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Da rifiuto a risorsa per i cittadini

Il nuovo Sindaco di Roma ha posto tra le prime tre azioni del suo mandato lo smaltimento dei rifiuti sparsi per la città, per ridonare igiene ambientale e dignità alla Capitale e ai suoi indubbi valori archeologici e storico-artistici.

Quando un provvedimento si fa assurgere a spartiacque tra il prima e il dopo, a biglietto da visita del proprio buon governo, non si può certo pensare alla sola  “pulizia” con ramazza e getti d’acqua.

È vero che le tecnologie usabili per la pulizia di strade e piazze sono evolute ma ormai, quando parliamo di raccolta e smaltimento dei rifiuti, tutti sappiamo che dobbiamo riferirci all’intero sistema igienico-urbano, alla valutazione dei costi e della durabilità delle azioni, a come ricavare guadagni da contrapporre alle spese. In poche parole dobbiamo riferirci ai princìpi e alle prassi dell’economia circolare riutilizzando gli scarti sia in modo lineare sia  derivato (energia per riscaldamento e illuminazione, metalli, ceneri, concimi …)

È un mantra l’espressione “da rifiuto a ricchezza”; un mantra che tutti sanno ripetere anche se spesso,quando si devono praticare decisioni, la memoria si svincola dalle azioni.

Andiamo per macro ordine:

  1. La categoria più semplice e di facile comprensione è il riciclo e la riutilizzazione lineare. Cartonari, raccoglitori di lattine ecc. sono persone concrete che sbarcano il lunario come moderni raccoglitori. Nel primo dopoguerra un’organizzazione importante come “la Sacra Famiglia” lasciava alle famiglie che accettavano, un sacco di iuta in cui raccogliere i rifiuti domestici preziosi, come le lattine di pomodoro, che sarebbero stati ritirati settimanalmente.
  2. In superamento di questi, e per modernizzazione del settore, abbiamo istituito la raccolta differenziata nei luoghi in cui si formano gli scarti.

Nessuno toglie importanza a quel decreto che per storia e tecnologie d’uso, si avvale di un sistema di raccolta-smaltimento-riutilizzazione ancora prevalentemente lineare. 

  1. Oggi possiamo fare molto di più: possiamo aggiungere alle azioni per la riutilizzazione dei rifiuti anche il ciclo combustivo finalizzato alla produzione di gas e derivati e alimentato dai soli rifiuti che sono rimasti “nell’indifferenziata”. Arriviamo così alla trasformazione-riutilizzazione di tutti i rifiuti per prodotti derivati diretti o da combustione.

Là dove la riutilizzazione è diretta, nulla questio, carta produce carta ecc. Dove non esiste trasformazione diretta, possiamo realizzare prodotti come i gas di combustione, i concimi, gli inerti, i metalli. 

Il principale interprete di questa terza macro categoria, è il termovalorizzatore: una tecnologia che permette di smaltire e valorizzare ciò che resta “nell’indifferenziata” (esclusi i rifiuti speciali) trasformandola in gas, metalli, concimi, inerti…

Sul termovalorizzatore ci sono mille malelingue, mille reticenze e soprattutto mille fake news. Partecipo da tempo al “Tavolo per la qualità” del Secondo Municipio cui fanno riferimento circa 400 soggetti tra singoli e collettivi. Anche lì abbiamo affrontato il tema del termovalorizzatore da localizzare nel territorio municipale (Parioli, Flaminio, Trieste, ecc,); anche lì ho sentito voci discordanti preoccupate per i possibili inquinamenti e soprattutto per il timore di una consistente diminuzione dei valori immobiliari. In quel consesso, dove poi è passata a larga maggioranza l’accettazione, c’erano molti contrari di cui uno che più contrario di così non si può. Gli ho chiesto: “Lo sa perché i Lloyd’s inglesi sono famosi (almeno storicamente) per aver sempre onorato i risarcimenti esigibili dagli ‘assicurati’? Perché garantivano con il patrimonio personale, una sorta di grande scommessa assicurativa. Se vuole facciamo una visita a tutti i termovalorizzatori di ultima generazione sparsi per l’Europa e se troviamo danni ambientali o inquinamenti da esso derivati, sono pronto a sostenere la scommessa fino alla capienza del mio patrimonio”. Il viaggio non si è fatto e la disponibilità per il termovalorizzatore é passata a larghissima maggioranza.

Per i valori immobiliari … è evidente che non possono che aumentare poiché le unità abitative, produttive o terziarie possono godere di apporti energetici gratuiti o fortemente ridotti in relazione ai rifiuti che producono: più rifiuti = più luce, acqua calda, riscaldamento (e faccio salvi concimi, sabbie ecc. che non a tutti interessano ma a cui possono partecipare come riscossione della quota parte del loro valore di mercato). 

Le tecnologie sui cui progettare e realizzare i termovalorizzatori sono maturate, e tanti sono gli esempi che hanno riempito le pagine dei giornali (Copenaghen, Vienna, Brescia, Salerno …).

È questa maturità tecnologica che permette la realizzazione di termovalorizzatori dimensionati sui bacini di ingresso dei rifiuti e di uscita dell’energia prodotta ed è questa flessibilità che dà libertà di progettazione urbanistica e strutturale alle istituzioni e ai tecnici per dimensionare la struttura sulle esigenze locali.

