L’emergenza sanitaria ha travolto il mondo della scuola in maniera traumatica, più ancora di quanto accaduto in quello del lavoro.
Centinaia di migliaia di aziende, inclusa una gran parte di quelle più grandi, avevano già avviato soluzioni di smartworking o almeno una certa quota del suo sottoprodotto (il telelavoro). In una certa percentuale l’attività produttiva ha potuto continuare su canali già rodati anche se il lockdown ha imposto un’accelerazione quantitativa che ha snervato non poco le organizzazioni.
Nulla di tutto ciò è accaduto nella scuola. La chiusura dei portoni ha reciso l’unico contatto tra docenti e studenti. La didattica a distanza esperita in queste settimane è la narrazione di milioni di aneddoti, più che l’attuazione di un metodo.
Se questo sconvolgimento sta producendo stress per docenti, studenti e genitori, il tema degli alunni con disabilità merita un focus a parte.
L’esperienza italiana del sostegno è un vanto della nostra comunità. Con tutte le aree di miglioramento in termini di organico, infrastrutture scolastiche e strumenti dedicati, il sistema d’istruzione si fa ampiamente carico di accompagnare la crescita educativa dei nostri ragazzi e ragazze con deficit, in un’ottica di continua inclusione formativa e sociale. In quest’ambito abbiamo distanziato finanche quella Germania che in molti continuamente citano come il benchmark per ogni obiettivo o riforma.
Il lockdown ha azzoppato il modello? Se la forzata didattica a distanza è problematica per l’insieme degli studenti, diviene inaccessibile per discenti con deficit?
Va dato atto al Miur di aver tenuto in considerazione questa delicata sfera sin dal primo momento, in parallelo con il resto della didattica. La Nota del 17 marzo (1), quella con cui si diramavano le prime indicazioni operative per gestire l’emergenza Covid, cita: “La sospensione dell’attività didattica non deve interrompere, per quanto possibile, il processo di inclusione. Come indicazione di massima, si ritiene di dover suggerire ai docenti di sostegno di mantenere l’interazione a distanza con l’alunno e tra l’alunno e gli altri docenti curricolari o, ove non sia possibile, con la famiglia dell’alunno stesso”.
L’esortazione al mantenimento della rotta ribadiva un elemento già decisivo nell’ordinario, ma che è divenuto la vera chiave di volta nell’emergenza: la collaborazione con la famiglia.
Chiunque sia coinvolto nei percorsi di sostegno sa bene quanto sia importante la cooperazione tra scuola e famiglia per il proficuo percorso di sviluppo cognitivo, emotivo e sociale del disabile. La dialettica però non è sempre facile, principalmente in ragione della competenza e del vissuto inevitabilmente diverso tra docenti e genitori. La distanza si tramuta sovente in incomprensione circa la centralità del ruolo della famiglia per consolidare, rafforzare, puntellare il lavoro che si compie a scuola.
Se per ogni scolaro è utile e gratificante poter contare sulla presenza attiva di un adulto nello svolgimento dei “compiti a casa”, chi beneficia del sostegno ha necessità di un supporto di qualità e quantità di scala diversa. Tuttavia numerosi elementi entrano in gioco nel limitare l’efficacia di questa sponda domestica, quali il livello culturale, la sensibilità circa il ruolo genitoriale, l’oggettiva disponibilità di tempo, la capacità d’empatia e ciò innegabilmente anche oltre la stessa volontà di madri e padri.
In questa dinamica l’emergenza Covid ha inserito un elemento dirompente. Nella relazione con i ragazzi è avvenuta un’inversione dei ruoli, con un’attività in presenza esercitata in casa ed un’attività di conduzione tecnica a distanza. Tale sostituzione ha forzato i genitori a “mettersi nei panni” dell’insegnante, a trasformarsi nella sua longa manus. La soluzione, mai sperimentata prima, li ha profondamente connessi tanto con il difficile cammino che giorno dopo giorno compie il loro figlio quanto con gli sforzi, le oscillazioni, gli adattamenti, le personalizzazioni che il docente di sostegno deve attivare nella didattica.
