Chiedo scusa se “irrompo” con un tema a me caro e che vedo bistrattato continuamente: la dinamica democratica (o, semplicemente, la democrazia).
Assisto, on-line, a dibattiti di esperti, accademici, giornalisti e politici e, ogni volta il tema democrazia ne esce malconcio.
In genere, sinteticamente, mi sembra che si prendano due filoni, o quello ideale in cui si finisce per parlare della democrazia come sinonimo di libertà, o quello storico che parla di un sistema “inventato” dagli ateniesi 500 anni prima di Cristo (che però democratico non era, in quanto escludeva le donne e gli schiavi).
E c’è chi su questo filone mette l’esperienza dei Comuni italiani ed europei dei secoli XI-XIII (dove però potevano votare solo i maschi possidenti e contribuenti) e quindi arriva alla rivoluzione americana (1776) e a quella francese del 1789. Entrambe a diritti limitati.
In tutto questo sguazzano i detrattori di vario genere che si permettono di segnalare le diverse lacune e che si vestono da difensori della democrazia, attualizzando le critiche alle esperienze storiche, per affermare che le democrazie devono garantire le presenze e l’agire di tutti i cittadini, compresi gli antidemocratici.
E spesso i nemici o gli ignavi rispetto alla democrazia, da questi dibattiti, escono vincenti caramba!
E allora, che cosa ho da dire sulla democrazia?
1 – Che è un sistema in continua evoluzione. Quindi instabile, si potrebbe dire che ha bisogno di una manutenzione continua (anche e principalmente da parte dei cittadini associati)
2 – Che non esiste un unico modello democratico, ma che ha comunque alcuni punti fermi quali: il suffragio universale, la divisione dei poteri, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (e senza distinzioni di sorta),
3 – Che ha come fondamento la solidarietà messa in pratica che fa di ogni cittadino una persona e non un individuo. (Questo valore viene spesso dimenticato, ma va ricordato che le democrazie nascono per difendere i deboli contro i soprusi dei potenti)
Infine, sollecito l’attenzione verso le dinamiche tra tre grandi soggetti che determinano le democrazie attuali, le rendono dinamiche e permettono di “valutarle”.
Mi riferisco all’interazione tra Stato, Mercato e Società Civile. È dalla dinamica del conflitto permanente di questi tre subsistemi che si afferma un sistema democratico.
Ogni volta che uno dei tre grandi soggetti pensa di poter agire e decidere da solo si entra in una situazione di crisi democratica.
La stessa cosa accade quando due dei soggetti si dovessero coalizzare, escludendo il terzo. Crisi grave e gravi disastri all’orizzonte.
Quindi ciascuno dei tre soggetti è chiamato a svolgere il proprio ruolo con chiarezza e fedeltà, direi, alla propria missione.
Cosa vedo oggi? Nel mondo intero, avanza un’alleanza, sempre più esplicita tra Stati (governi e apparati statali) e mercati (senza confini e finanziari in particolare, liberi e indisturbati speculatori).
E la società civile, dov’è? Dove sono i Sindacati, le Associazioni di categoria, le Cooperative, il Terzo Settore e il Volontariato?
Ci sono! Eccome se ci sono! Ma non contano, non fanno parte della negoziazione, non sono soggetti di governance…
Infine: un po’ di tempo fa mi stavo convincendo che anche il capitalismo finanziario (o, perlomeno, la sua parte intelligente) si sarebbe reso conto che non poteva governare da solo. Abituato alla speculazione su qualsiasi situazione si realizzasse nei suoi dintorni si sarebbe posto il problema di trovare qualcuno che fosse in grado di “mediare” verso i cittadini, la sua attitudine di rapina…
Avevo pensato (sperato?) che, pragmatico come è, il capitale finanziario avrebbe cercato accordi più o meno strategici con i partiti popolari, o perfino, forse, con i sindacati. E avevo prefigurato, con la fantasia, nuovi livelli di negoziazione e di risultati per i lavoratori.
Ma il sogno è finito bruscamente: il capitale finanziario ha, ormai i suoi interlocutori ben posizionati e non avrebbe bisogno di altri.
Trump negli USA, Milei in Argentina, in modo esplicito, e, tendenzialmente tutta la “nuova destra” che appare e si afferma in Europa (Ungheria, Olanda, Italia, Austria e poi? Germania? Per scaramanzia, mi fermo qui). Un fenomeno che si registra anche qua e là per il resto del pianeta.
Concludo ricordando che nessuno dei tre interlocutori può governare da solo e che neppure due possono coalizzarsi a discapito del terzo.
Quindi il nostro terzo, la società civile, ha bisogno di riorganizzarsi e di farsi sentire. Siamo disposti a darci una mano?
In caso contrario la prospettiva è veramente tragica: cresce la disoccupazione tecnologica, diminuisce la massa salariale, aumenta la distruzione dell’ambiente, si abbassano i livelli di sicurezza individuale e collettiva. E non c’è uno straccio di strategia per affrontare la crisi climatica prossima ventura, con conseguenti migrazioni mai viste.
Ma aumentano spaventosamente i profitti e la loro concentrazione, insieme alla concentrazione dei capitali. In questo modo la democrazia non appassisce… scompare.
*La materia è trattata più compiutamente nei due volumi dell’autore di questo articolo, “Democrazia Necessaria, un’agenda per il cambiamento” – Edizioni Lavoro, Roma 2024).