Il termovalorizzatore, progettato alla dimensione territoriale e tecnologica congrua, crea un rapporto spaziale e funzionale diretto e univoco tra produttori dei rifiuti da trasformare e utilizzatori dei prodotti della termovalorizzazione. 

Gli impianti garantiscono ai produttori dei rifiuti di ricevere in modo diretto e immediato energia di ritorno con la quale accendere le lampadine di casa e del quartiere, avere l’acqua calda negli usi correnti, ecc. Tra i prodotti derivati abbiamo anche minerali, concimi per le aree verdi, inerti da utilizzare per strade, ecc. Tutto sarà disponibile e a servizio dell’ambito urbano di produzione dei rifiuti che da quel momento potremo chiamare ex rifiuti o nuove materie prime per la produzione di gas, luce, concimi, inerti, metalli. 

Le diffidenze sono molte ma, ripeto, legate alla non conoscenza delle garanzie ambientali, tecnologiche ed economiche che il termovalorizzatore garantisce. Servirà un’adeguata campagna di conoscenza, informazione e partecipazione, che chiarisca con documentazioni certe l’immediatezza del rapporto dare-avere, il trend positivo dei valori immobiliari (in relazione al non pagamento dello smaltimento dei rifiuti e alla  gratuità per  gas luce ecc.):

Infine va ben spiegata la differenza tra termovalorizzatore e inceneritore. L’inceneritore è un distruttore; il termovalorizzatore è una tecnologia della cultura ecologica, è figlio dell’energia da fonti rinnovabili, è interprete dell’economia circolare che trasforma in investimento ciò che oggi è spesa. Permettendo ai rifiuti di diventare materia prima, permette alle famiglie, quando alzano il coperchio della pattumiera per gettarvi un rifiuto, di vederlo trasformare in acqua calda o luce per la lampadina che hanno appena acceso.

E ora andiamo con ordine per capire i criteri di scelta per definire la dimensione di un termovalorizzatore.

La grande dimensione può fruire, nella costruzione dell’impianto, dei vantaggi propri dell’economia di scala; il minus sta nella necessità di costruire reti importanti per la distribuzione delle energie prodotte e di non avere quella parte di consenso locale che nasce ed è basato sul rapporto immediato dare-avere: consegno rifiuti, ricevo energia. 

La piccola dimensione ha lo svantaggio dei costi di costruzione, ma il vantaggio di consentire risparmi sui costi delle reti distributive per la congruità tra dimensione del termovalorizzatore, area di ingresso dei rifiuti e area di utilizzazione delle energie prodotte. 

Un altro vantaggio della piccola dimensione è l’utilizzazione di quantità di rifiuti in ingresso relativamente modeste. Questo elemento sarà particolarmente utile sia quando i sistemi di raccolta/stoccaggio e selezione/riutilizzazione si saranno perfezionati e l’economia di riciclo sarà in grado di lasciare come “indifferenziato” solo una piccola quantità dei rifiuti raccolti, sia quando, a processo maturo, potrà raccogliere anche biomassa tout court.

Non dimentichiamo che, quando i paesi dotati di impianti di termovalorizzazione arriveranno ad avere una raccolta/utilizzazione perfezionata, potranno ricevere rifiuti o biomassa da altri luoghi e produrre energia da immettere in rete con evidenti guadagni. I rifiuti, non più provenienti dalle aree contermini, potranno essere importati da aree meno virtuose; le economie locali, mantenendo intatte le economie provenienti dall’esercizio energetico, potranno sostituire i vantaggi dello smaltimento locale con i vantaggi economici derivati dall’uso del termovalorizzatore come trasformatore di rifiuti non locali.

Un ente locale di piccole-medie dimensioni (l’Italia e anche la città metropolitana di Roma ne sono piene) può costruirlo con relativa autonomia e metterlo a servizio territoriale.

Se iniziamo a ragionare nell’ottica dei distretti energetici o delle cooperative di comunità vediamo subito i vantaggi che potrebbero avere i piccoli centri della città metropolitana nell’ inserimento del termovalorizzatore come tecnologia congrua al distretto energetico. Si produrrebbe un’azione territoriale ed ecologica capace di creare economia per consumi propri ed economia per servizi conto terzi.

C’è da aggiungere che il termovalorizzatore con il suo processo di combustione permette il recupero di materia ed energia difficilmente raggiungibile con altre tecnologie. Possono infatti essere estratti, come già accennato, quantitativi interessanti di metalli ferrosi e non ferrosi, ceneri e ceneri pesanti che, salvo verifiche su percolazione e contenuti di metalli pesanti, possono essere usati nelle infrastrutture o in edilizia, sostituendo sabbia e ghiaia.

In conclusione, una breve nota per la mia città:

perché la Città Metropolitana di Roma Capitale, di cui è Sindaco lo stesso Sindaco di Roma Capitale, non propone un piano coordinato e consensuale di piccoli termovalorizzatori su cui organizzare smaltimento dei rifiuti, produzione di gas ed energia per i fabbisogni locali, produzione di concimi per le agricolture di prossimità, recupero di materiali ferrosi e non ferrosi, ceneri ecc. per le attività di edilizia locale?

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