E’ tempo di apertura delle scuole dopo la pandemia. Ed una riflessione è opportuna, soprattutto per quanto riguarda il contrasto alla povertà educativa. L’occasione ci è offerta dalla recente pubblicazione del rapporto “Alla-ricerca-del-tempo-perduto” pubblicato a settembre 2022 da Save the Children. Fa il punto sulla dispersione scolastica in Italia, ne approfondisce alcuni fattori, propone soluzioni.
La correlazione tra povertà delle famiglie e povertà educativa è fenomeno acquisito da tempo nelle analisi. Così anche che la povertà colpisca i giovani in particolare, influenzandone i percorsi formativi in termini di abbandono scolastico o di limitazioni nelle acquisizioni.
Né gli ultimi anni hanno visto prodursi tendenze positive. La crisi economica, in essere (e in divenire), non ha facilitato né facilita scenari favorevoli. Le interruzioni o sospensioni delle attività formative e le stesse riconversioni didattiche, collegate alla pandemia, non hanno agevolato, da una parte, la partecipazione dei giovani in disagio economico alla formazione e, dall’altra, le acquisizioni per accedere alla vita sociale e produttiva. Tutto ciò mantenendo i notevoli differenziali territoriali tra Centro Nord e Meridione.
Il Rapporto di Save the Children , pur indicando molteplici fattori incidenti (limitati finanziamenti alla scuola pubblica comparati con gli altri stati europei e differenziati tra i vari livelli di formazione; incapacità di utilizzare le stesse risorse a disposizione; livello di qualità dell’insegnamento;limitata presenza di servizi precoci e di offerta educativa extrascolastica ) si sofferma sull’incidenza dell’equità dell’offerta dispazi, tempi e servizi educativi dellascuola, quali ad esempio tempo pieno, servizi mensa, materiali, spazi ed infrastrutture adeguate.
Sottolineando il fatto chele carenze sono per lo più concentrate in territori dove risiedono soprattutto gli studenti che provengono da famiglie con livelli socioeconomici più bassi; studenti, che, invece, avrebbero maggiore necessità di beneficiare di un’offerta di spazi e servizi scolastici di qualità.
Un legame tra presenza dei servizi di qualità e risultati più positivi nell’acquisizione delle competenze in italiano e matematica è suffragata per esempio dal confronto tra province.
Gli stessi dati del Ministero dell’Istruzione relativi ad alcuni aspetti della qualità ‘strutturale’ della scuola – quali la presenza del tempo pieno o della mensa, e l’adeguatezza delle infrastrutture fisiche – stanno a significare una correlazione positiva tra offerta di tempi e servizi educativi e livelli di apprendimento.
Ne derivano alcune considerazioni. Un’offerta adeguata di spazi e servizi educativi a scuola potrebbe essere determinante nello spezzare tale legame ed offrire opportunità di apprendimento eguali anche agli studenti più svantaggiati, se è vero che la privazione educativa è strettamente legata a quella materiale, che gli studenti dei territori con livelli familiari socioeconomici più bassi sono anche quelli dove gli stessi studenti hanno più difficoltà a raggiungere i livelli di apprendimento adeguati.
Per far fronte ai finanziamenti necessari al superamento delle differenze territoriali viene indicata l’opportunità offerta dal Next Generation EU di investimenti.
A riguardo vengono da Save the Children formulate proposte e raccomandazioni.
Investire di più e meglio per l’Istruzione Pubblica.La spesa per l’istruzione andrebbe aumentata al 5% del PIL a partire dal 2023, mettendo a disposizione circa 93 miliardi (sono circa 71 quelli stanziati nel 2020); va ripartita in tutti i gradi d’istruzione; deve essere finalizzata, da un lato, all’aumento delle retribuzioni degli insegnanti (ad oggi tra le più basse d’Europa), dall’altro, ad incrementare l’offerta scolastica di qualità, con particolare riferimento al tempo pieno, alle mense, all’aumento degli spazi ed al miglioramento delle infrastrutture, nonché alla formazione degli insegnanti e alla sperimentazione di pratiche pedagogiche innovative, inclusive ed aperte alla comunità.
Esistendo Aree ad Alta Densità Educativa – territori cioè caratterizzati insieme da più alta percentuale di studenti di famiglie in svantaggio socioeconomico, da livelli di apprendimenti più bassi, da tassi di dispersione più elevati e da una comunità educante con un’offerta educativa (scolastica, formale ed informale) molto limitata – i finanziamenti dovranno prioritariamente essere assicurati a queste aree.
Sviluppando contestualmente l’Indice di Povertà Educativa territoriale, che possa rilevare con regolarità, a livello dei comuni, aree urbane, aree interne, ambiti territoriali, i fattori determinanti dello svantaggio educativo, nella scuola e nella comunità educante.
Dalla logica del bando bisogna passare a finanziamenti in base ad un approccio di co-programmazione e co-progettazione tra reti di scuole, comunità e istituzioni riservando una parte di risorse alla diffusione delle migliori pratiche. Una parte dei fondi dovrà anche essere destinata a rafforzare e diffondere in altri contesti le migliori pratiche di contrasto alla dispersione e alle acquisizioni di competenze.
Mense scolastiche e tempo pieno in tutte le classi della scuola primaria per contrastare le diseguaglianze. Il servizio mensa va considerato come livello essenziale delle prestazioni (LEP), garantendo, nella scuola primaria, almeno un pasto gratuito ed equilibrato al giorno (in linea con gli obiettivi della Garanzia Europea per l’Infanzia). Comunque in nessun caso i Comuni possano escludere i figli di genitori morosi dal servizio mensa e che nemmeno i bambini debbano essere colpiti dalla rivalsa nei confronti dei genitori.
Estendere il tempo pieno in tutte le classi.
Adottare una legge sulla sicurezza scolastica, intesa come la combinazione degli elementi di sicurezza strutturale e antisismica, urbanistici, architettonici, ma anche di abitabilità, salubrità, comfort, assenza di barriere architettoniche e delle misure di prevenzione, protezione e soccorso in caso di emergenze naturali per assicurare protezione a tutti i bambini e le bambine.
Un patto tra Scuola e Comunità educante per contrastare la povertà educativa. I Patti Educativi di Comunità favoriscono la partecipazione e la collaborazione degli attori educativi, culturali e sociali del territorio, istituzioni, terzo settore, settore privato, nella vita della scuola, in particolare nell’organizzazione di attività extra-curricolari durante il tempo prolungato. Per questo vanno supportati inserendoli come requisiti per accedere ai finanziamenti. Ne consegue il sostegno alla costituzione di reti di scuole soprattutto nelle aree ad alta densità educativa, la cooperazione ed il potenziamento delle offerte educative (scolastiche ed extra scolastiche).