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Critiche (soft) alle zone economiche speciali

CGIL, CISL e UIL scrivono al Ministro della Coesione territoriale e Mezzzogiorno, al Presidente della Commissione bilancio del Senato, ai senatori componenti della Commissione bilancio in merito alla conversione in legge del DL 91/ 2017  ed in particolare sulle zone economiche speciali.

 

 

Gent.mo Sig. Ministro, On Senatori ,

 

le scriventi organizzazioni sindacali in relazione alla conversione in legge del Dl 91/2017 – ritengono la istituzione delle ZES ( art.4 e 5) un provvedimento importante per lo  sviluppo economico nei territori meridionali, ma evidenziando l’impossibilità di contribuire con osservazioni nell’ambito di audizioni al senato – intendono proporre alcuni elementi migliorativi  relativi alla costituzione delle zone economiche speciali del suddetto decreto.

Il primo punto che intendiamo sottolineare e’ come l’aver previsto la costituzione di ZES solo in aree che comprendano almeno un’area portuale collegata alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), possa tagliare fuori alcuni territori – le aree interne o aree di crisi- che hanno bisogno di questo strumento per il rilancio del loro sistema produttivo.

Lo strumento delle ZES deve avere a nostro avviso un carattere selettivo, orientato in maniera mirata a specifiche situazioni, ma la scelta operata sembra guidata dalla volontà di limitarne un po’ troppo il campo di applicazione.

Una seconda criticità risiede nella governance delle ZES delineata dal Decreto: manca una rappresentanza efficace del territorio (enti locali) e delle parti economiche e sociali, che dovrebbero invece essere coinvolte in funzione consultiva e di monitoraggio.

Il terzo aspetto da emendare riguarda i criteri per la semplificazione di autorizzazioni, in quanto in essi occorre far rispettare esplicitamente il diritto al lavoro e la tutela delle salute e sicurezza e la tutela ambientale.

Infine  è  da incrementare la quantità e la qualità degli investimenti: l’attrazione di impresa determinata dalle agevolazioni fiscali previste dal credito imposta investimenti  e  da quelle normative non è sufficiente, se non accompagnata da investimenti pubblici anche regionali ed interventi mirati sulle filiere produttive, nonché da forme di fiscalità di vantaggio.

Infine alla condizionalità che le imprese devono rispettare, mantenendo  per almeno 5 anni dopo il completamento dell’investimento la propria attività nell’area della ZES, andrebbe aggiunto, ed espressamente previsto nel decreto, anche un obbligo di mantenimento  dell’occupazione nei 5 anni successivi al completamento dell’intervento.

Le scriventi organizzazioni sindacali ritengono che gli obiettivi di sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno del paese rappresentano in questa fase un urgenza per l’intero paese e che quindi gli strumenti anche innovativi messi in campo debbano rispondere a criteri e obiettivi quanto più condivisi possibile.

Auspicando che apprezzerete il contributo sopradescritto vi inviamo cordiali saluti.

 

 

        I segretari confederali

    Cgil             Cisl                           Uil

 Gianna Fracassi    Angelo Colombini     Guglielmo Loy

Roma 13 luglio 2017

                                                                                                                      

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