Crisi energetica oppure crisi di questo modo di produrre energia? Non è un tema che riguarda il sofismo, la glottologia o più semplicemente la leggerezza nell’uso del vocabolario della nostra bella lingua. È un tema che riguarda la politica, il sistema di potere, le lobby e la loro capacità di condizionare interpretazioni, orientamenti e quindi scelte. Soprattutto riguarda l’informazione, che sempre più sta diventando negativamente la sola matrice di produrre conoscenza.
Tutti conosciamo il valore che ha l’informazione quando nasce dalla cultura e si affianca a importanti azioni divulgative; tutti conosciamo anche il suo disvalore quando rimane prigioniera di superficialità e fretta semantica. In questi casi l’informazione (diffondendosi come la calunnia nel Barbiere di Siviglia) diventa strumento di potere delle lobby e penalizza chi si accontenta di modi di dire senza la necessaria coscienza critica per valutarli e usarli, correggerli o rifiutarli. Ci ricordiamo tutti la frase fatidica di alcuni decenni fa: “L’ha detto la televisione”, o quella di oggi: “L’ho letto su internet” e anche quanto sintetizzato nel film “Il quarto potere”.
Bene ha fatto Morese a pubblicare quanto detto da Papa Francesco agli industriali e a corredarlo con l’editoriale sicuramente condivisibile, e bene farebbe a pubblicare anche il discorso ad Assisi (file allegato, so come questo intervento sia facilmente reperibile, ma penso sia giusto manifestare anche un atto di condivisione formale e sostanziale a temi fondamentali proclamati apertis verbis e coram populo). Nelle parole di Francesco leggiamo con chiarezza che il vero tema da affrontare oggi è quello di cambiare registro e paradigmi, e per l’energia quello di lasciare tranquilli fossili e idrocarburi e rivolgersi a fratello sole, sorella acqua, fratello vento.
Ma andiamo con ordine.
Ho ricevuto la newsletter mentre andavo a cena da Ninni El Rojo (ecologista di Toledo) di cui abbiamo già pubblicato l’intervista Homo homini lupus. Vive sempre nel suo Casaletto e, cenando, abbiamo parlato di tutto ciò che oggi è dannosamente evidente: produzione e modi di produzione dell’energia (elettricità e cibi), forbice salariale, distribuzione della ricchezza, dimissioni firmate in bianco a garanzia di licenziamenti consenzienti, arroganza dei potenti della terra, peso delle lobby …
Con El Rojo quando si parla, si ragiona a voce alta e, come tutte le volte che si ragiona parlando, vengono esplicitate considerazioni semplici ma capaci di riorientare anche i più consolidati modi e frasi d’uso.
Ma ora, dopo numerose parentesi, entriamo nei temi dell’intervista: crisi energetica o crisi dell’attuale modo di produrre elettricità e cibi?.
Da quello che vedo, non t’importa nulla degli alti costi nati da ciò che chiamiamo genericamente crisi energetica,: le luci sono ovunque e, oltre all’agorà e al pozzo con il tiglio, hai illuminato il vialetto che porta ai cavalli, il percorso didattico tra orto, vigne e ulivi, la serra per la coltivazione biologica e idroponica; ma quanto ti
costa?
Nulla; quando va malissimo, devo solo rinunciare a una piccolissima parte di guadagno.
Spiegati meglio perché non capisco; non sei anche tu economicamente prigioniero della crisi energetica? Bollette, richieste di aiuto allo Stato …
Dimmi di che cosa vuoi parlare; I temi che poni sono due: quello dell’attuale crisi e quello dell’eventuale rinuncia a una piccolissima parte di guadagno.
Parliamo prima dalla crisi.
Per iniziare bene devo farti io una domanda: quando parli di crisi energetica, ti riferisci alla crisi e ai relativi costi figli dell’energia prodotta da fossili e idrocarburi nello sviluppo insostenibile? Se sì, devo ammettere che quella c’è, ma devo aggiungere che purtroppo nessuno la vuole circoscrivere al solo e suo specifico modo di produzione.