Per attuare questa piccola rivoluzione è stata profusa un’energia enorme. Insegnanti chiamati a fare da tutor a genitori e figli. Padri e madri costretti ad imparare rapidamente pezzi di un mestiere difficile per stimolare adeguatamente attenzione, interesse e apprendimento.
I risultati di questa sperimentazione forzata sono stati inevitabilmente diversificati. Famiglie più attrezzate si sono rapidamente inserite tra insegnante e figlio consentendo la piena prosecuzione del percorso.
Famiglie meno dotate non sono state in condizione di salire sul treno in corsa lasciando così i figli fermi sui binari.
La citata “attrezzatura” non è solamente culturale, ma anche operativa e tecnica, con famiglie sprovviste tanto di adeguata familiarità informatica quanto di strumenti tecnici come PC o connessione decente. Il tema è noto. La citata Nota del Miur recita: “E’ compito del Dirigente scolastico, d’intesa con le famiglie e per il tramite degli insegnanti di sostegno verificare che ciascun alunno o studente sia in possesso delle strumentalità necessarie”. Evidentemente non sono processi che si compiono in tempo reale. Molto è stato fatto. Apparecchiature hardware, software e sussidi didattici sono stati destinati a famiglie in difficoltà anche utilizzando un veicolo ad hoc che prevede fondi per ausili e sussidi per la disabilità (2).
Nondimeno, secondo un rapporto ISTAT(3) del 2019, la carenza rimane profonda. Ancora oggi, oltre il 10% della popolazione in età scolare (tra 6 e 17 anni) non dispone di un computer o un tablet a casa, dato che sale quasi al 25% nel Sud (470 mila ragazzi). La maggior parte degli studenti deve comunque condividere il PC in quanto solo una limitata percentuale, il 6,1%, è parte di nuclei familiari in cui è disponibile almeno un terminale per ogni componente.
Considerando questi dati si può stimare che circa 30.000 famiglie italiane già gravate da un figlio disabile versa in condizioni di assoluta impossibilità a beneficiare di didattica a distanza e altre decine di migliaia sono limitate da barriere di ogni tipo: analfabetismo informatico, carenza di connessione digitale, necessità di condividere l’hardware disponile.
Qual è la lezione che possiamo utilmente trarre dall’emergenza che stiamo ancora attraversando? Mi limito ai titoli.
Non è pensabile progettare un rientro a settembre imperniato sulla didattica a distanza, facendo così finta che il gap infrastrutturale non esista. Alcuni Länder tedeschi, tanto per utilizzare nuovamente un termine di riferimento abusato, hanno vietato la didattica a distanza durante il lockdown scolastico sull’assunto che, non essendo garantite pari opportunità di fruibilità tecnologica, non sarebbe stata tollerabile l’esclusione anche di un solo studente.
In secondo luogo, sarebbe opportuno erogare una formazione “parentale” dedicata e continua per le famiglie con disabili, intervento prezioso tanto per valorizzare e consolidare le esperienze virtuose esperite in queste settimane, quanto per colmare le lacune culturali dei genitori non in grado di supportare il percorso scolastico.
Infine, l’educazione delle nuove generazioni è un investimento che deve attraversare la società. Non possiamo limitarci a puntare il dito sulle Istituzioni, chiamate soprattutto ad innovare più che ad aggiungere.
Con il nostro portale di orientamento formativo e professionale WeCanJob.it stiamo lavorando per mettere a disposizione gratuitamente materiali e contenuti per la didattica del sostegno a beneficio di docenti e famiglie.
Aziende e cittadini possono dare il loro contributo a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, iniziativa meritoria e sostenuta dallo Stato (le donazioni finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa sono detraibili dall’imposta sul reddito nella misura del 19% (4)).
In queste settimane si sente molto declamare con toni vagamente trionfalistici: “nulla sarà più come prima!”. Partiamo dal rottamare il concetto imperante di “crescita” per impegnarci su quello più evoluto di “progresso”, dimensione che si misura in termini di livello di benessere di tutte le componenti della società, a partire dai più deboli senza distinzioni tra Sud e Nord del Paese.
1 Nota MIUR prot. 388 del 17 marzo 2020
2 Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 63, all’articolo 7 comma 3
3 https://www.istat.it/it/files//2019/12/Cittadini-e-ICT-2019.pdf
*Marino Lizza, managing partner di WeCanJob.it