più definita nelle sue conseguenze, in termini di politica dei redditi, termine che può determinare qualche avversione soprattutto nella Cgil. Il programma della Cisl si completa poi con alcune proposte in diverse materie come la sicurezza del lavoro, no al salario minimo, pensioni e partecipazione nelle imprese. Il Congresso, oltre che dall’intervento di Draghi che ha espresso il suo favore verso la concertazione, è stato caratterizzato dall’insolito comportamento dei segretari generali di Cgil e Uil, Landini e Bombardieri, che, all’ultimo momento, hanno deciso di non partecipare alla prevista tavola rotonda sui problemi dell’Europa. 

Una scelta che può avere motivazioni anche banali e che poteva essere preventivamente chiarita mediante la normale diplomazia, ma che per il modo con il quale si è concretamente verificata, nel mezzo del congresso, ha allargato il dissenso nel sindacalismo confederale, già in seria difficoltà dopo lo sciopero generale del 16 dicembre scorso, proclamato soltanto da Cgil e Uil, a cui non è seguito alcun chiarimento unitario. Una scelta boomerang, che espone tutto il sindacato confederale a una serie di motivate critiche, e che riduce nel complesso la sua credibilità e il suo ruolo già ridimensionato per l’insufficiente qualità e diffusione della contrattazione collettiva con le diverse controparti. Non a caso la reazione di Confindustria è stata dura fino a considerare impossibile la pratica della concertazione. 

In questa situazione la stessa proposta di un patto sociale con il governo mantiene una ambiguità di fondo perché, nei fatti, finisce per assegnare la stragrande responsabilità delle scelte da compiere al governo, mentre le parti sociali mantengono un ruolo essenzialmente rivendicativo, anche di segno corporativo. La corretta esperienza della concertazione, e lo stesso accordo Ciampi del 1993, si sono realizzati mettendo insieme, in un comune progetto, le scelte del governo con le precedenti intese contrattuali tra le parti sociali, che hanno contribuito a rendere equilibrata ed equa l’assunzione di responsabilità tra i diversi protagonisti. 

In particolare, oggi, con la rivoluzione digitale e la transizione ecologica che stanno trasformando alla radice il lavoro, l’intervento contrattuale rappresenta la via maestra per una efficace regolazione dei diversi aspetti di tale trasformazione, ridando concretezza e valore ai diritti del lavoro. La concertazione punta a rendere coerenti e a rafforzare, con le scelte di politica economica e sociale del governo, tale regolazione, rendendo più profondi ed estesi i diritti del lavoro, come, ad esempio, è avvenuto con lo “Statuto dei diritti dei lavoratori”, che alla luce della trasformazione odierna richiederebbe alcuni aggiornamenti. 

Urge perciò un rapido superamento delle difficoltà attuali con la definizione di una strategia complessiva del sindacato frutto di un franco confronto unitario, che ricrei un diverso equilibrio tra contrattazione e concertazione in modo da riaprire un indispensabile confronto con gli imprenditori sui diversi aspetti della trasformazione del lavoro in atto. Un pieno recupero dell’iniziativa sindacale unitaria rappresenta anche un contributo importante a rendere meno fragile, e meno esposta a possibili involuzioni autoritarie, la nostra democrazia rappresentativa. L’alternativa rimane un lento ma inevitabile declino di un sindacato confederale che nella sua attuale struttura rappresenta l’ultima istituzione sociale della Prima repubblica e, come tale, destinata inevitabilmente al tramonto.

 

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