Scusa?
Oggi stiamo pagando i costi della crisi causata dalla produzione di energia da fossili e idrocarburi; su questa crisi si è inserita la speculazione relativa al modo distorto di formare i prezzi che sta trascinando al rialzo tutto il settore. E noi? Invece di dire la verità avalliamo il passaggio da crisi settoriale a crisi generale. Un bell’imbroglio.
Io quando la mattina mi alzo e vedo il sole o sento soffiare il vento, quando colgo la frutta matura o vendemmio, ho la certezza che il mondo non vive una crisi energetica. Siamo noi che viviamo la crisi di un modo di produrre, che rafforza potere e ricchezza alle lobby producendo danni e inquinamenti.
Senza fare il bucolico, fino a quando il sole brillerà, l’energia ci sarà, basta captarla seguendo la logica della natura. Ora la dico scherzosa secondo il linguaggio tenebroso delle favole che mi raccontavano: seguendo natura, il mondo (e noi con lui) non cadremo nel baratro e nel buio eterno.
Come sempre sposti i problemi.
Io non sposto nulla. Il modus loquendi si pone come presupposto sia per la confusione sociale, sia per imbrogli e speculazioni. Menomale che i giovani sono tornati a colorare le piazze con i valori del cambiamento.
Spiegati.
Parlare di crisi energetica, e non di crisi del modo di produrre energia, crea enormi confusioni con relativi problemi sociali, economici e politici; giustifica le speculazioni, giustifica alleanze sbagliate, favorisce trattati economici a tutto vantaggio dei settori speculativi dell’economia o di prodotti di qualità improbabile. Soprattutto non accelera né la fine della produzione di energia da fossili e idrocarburi né il nuovo corso dello sviluppo sostenibile con produzione di energia da fonti rinnovabili. Ne sono vittime anche le politiche interne che si nascondono dietro la vox populi che chiama e richiama i governi ad atti di elemosina e non a cambiamenti strutturali.
Bisogna essere chiari, e lo ripeterò fino alla noia: non stiamo vivendo una crisi energetica, stiamo vivendo la crisi dell’attuale modo di produzione energetica. Il sole si è spento? Non mi pare (ricordiamoci del caldo di questa estate). È scomparso il vento? Non mi pare. Siamo noi che usiamo il sole per produrre siccità o il vento per far cadere alberi da noi piantati in modo inopportuno in città e sulle montagne.
Ti pongo la seconda domanda: i piccoli risparmi?
Rimarrai deluso per la semplicità.
Ho dotato i tetti di pannelli fotovoltaici e, quando ho fatto il calcolo dei Kw necessari a casa e azienda, li ho raddoppiati. Ho la clausola dello scambio sul posto per cui uso il 50% dell’energia che produco e vendo all’Ente il restante 50%. Per essere sicuro di non dover acquistare neanche un € di energia prodotta all’esterno, ho messo un sistema di accumulo, una riserva per eventuali criticità.
Ricevo due assegni semestrali (uno di acconto e uno a saldo) che oggi, con il rialzo vertiginoso dei prezzi, mi danno un reddito ragguardevole.
Le bollette non le pago perché il calcolo sui fabbisogni è stato ben fatto e il guadagno è proporzionale ai lamenti della vox populi. Per non lasciare alcun dubbio specifico; se prima ricevevo 10 ora ricevo 25 et ultra con gli stessi pannelli e lo stesso sole. Chi mi dice che gli extra profitti non esistono, lo ingaggio subito come comico per una serata a carnevale.
Ecco perché la luminaria?
Datti da solo la risposta.
In genere le interviste si concludono con una frase dell’intervistatore. Mi scuso di non rispettare l’abitudine ma mi sembra veramente superflua. Se l’intervista l’avesse condotta uno dei miei studenti o dei tanti giovani che prima delle elezioni hanno riempito le piazze, forse l’avrebbe conclusa così:
“Ma datevi ‘na mossa! il modo sostenibile di produrre energia sta lì e in questo momento ci sta scaldando mentre manifestiamo”.